Piccole imprese venete: servono fisco leggero e aiuti per energia. Confartigianato Imprese Veneto cita un sondaggi0

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Quali sono per le Piccole imprese venete gli interventi maggiormente richiesti, ma anche il sentiment degli imprenditori rispetto a quanto successo di recente? A una settimana dalle elezioni politiche del 25 settembre (qui articoli sull’argomento) se lo è chiesto Confartigianato Imprese Veneto, trovando alcune risposte in un sondaggio, realizzato dal 6 al 9 settembre con il sistema Cati.

Due terzi dei 403 intervistati ritiene un errore la fine anticipata della legislatura, valutazione che viene confermata dal fatto che, 6 su 10, ritengono assolutamente necessario, nell’interesse del Paese, nessun passo indietro su PNRR e riforme (fisco, giustizia e appalti).

Anche l’adesione alla NATO e la vocazione europeista viene indicata come priorità da oltre 2 imprenditori su 10. In riferimento alla legge elettorale, promossa la riduzione dei parlamentari. Bocciata invece la scelta dei candidati ritenuti dal 63% poco rappresentativi e sconosciuti. Difficile anche capire chi verrà veramente eletto.

Una buona notizia arriva dalle intenzioni di partecipazione. 8 su 10 dichiarano che andranno certamente a votare anche se 2 su 10 non hanno ancora deciso per chi. E sempre 8 su dieci si dicono informati sui programmi di partiti e coalizioni.

5 anni trascorsi inutilmente dal referendum, hanno minato la fiducia sull’ottenimento dell’autonomia differenziata. Solo il 5% ritiene che verrà sicuramente realizzata.

Nella classifica dei primi tre provvedimenti da prendere nei primi 100 giorni di Governo ci sono: la riduzione del costo dell’energia, della pressione fiscale e delle materie prime. Ed in tema di caro energia le soluzioni più richieste sono: l’imposizione di un price cap a livello UE e il sostegno agli investimenti in energie rinnovabili come pannelli e comunità energetiche. Solo al terzo posto l’azzeramento degli oneri di sistema.

Sempre in tema di risparmio energetico 1 intervistato su 2 ha messo in preventivo di utilizzare meno illuminazione, aria condizionata e riscaldamento e 2 su 10 un indebitamento con le banche. Ma 1 su 4 ritiene che non ci saranno conseguenze. Sulla situazione economica dei prossimi mesi per la regione veneto i piccoli imprenditori sono pessimisti ma, quando si parla della loro azienda, 3 su 10 ritengono che non cambierà nulla e altrettanti che peggiorerà ma poco.

Sono oltre 388mila, rappresentano il 99,2% del tessuto produttivo regionale e danno lavoro a oltre 1 milione di persone, il 63,5% degli occupati. Sono le piccole e medie imprese sotto i 50 addetti che oggi hanno necessità di tornare al centro degli interventi per rilanciare la competitività.

“La nostra richiesta è semplice – afferma Roberto Boschetto, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto -. La politica deve riportare l’attenzione su coloro che hanno dimostrato di saper creare occupazione, benessere economico, coesione sociale.

Come? Innanzi tutto con un Governo che riparta dal disegno di legge sull’autonomia elaborato dal ministro Gelmini. Da troppo tempo manca un vero confronto sui contenuti dell’articolo 116 della costituzione, terzo comma. Le ulteriori forme di autonomia, trasferimenti da Stato a Regioni di competenze elencate nell’articolo 117 della Costituzione, sono previste senza alterare i costi per lo Stato ma introducendo forme di ulteriore efficienza che hanno lo scopo, in tutto il Paese, di responsabilizzare la gestione della spesa pubblica e di rendere più probabili i risultati della mutualità attualmente in essere.

L’autonomia territoriale va vista come metodo di responsabilizzazione della governance sociale nell’uso delle risorse umane, ambientali ed economiche. Il Paese lo deve a tutti coloro che hanno perso ormai ogni speranza dopo 5 anni dal referendum”.

