Cinque anni sono passati, da quando il Consorzio per la Tutela dei Vini DOC Bolgheri e la DOC Bolgheri Sassicaia hanno fatto causa alla Cantina bulgara Domaine Boyar presso l’UIPO – Ufficio Marchi della Comunità Europea.
L’azienda aveva chiesto di poter registrare il nome Bolgarè all’Ufficio Marchi della Comunità Europea nel 2017. E ora l’UIPO ha negato l’autorizzazione del marchio del vino rosso con tale nome, evidenziando la forte somiglianza tra i nomi Bolgheri e Bolgarè.
I protagonisti del match enologico italo – bulgaro.
Bolgheri è una Doc toscana, la cui produzione riguarda per intero il territorio comunale di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno. Una denominazione, questa, che abbraccia quattro tipologie di vino (Bolgheri bianco, Bolgheri rosso, Bolgheri superiore insieme al Bolgheri Sassicaia. La denominazione d’origine controllata fu creata ad hoc nel 1984 per tutelare il Sassicaia e il territorio di produzione.
Domaine Boyar, invece, col nome ricorda una cantina francese ed è ubicata nei sobborghi di Sofia. Risulta una delle più importanti imprese bulgare del settore e produce essenzialmente vini rossi. Ma è anche la più grande azienda nazionale importatrice ed esportatrice di prodotti alimentari tra i quali anche vini del nostro Paese. Infatti nel portafoglio dell’azienda ci sono ben tre tipologie di Prosecco doc e docg, oltre a numerosi vini doc del Veneto.
Italian Sounding un fenomeno che colpisce le eccellenze agroalimentari italiane.
La partita italo – bulgara, vinta dai livornesi Bolgheri, celebra ancora una volta, la qualità del vino italiano ed è l’ennesima operazione di contrasto all’Italian Sounding, ovvero l’uso di denominazioni geografiche, immagini e marchi che rievocano l’Italia, per promuovere e commercializzare prodotti che in modo ingannevole riportano al cibo italiano.
Azioni sleali, in cui il vino è facilmente soggetto ad aggressioni da parte della concorrenza. Dal Chianti, messo in circolazione con la denominazione “Chianticella”, al “Vit Chianti”, versione tascabile dell’acqua in vino, attraverso una bustina fai da te. Per non parlare del Prosecco taroccato con “Kresecco”, “Crisecco”, “Consecco” e per finire al Prosek croato, contenzioso all’esame del Tribunale di Bruxelles.
Il dispositivo dell’ufficio marchi europei è un ottimo precedente per la tutela dei vini italiani. Un precedente giurisprudenziale che si affianca al successo dei cugini francesi nella disputa giuridica tra lo Champagne e lo Champanillo (spagnolo), già sancito dalla Corte di Giustizia europea.
Ma Italian Sounding non è solo scopiazzare le denominazioni del gourmet agroalimentare della nostra penisola, isole comprese, ma anche registrare brand che attingono dal patrimonio culturale, geografico, storico ed artistico.
La curiosità la si può cogliere nel visitare il sito della cantina balcanica, nel quale si può acquistare, in modo peraltro legittimo, un Pinot Grigio Delle Venezia Doc, con autentico brand bulgaro “Rive di Venezia”, che nei Social viene promosso dalla Cantina di Sofia come vino da Bacari veneziani.
Chissà che cosa avrebbe pensato Lino Toffolo, se nella sua Venezia, avesse bevuto una bottiglia di Pinot Grigio delle Venezie , con marchio bulgaro; lui che con la sua famosa citazione, «l’imbriago ha nobilitato i veneti», ironicamente ha magnificato la nostra enologia regionale .