Pierpaolo Capovilla e Coviello, il “parresiastes” continuamente a processo: l’artista invita tutti a stringersi intorno a lui che “dice il vero di fronte al potere”

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Pierpaolo Capovilla
Pierpaolo Capovilla

Vorrei spendere due parole per l’amico stimato Ing. Giovanni Coviello, direttore responsabile di VicenzaPiù Magazine in riferimento alla sua memoria depositata in tribunale di cui all’articolo “Coviello rifiuta la difesa all’ennesimo processo intentato contro VicenzaPiù: “urge la legge contro le liti temerarie” e che ho pubblicato nelle mie pagine (chi scrive è Pierpaolo Capovillaun cantautore, bassista e attore italiano particolarmente impegnato nell’attività politica, ndr).

Il bavaglio per Giovanni Coviello al tribunale di Vicenza
Il bavaglio per Giovanni Coviello al tribunale di Vicenza

Giovanni è un uomo tutto d’un pezzo. Schiena dritta, sguardo in avanti, onestà intellettuale e vocazione per il giornalismo più autentico, quello fatto di coraggiose inchieste, costi quel che costi.
In questo senso, e nelle circostanze storiche che stiamo vivendo, Giovanni lo potremmo definire un “parresiastes”. Il parresiastes è colui che esercita l’arte socratica della “parresia”: dire il vero di fronte al potere.

Michel Foucault, prima di morire, in una serie di conferenze memorabili tenutesi a Berkley nel 1983, definiva la parresia come sostanzialmente scomparsa dall’ordine gnoseologico della modernità. Pochi infatti, pochissimi oggigiorno, non tremano di fronte al tiranno di turno, e lo sfidano pubblicamente, nel segno della verità e in quello altrettanto importante dei valori democratici e del diritto-dovere dell’informazione.

Ecco perché voglio dirti con chiarezza, caro Giovanni, che non solo ti sono solidale, in questo momento così difficile per la tua esperienza professionale, ma ti ammiro e ti stringo a me. Perché sei raro e per questo sei prezioso. Uomini come te, caro amico, mi fanno sperare che non tutto sia perduto, in un paese sempre più preda della menzogna e della mistificazione.
Vorrei anche invitare gli amici intellettuali e giornalisti, scrittori e artisti, uomini e donne di buona volontà, ad interessarsi alla vicenda che riporto qui sotto. Scoprirla, innanzitutto. E poi approfondirla. Perché uomini come Giovanni Coviello non siano lasciati soli nella loro lotta, bella e giusta, per un Italia democratica, nella quale i potentati politici che ogni giorno la prevaricano debbano finalmente render conto alla comunità dei loro atti e delle loro azioni.
Grazie Giovanni.
Pierpaolo Capovilla

 

Coviello rifiuta la difesa all’ennesimo processo intentato contro VicenzaPiù: “urge la legge contro le liti temerarie”

Buonasera ai destinatari politici, giornalisti, associazioni…
Egregi destinatari, questa è la memoria che ho prodotto oggi in un ennesimo processo subito da me e dalla testata che dirigo, VicenzaPiù. Fate quello che potete ma soprattutto quello che ritenete giusto.

10 settembre 2019

Si è svolta stamani, avanti al Giudice monocratico del Tribunale di Vicenza, dott. Veronica Salvadori, la seconda udienza del processo penale che vede come imputato il direttore Giovanni Coviello e come querelanti l’assessore regionale alla formazione Donazza, il dirigente Santo Romano e diversi altri dirigenti e collaboratori esterni della Regione Veneto. L’accusa è quella di avere diffamato i querelanti nell’ambito di una serie di articoli su VicenzaPiu.com che riferivano di un’inchiesta svolta e ancora non finalizzata dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Venezia sui fondi regionali stanziati per la formazione professionale ed il relativo sistema di assegnazione e controllo.

Ad udienza appena iniziata, il colpo di scena: Coviello, fino ad allora difeso dall’avvocato Marco Ellero del Foro di Vicenza, si alza in piedi e chiede la parola per delle dichiarazioni spontanee, la cui forza e dignità vi lasciamo giudicare senza altri commenti:

Egregio giudice,
in questa udienza di un ennesimo processo intentatomi perché esercito con onestà intellettuale e libertà da ogni condizionamento esterno il mio dovere, prima ancora che diritto, di informare i cittadini lettori che, loro sì, hanno il diritto sacrosanto di essere informati senza i veli di comodo imposti da interessi privati, rilascio questa dichiarazione spontanea leggendola per non farmi trascinare troppo dagli impeti e dalle emozioni che mi caratterizzano personalmente e professionalmente.