Seconda priorità la conferma di tutti gli obiettivi del PNRR e quindi delle riforme ad esso collegate: giustizia, appalti e fisco. Quest’ultima in particolare deve portare ad un fisco semplice e leggero, visto che oggi cittadini e imprenditori pagano 32,8 miliardi di maggiori tasse rispetto alla media dell’Eurozona, inscindibile dall’efficientamento della macchina burocratica, poiché oggi l’Italia è al 24° posto nell’Ue per la qualità dei servizi pubblici e soltanto il 28% delle amministrazioni locali gestisce completamente pratiche on line.

“Nel nostro Paese – sottolinea il Presidente – persiste un’elevata pressione fiscale. Il confronto internazionale evidenzia che per quest’anno il carico fiscale previsto è pari al 43,3% del PIL, superiore di 1,8 punti al 41,5% della media dell’Eurozona.

Chiediamo inoltre di ridurre il peso delle imposte percepito da imprese e professionisti, a causa dell’attuale sistema di pagamento dei saldi e degli acconti. Si prevedano, ad esempio, dei sistemi di salvaguardia che, nei casi di consistente surplus di profitto rispetto all’anno precedente, smorzino il carico fiscale finanziariamente percepito, prevedendone almeno una diluizione nel tempo o una diversa cadenza nei versamenti.

Evitare inoltre che l’esclusione dall’IRAP per imprese individuali e professionisti si tramuti in una sovraimposta IRPEF. Vanno poi eliminate o semplificate le comunicazioni che le imprese devono porre in essere riguardo alle sovvenzioni e contributi pubblici ricevuti. Ciò, in base al principio secondo cui un ente pubblico dovrebbe evitare di richiedere al cittadino informazioni già possedute dalla pubblica amministrazione”.

Terza priorità, il caro-energia. Emergenza che dovrà essere affrontata per prima dal nuovo Governo in continuità con le azioni calmieratrici già messe in campo dal Governo Draghi.

“Abbiamo apprezzato lo sforzo messo in campo in questo periodo – sottolinea -, ma ne dobbiamo lamentare l’assoluta insufficienza. L’azzeramento degli oneri generali di sistema ai valori odierni della bolletta dell’energia elettrica, praticamente incide per meno del 10% del totale dei costi. É veramente poca cosa. Certo abbiamo un ulteriore aiuto con contributo straordinario sotto forma di credito d’imposta per i maggiori costi del gas e dell’elettricità sostenuti nel 2022 rispetto a quelli del 2019, ma siamo veramente lontani dal considerarlo un aiuto importante. Serve prevedere un credito d’imposta reale del 50%, ma calcolato su tutto il 2022, e non da applicare per i conteggi al solo periodo primaverile dove i consumi del gas sono in buona parte delle imprese molto bassi ed intervenire sulla composizione tariffaria con una misura strutturale di riduzione degli oneri generali in bolletta e il loro finanziamento mediante altre forme di gettito.

È poi fondamentale, oltre a proseguire nella pressione verso la UE affinché si trovi una intesa su un price cap che solo a nominarlo ha fatto scendere il prezzo del gas, puntare all’autoproduzione energetica per mettere al riparo il sistema produttivo dalle oscillazioni del mercato e dalle speculazioni sul costo dell’energia. Per questo, servono incentivi per le imprese che vogliono installare pannelli fotovoltaici sui tetti dei loro capannoni. In tema di comunità energetiche occorre accelerare e completare la normativa che le riguarda. Questo rafforzamento degli incentivi green potenzierebbe anche la politica ecologica intrapresa in questi anni dal nostro Paese, attraverso i bonus edilizi per la riqualificazione energetica degli edifici.

Nella programmazione dell’economia, la politica non può essere autoreferenziale – conclude Boschetto –. Occorre recuperare capacità di ascolto. Altrimenti si rischiano leggi inapplicabili, norme che non servono a nulla, declamate come se fossero soluzioni”.