Piano Transizione 5.0, CNA Veneto Ovest: “Per le imprese di Vicenza e Verona possibilità di muovere investimenti per un miliardo di euro”

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transizione 5.0 Imprese Vicenza e Verona
Cinzia Fabris e Alessandro Leone. presidente e direttore generale CNA Veneto Ovest

Il Piano Transizione 5.0 varato dal governo costituisce una opportunità da 1 miliardo di euro per le imprese delle province di Verona e Vicenza. Lo sostiene CNA Veneto Ovest grazie al suo centro studi in merito al decreto attuativo della misura varata dal Governo Meloni.

Il decreto prevede un credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti nel 2024 e 2025 che consentano l’evoluzione tecnologica e soprattutto un taglio consistente ai costi energetici, ancora oggi il fardello più pesante per le piccole e medie imprese.

Per la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa (CNA), tra le associazioni che hanno spinto per il piano, si tratta di “un efficace strumento di politica industriale” prevedendo, tra l’altro, l’immediatezza dell’erogazione del credito d’imposta, non più vincolato al triennio. Analogamente, è positivo che alle piccole imprese sia riconosciuto un aumento del credito d’imposta fino al massimo di 10mila euro per le spese legate all’obbligo di certificazione degli investimenti realizzati.

Tanto buona, la misura, da far dire alla presidente CNA Veneto Ovest, Cinzia Fabris, che il Piano Transizione 5.0 “ci permette di accelerare decisamente sull’accompagnamento dell’imprenditoria diffusa veneta verso l’autonomia energetica dei propri processi, che è fondamentale per abbattere il divario di costi con i competitor degli altri distretti europei. Oggi le nostre piccole aziende si trovano nettamente svantaggiate sia rispetto allo scenario medio europeo, sia rispetto alle imprese energivore del nostro Paese, che pagano esattamente la metà il costo del Megawattora. Grazie al nostro intervento si può finalmente invertire la rotta, utilizzando i fondi del Pnrr in modo inclusivo sul tessuto produttivo locale e nazionale”.

Nel dettaglio, secondo i dati del Centro Studi CNA, le imprese vicentine e veronesi nella fascia di consumo fino a 20 MW l’anno hanno pagato l’energia elettrica il 14% in più della media europea (407 euro a MW contro 356 euro nell’UE) con punte del 40% rispetto alla Francia e di quasi il 50% in confronto allo stesso livello di consumi di un’azienda spagnola. Nella classe di consumi tra 20 e 500 MW l’anno il differenziale scende al 13,5% fino ad azzerarsi per le imprese energivore (oltre 150mila MW).

Secondo i dati, resta comunque rilevante la sperequazione tra piccole imprese e quelle con consumi elevati. “Una micro impresa infatti ha pagato l’energia elettrica il doppio di una energivora (407 euro rispetto a 198) e con l’azzeramento dei sostegni nel 2024 il differenziale è destinato a tornare a livelli insostenibili. La notevole differenza riflette la struttura della bolletta che penalizza le piccole realtà. Il costo dell’energia utilizzata da un’impresa con consumi fino a 2mila MW è inferiore al 60% del costo complessivo finale mentre per una energivora l’energia consumata rappresenta l’82,5% della bolletta. Una situazione in miglioramento rispetto al periodo pre-covid, quando l’incidenza della componente energia non arrivava al 30% della bolletta delle piccole imprese.
Gli oneri generali di sistema pesano per 12 miliardi di euro l’anno e circa la metà gravano sulle PMI che finanziano in larga parte anche le agevolazioni a favore delle energivore per altri 1,2 miliardi”.

“Oltre all’impatto sui consumi – aggiunge il direttore generale CNA Veneto Ovest, Alessandro Leone – il piano rappresenta poi un volano per le ricadute degli investimenti nel territorio. Le aziende potranno decisamente accelerare i loro progetti di innovazione green, e questo porterà benefici enormi a tutte le filiere dei potenziali fornitori, con la possibilità di muovere investimenti fino a 20 miliardi di euro, di cui almeno uno verosimilmente espresso da Vicenza e Verona, dato il peso del proprio tessuto produttivo.

Certo, bisogna correre – ha aggiunto Leone -: la pubblicazione tardiva ha congelato gli investimenti per tutta la prima metà del 2024, e mancano ancora linee guida e piattaforma. Questo riduce i tempi e mette le imprese nelle condizioni di fare le cose in fretta, e in questi casi il rischio di scelte sbagliate è dietro l’angolo. Per questo invitiamo le aziende a rivolgersi ai nostri consulenti, che hanno tutte le competenze per orientarli tra le maglie della normativa”.

Al centro dell’impianto del Piano – che può contare su un tesoretto di risorse di oltre 6 miliardi dal Pnrr, più possibili altre risorse impegnate direttamente dallo Stato – l’incentivo all’autoproduzione energetica, che anche per le piccole imprese può diventare realtà.

“Ed è un’iniziativa che porta proprio la firma di CNA – sostengono i rappresentanti veneti dell’associazione di imprenditori -: già due anni fa l’associazione ha presentato un articolato progetto per favorire l’installazione di piccoli impianti diffusi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. La proposta, recepita a tutti gli effetti nel decreto Pnrr, mette in risalto un’altra indicazione che la Confederazione sollecita da tempo: coinvolgere pienamente il sistema delle imprese per utilizzare le ingenti risorse del Pnrr e centrare così l’ambizioso obiettivo di investire oltre 220 miliardi di euro entro la scadenza del 2026”.