Il leader di estrema destra, a un passo al diventare ufficialmente presidente del Consiglio, ha le idee chiare. «Chiediamo i pieni poteri perché vogliamo assumere le piene responsabilità. Senza i pieni poteri voi sapete bene che non si farebbe una lira – dico una lira – di economia» chiosa davanti ai fan che applaudono in delirio. «Con ciò non intendiamo escludere la possibilità di valorose collaborazioni, partano esse da deputati, da senatori o da singoli cittadini competenti. Abbiamo ognuno di noi il senso religioso del nostro difficile compito, il Paese ci conforta e attende, e non gli daremo ulteriori parole, ma fatti».
Chi parla non è Matteo Salvini, che a Pescara ha fatto un comizio durissimo che ha sancito la fine del governo gialloverde e l’inizio della sua campagna elettorale. Ma Benito Mussolini, che il 16 novembre 1922 tenne il celebre “discorso del bivacco”, il primo tenuto dal Duce da presidente del Consiglio incaricato.
Sarà solo un caso fortuito, senza dubbio. È curioso, però, come le parole pronunciate l’8 agosto a Pescara dal leghista sembrino, in molti passaggi, sovrapponibili quelle del fascista. «Chiedo agli italiani se vogliono darmi pieni poteri per fare le cose come vanno fatte» ha detto Salvini «Dobbiamo fare in maniera veloce, compatta, energica, coraggiosa quel che vogliamo fare. Non è più il momento dei no, dei forse, dei dubbi…E, beninteso, non mi interessa tornare al vecchio: se devo mettermi in gioco lo faccio da solo, e a testa alta. Poi potremo scegliere dei compagni di viaggio, certo…Gli italiani hanno bisogno di un governo che faccia».
Sulle alleanze, sui fatti al posto delle parole, sui “pieni poteri” necessari al rilancio del Paese i due leader hanno utilizzato le stesse identiche frasi.
Mussolini, concludendo il monologo con cui ottenne la fiducia dell’Aula, chiese l’intervento di «Iddio», che «mi assista nel condurre a termine vittorioso la mia ardua fatica». Salvini giovedì 8 agosto non l’ha fatto. Come è noto, lui preferisce appellarsi alla «Madonna» o «alla Beata Vergine Maria».
da l’Espresso