I processi e gli attacchi nei confronti miei e dei mezzi VicenzaPiù che ho fondato nel 2006, senza padrini né padroni, e che, dopo esserne stato fin dal primo numero il direttore editoriale, dirigo personalmente e con responsabilità, non solo legale, dal 2009 si sono accentuati negli ultimi anni tanto più quanto più toccavamo nervi scoperti dei poteri economici e delle loro connessioni con quelli politici.

Fin dal 2006 VicenzaPiù ha documentato e, quindi, denunciato, spesso per primo e frequentemente e per lo meno inizialmente da solo, fatti e misfatti come la cementificazione del Vicentino, lo scandalo del project financing dell’Ospedale di Santorso, i rifiuti ferrosi sotto la Valdastico, i conflitti di interesse tra l’amministrazione comunale e poteri giudiziari, il sistema Galan, gli intrecci proprietari che condizionano la residua stampa locale e mi fermo qui per non eccedere in citazioni così numerose che richiederebbero anche che sfogliassi tutti i numeri di VicenzaPiù cartaceo, pubblicato fino al 2015, e le centinaia di migliaia di articoli pubblicati sul nostro mezzo web che dal 2008 è sempre di più diventato una fonte di informazione primaria, non solo locale e soprattutto indipendente.

Già nei primi anni di vita VicenzaPiù ha subito attacchi crescenti concretizzatisi nei primi procedimenti o minacce di procedimenti legali e nelle immediate interdizioni all’accesso al mercato pubblicitario, il cui primo esempio eclatante è la cessazione repentina di un contratto con la Banca Popolare di Vicenza rei come eravamo di aver reso noti ai cittadini lettori gli incroci societari di imprenditori ed aziende locali, la cui Associazione ci cancellò fin da allora addirittura dall’accesso ai suoi comunicati stampa.

Ma, egregio giudice, gli attacchi di ogni tipo contro la mia persona e il network mediatico che dirigo sono cresciuti via via in maniera esponenziale è dal 2010, da quando, cioè, per primi e localmente da soli abbiamo iniziato a scavare in quello che poi sarebbe diventato il crac delle banche venete e in primis della BPVi, oggi sotto processo presso questo tribunale dopo aver azzerato oltre centomila soci risparmiatori con la connivenza, se non altro politica, di una buona parte dei rappresentanti del sistema che nel caso migliore si giravano dall’altra parte impegnati come erano a godere dei vantaggi delle loro relazioni o dei loro interessi spesso non solo pubblici.

Gli attacchi, egregio giudice, e mi avvicino al dunque della mia dichiarazione spontanea, sono aumentati di numero e di intensità secondo la logica e la strategia ben espressa da Lia sartori che, come riporta un noto libro di Renzo Mazzaro, I padroni del Veneto, ebbe a dire sostanzialmente, cito a memoria, questo: “zittire i giornalisti è facile, basta attaccarli legalmente finché non avranno soldi per difendersi”.

Ebbene io oggi supero quel comprensibile ma inutile pudore che mi frenava nel rivelare la mia povertà, economica e non certo morale, e la conseguente mia incapacità di sostenere le spese delle ora troppe difese dagli innumerevoli ed economicamente insostenibili attacchi che subisco, a mio parere, in totale assenza di motivazioni che non siano, a parte qualche mio passato eccesso verbale, ben poca cosa rispetto agli eccessi fattuali da me e dal mio giornale denunciati, l’aggressione al diritto dovere di informare che caratterizzerebbe uno stato civile, anche se tutti sappiamo che l’Italia si colloca agli ultimi posti nelle classifiche sulla a libertà di stampa.

Supero oggi, dicevo, egregio giudice, il mio pudore nel confermare la mia povertà economica visto che pubblicamente nell’udienza precedente di questo processo e, poi, in una chat indirizzata a decine di suoi colleghi politici, la signorina assessore Elena Donazzan ha rivelato, come se fosse un mio reato, che non è andato a buon fine un suo pignoramento, ottenuto grazie a una sentenza onerosissima, oltre che a mio parere con notevoli profili critici in vari passaggi, che ha imposto una pena pecuniaria complessiva inaffrontabile nei confronti miei (la cifra solo della pena pecuniaria è l’ammontare del mio reddito di due anni) e della società prima editrice di VicenzaPiù, posta in liquidazione, essenzialmente e proprio per la marea di assalti, legali ed economici, fin dal 29 gennaio 2018.

