Tra i nomi del totoministri con cui è alle prese Giorgia Meloni (leader di FdI) c’è una possibile novità vicentina, il neo (ri)eletto senatore Pierantonio Zanettin, nato a Vicenza, da aggiungere alle possibilità di permanenza in Cdm della valdagnese Erika Stefani (Lega), ministro uscente senza portafoglio per le disabilità.
La premier in pectore è decisa a formare un governo di qualità con molti tecnici per affrontare uno dei peggiori momenti affrontati dall’Italia nel post guerra per la crisi economica scatenata dalla non ancora debellata epidemia Covid e ora anche dal crescente conflitto che ha innescato la Russia invadendo l’Ucraina.
La forzitalianista Meloni trova, però, forti opposizioni alla sua lista di tecnici da mettere a capo dei ministeri chiave soprattutto tra i suoi alleati, ispirati, dicono loro, dalla volontà di connotare fortemente in senso politico il prossimo governo, dopo le ere Monti e Draghi, oppure, ci fischiano le orecchie, per accaparrarsi direttamente poltrone ministeriali per la propria ambizione e/o per seminare (e recuperare) da lì consensi
L’ipotesi che circola nei palazzi e riportata da Il Dubbio di oggi e che dà per papabile ministro della Giustizia l’avvocato vicentino Pierantonio Zanettin (Forza Italia) sembrerebbe poter mettere insieme il desiderio di apporre l’etichetta politica su gran parte del governo con l’esigenza di competenza a cui si appella la prima donna primo ministro dell’Italia, , che ci piaccia o no la sua matrice, salvo impensabili tsunami del Colle nella designazione di sua competenza.
Pierantonio Zanettin, infatti, è al suo quinto mandato parlamentare (tre da deputato, due da senatore, un vero e proprio record, se non erriamo, per i parlamentari vicentini), è “liberale”, moderato e garantista da sempre, è stato membro laico del Csm, esercita la professione di avvocato a Vicenza e Roma, presso due prestigiosi studi, si è da sempre occupato di giustizia, professionalmente e nelle commissioni di partito o istituzionali, è stato anche presidente della Commissione (molto tecnica) di indagine sulla morte di David Rossi oltre che Componente attivo di quella sul sistema bancario e finanziario, in cui le tecnicalità erano fondamentali per la bontà del lavoro da fare…
Vero è che tra i suoi possibili competitor per i piani alti di via Arenula, sempre nel totoministri, appaiono nomi blasonati comq uello dell’ex procuratore Carlo Nordio (appena entrato in FdI ed eletto in un collegio sicuro) e Giulia Bongiorno (Lega, stesso percorso di Nordio).
Ma, dopo le sue ripetute dichiarazioni, quando era in magistratura, contro la commistione tra ruoli politici e quelli giudiziari (vero è che l’ex magistrato è in pensione, ma la coerenza dovrebbe essere una delle qualità di chi deve governarci), Nordio già ha scatenato qualche perplessità dichiarandosi a favore del ripristino dell’immunità parlamentare, un passo indietro rispetto al sentimento popolare e, fors’anche, a quello di FdI (l‘ex presidente del tribunale di Treviso Giovanni Schiavon proprio su ViPiù ha evidenziato la coerenza assente e idee di ritorno al passato di Nordio).
Per quanto riguarda l’avv. Giulia Bongiorno a suo sfavore potrebbero giocare l’essere il legale di Matteo Salvini per i fatti, sequestro di persona, imputatigli da ex ministro degli interni e, soprattutto, la mancanza di quel ministero tra i desiderata, per lo meno ad oggi manifestati, dalla Lega.
Anche l’ex presidente del senato, sempre in quota Forza Italia, Elisabetta Alberti Casellati, potrebbe ambire al vertice della Giustizia, sia per la sua esperienza da avvocato che per la carica ricoperta di presidente del Senato.
Ma, ecco gli altri rumors, se, in un sistema elettorale dominato dai listini bloccati e dai collegi blindati, si volesse dare un po’ più di peso alla volontà degli elettori vero è che la padovana Alberti Casellati è espressione piena di quel sistema, paracadutata come è stata in Basilicata, mentre Zanettin i suoi voti se li è dovuti andare a cercare uno per uno, e non pochi tra i risparmiatori azzerati dalla Banca Popolare di Vicenza e da Veneto Banca, in un collegio plurinominale, quello di Vicenza, Padova e Verona, tutt’altro che blindato.
Questo ulteriore punto di forza, oltre ai suoi “gradi” conquistati in politica e da tecnico della giustizia (non siamo della sua area politica, lo sa chi ci legge, ma lo apprezziamo come liberale, nostra comune appartenenza in gioventù, pronto al confronto), potrebbe essere, paradossalmente, un freno per il parlamentare che da più tempo cura il territorio veneto e, segnatamente, quello vicentino, e che ha, anche recentemente, ribadito la volontà espressa in campagna elettorale, di “non voler tradire il legame col territorio” del suo collegio.
Ma a questa sua coerenza potrebbero giovare un incarico peso, massimo o vicino al massimo, in un settore, quello della giustizia, sul cui miglioramento puntano tutte le realtà (economiche e sociali) del territorio vicentino e veneto, e, quindi, la sua presenza in Cdm anche per tutte le altre questioni che riguardano Veneto e Italia?
La risposta, almeno da queste parti e a prescindere dal colore politico di virtuali “sondati”, parrebbe scontata.
Dulcis, in fundo, Pierantonio Zanettin, anche in nostre interviste, si è spesso speso in consensi e dissensi, entrambi costruttivi, verso l’incompleta riforma Cartabia, non particolarmente abbracciata da FdI.
E allora… palla a Meloni e a Forza Italia nella sue designazioni, sperando, che Vicenza, dopo il sottosegretario agli interni Achille Variati e il ministro Stefani, possa continuare ad avere suoi esponenti nel Cdm, che da troppo tempo aveva perso, e che il Veneto possa avere una pattuglia, di livello politico e tecnico, adeguata ai progetti della primo ministro in pectore e del peso della regione nel Paese.