Proseguiamo la nostra “riesumazione” critica delle “Linee programmatiche di mandato 2013 – 2018- Versione definitiva del 24.07.2013 – Presentate in Consiglio Comunale il 25 luglio 2013 e votate il 26.7.2013 (ore 0,16)” per fare altre riflessioni sull’operato della seconda giunta a guida di Achille Variati nel terzo millennio. “La Fiera, che vede una forte partecipazione del Comune e la compresenza paritetica della Camera di Commercio – leggiamo in quelle linee- , offre un ottimo esempio delle nuove relazioni da instaurare“.
E poi ancora: “Fiera di Vicenza, infatti, proprio all’interno delle proprie strategie di internazionalizzazione si sta ripensando lavorando sudue termini: cultura e saper fare. Questi due termini, per la stessa vocazione che ha Vicenza, dovrebbero definire una condizione diffusa: con laboratori, workshop, residenze creativecontinuative, ecc. che creino un mood in cui la bellezza “diacronica” dell’eredità storico-naturale si sposi con la dinamicità “sincronica” della produzione culturale. Esemplificativo di questo connubio vicendevolmente positivo è il progetto del Museo del Gioiello che la Fiera realizzerà in Basilica, suggellando la prima tappa di un percorso di riavvicinamento della Fiera alla città storica e della città storica alla Fiera: riavvicinamento reciprocamente vantaggioso, perché capace di arricchire per contaminazione da un lato l’identità commerciale di prodotto, elemento essenziale delle moderne strategie di marketing competitivo, dall’altro l’identità urbana, portata a introiettare con maggiore consapevolezza gli elementi della riflessione contemporanea nel tessuto della propriacaratterizzazione storica“.
Lo scorso anno mi è venuta la curiosità, dopo una visita alle stanze della Basilica dedicate appunto il “Museo del Gioiello“, di informarmi di come era organizzato. Progetto evidentemente messo in opera, come promesso nelle linee programmatiche di governo relative al mandato amministrativo 2013-18 (sopra riportate). Promessa fatta, promessa, questa volta, mantenuta. Forse perché a realizzarlo non è stato il Comune ma l’ex Ente Fiera di Vicenza. Comunque il Comune non è un estraneo, è una componente importante del progetto, tanto che, nel suo sito appare questa dicitura “… Il Museo del Gioiello, spazio museale permanente di 410 metri quadrati collocato all’interno della Basilica Palladiana, è un progetto di Italian Exhibition Group Spa realizzato in partnership con il Comune di Vicenza…“.
In questa breve frase è contenuta una serie di notizie, che sollecitano la mia attenzione. Intanto non si parla più, come ben si sa, dopo la cessione alla Fiera di Rimini, di Fiera di Vicenza ma di Italian Exhibition Group Spa, che anche da recentissime notizie pare che non sia un sodalizio di tutto riposo. Almeno per i rappresentanti vicentini. Per quanto modesta sia ora la quota del Comune di Vicenza (6,50%) sempre proprietà pubblica rimane (una quota analoga è della provincia e un’altra ancora della camera di Commercio, ndr).
Poi si sottolinea il fatto che si tratta di “spazio museale permanente di 410 metri quadrati” non in un edificio qualsiasi ma bensì in Basilica Palladiana, tutta di proprietà del Comune di Vicenza, quindi proprietà pubblica. Infine si parla di “partnership” quindi di partecipazione, di società, di alleanza, addirittura di rapporto commerciale tra aziende, interpretazione questa che mi pare non molto pertinente anche se vi è il vizio di definire il comune quale azienda e una azienda lo è pure la IEG Spa. Tutto questo per sottolineare il fatto che vista da qualsiasi angolazione comunque in tutto o in parte, quella comunale, è una vicenda pubblica. Come tale ritengo, errando (?), che vi sia una qualche documentazione che ne regoli l’esistenza e cerco di prenderne visione rivolgendomi alla fonte diretta, cioè al Museo del Gioiello per “per ottenere copia dello statuto e del regolamento del Museo del Gioiello avente sede in Vicenza… e come è strutturato il Museo stesso dal punto di vista operativo, oltretutto dato che vi è la presenza del Comune di Vicenza, ente pubblico“.
Dopo circa un mese, fine luglio/fine agosto 2017, e dopo uno scambio di messaggi, ottengo questa risposta, molto cortese ma, rispetto alle mie aspettative, esprimente un nulla di fatto: “Il Museo del Gioiello è uno spazio museale permanente di 410 metri quadrati collocato all’interno della Basilica Palladiana; trattasi di un progetto realizzato in partnership con il Comune di Vicenza da Italian Exhibition Group SpA, la quale è una società per azioni di diritto privato che opera su libero mercato a livello internazionale, la quale non presenta le caratteristiche giuridiche proprie degli Enti Pubblici o delle Società a controllo pubblico, ancorché partecipata sia da Società private che da Enti pubblici. Pertanto non trovano applicazione le disposizioni normative vigenti in materia di obbligatorietà di accesso agli atti amministrativi e societari… Come già indicato con cortese sollecitudine dalle Funzioni commerciali competenti di Italian Exhibition Group SpA, non sono contemplati documenti statutari o Regolamenti generali.“.
Mi pareva che sia la Fiera di Vicenza che quella di Rimini, oggi IEG Spa, avessero come soci di riferimento il comune, la provincia e la camera di commercio. Più “pubblico” di così! Personalmente ho qualche difficoltà a definire “museo” una struttura esclusivamente espositiva (per altro molto bella e interessante e che merita certamente di essere visitata ogni qual volta organizza una mostra temporanea) che non mi pare ricadere nella definizione che ne dà l’International Council Of Museums – UNESCO, ovverossia “Il Museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone per scopi di studio, istruzione e diletto.“.
Precisato questo trovo ben strano che il “socio” Comune di Vicenza non abbia preteso che un qualche regolamento, una convenzione, un qualche cosa che illustri il rapporto tra le due istituzioni, pubblicabile e quindi leggibile da tutti coloro che lo desiderino, fosse predisposto. Naturalmente in nome della tanto conclamata “trasparenza”. E ancora perché chiamarlo “museo del gioiello” quando, strutturalmente non lo è?