In quella dichiarazione la signorina assessore Donazzan mi definiva “nullatenente” oltre a citare ed esibire a lei, giudice, altre condanne, tre penali e una civile per la verità e tutte non opposte non perché mancassero al mio legale le motivazioni per farlo ma perché mancavano a me anche i soldi per pagare i semplici diritti di opposizione.

Tutto ciò detto e premesso, metto da parte il mio pudore e confermo la mia mancanza di risorse per farmi difendere, documentata dai miei conti a zero e, comunque, pignorati, dalla messa in liquidazione del precedente editore e resa nota dalla signorina assessore Elena Donazzan.

Ogni risorsa che dovessi, non so bene come, reperire la dedicherò da oggi in poi alla mia salute in via di peggioramento in quanto non curata e alla resilienza, anzi resistenza (anche se è un termine non gradito dalla signorina assessore Donazzan), di VicenzaPiù per cui rimetto con effetto il mandato al mio difensore per totale impossibilità di pagare lui e pur anche eventuali difensori d’ufficio a cui, comunque, non avrei diritto gratuitamente perché il mio reddito ufficiale supera le soglie.

In questo caso peraltro io e altri autori degli articoli su VicenzaPiù non abbiamo espresso valutazioni né emesso giudizi personali ma abbiamo solo riportato doverosamente e in via dubitativa valutazioni e giudizi riportati nel dossier in possesso della Guardia di Finanza e della Procura di Venezia con gli interessati interpellati anche pubblicamente ma sempre negatisi a risposte.
Entrare nel merito del dossier, quindi, per me, egregio giudice, è fuorviante dovendosi in questo caso verificare se io da giornalista l’ho riportato correttamente avendone verificata anche la sola verità putativa come da ben noto decalogo della Cassazione del 1984. Valutare ed, eventualmente, giudicare i contenuti del dossier è, infatti, compito esclusivo dell’autorità giudiziaria di Venezia che ad oggi ancora non ha chiuso la vicenda da quanto ancora mi risulta documentalmente.
Non poter riferire del dossier, cosa che di fatto avrebbero voluto i querelanti come anche da loro mail intimidatorie tutte uguali, nonostante le figure e le dipendenze diverse dei mittenti, a me inviate al riguardo e da me prodotte all’epoca all’autorità giudiziaria, sarebbe stato, invece, come se chi ha scritto e indagato sullo scandalo del Mosè non avesse potuto farlo se non a dibattito giudiziario in corso.

Questa mia dichiarazione, che per la parte relativa al difensore, ripeterò negli altri procedimenti in corso ma rispettosa del tribunale, affida a lei, giudice, ogni passo conseguente e ai querelanti la valutazione se continuare ad adeguarsi ai suggerimenti di Lia Sartori o superarli nel nome della libertà di informare correttamente, l’unico dovere a cui sempre ci siamo uniformati.

Grazie

Giovanni Coviello
Direttore responsabile network VicenzaPiù

Alla fine della lettura della memoria il giudice come da procedura ha informato che verrà nominato un difensore d’ufficio per il quale ripeterò le mie considerazioni “economiche” e ha proseguito l’udienza odierna in quanto la remissione del mandato sarà efficace a fine di questa udienza stessa.
“Il passo da me compiuto – ha commentato il direttore Giovanni Coviello – è motivato oltre che dalle oggettive difficoltà economiche dalla speranza, temo vana, che dal mio caso nasca un’attenzione mediatica e politica su altri, non pochi, casi analoghi che ad oggi sono resi possibili se non facilitati dalla mancata approvazione delle legge ferma in Parlamento contro le liti temerarie”

“La questione – ha concluso Coviello – non terminerà con l’assegnazione di un difensore d’ufficio che ugualmente non sarò in condizione di pagare per cui riproporrò in questo e altri procedimenti la mia impossibilità a farmi difendere se non da me stesso. Io non contesto il sistema giudiziario, come in passato hanno fatto altri che chiedevano di auto difendersi, ma intendo farlo senza alcun intermediario finché i colleghi giornalisti nelle stesse o in simili condizioni non verranno tutelati con leggi adeguate dall’arbitrio dei potenti”.