L’intera discussione sulle politiche del lavoro sembra incentrata sulla sola questione dell’introduzione del salario minimo e la proposta di legge delle opposizioni, esclusa Italia Viva, all’attenzione del Governo prevede un salario minimo di 9 euro lordi.
La premessa di Meriticrazia Italia a una serie di sue valutazioni non ci può che trovare d’accordo.
Da alcuni sondaggi, che riporta l’associazione presieduta da Walter Mauriello, il 53,5% dei cittadini è favorevole, un ulteriore 6,3% è d’accordo ma solo se si escludono alcune categorie come l’agricoltura, il lavoro domestico e l’assistenza agli anziani, mentre l’8,9% lo è ma considera troppi 9 euro. È contrario solo il 24,2% dei cittadini, secondo i quali il salario dovrebbe essere generato solo dall’incontro della domanda delle imprese e dell’offerta del lavoratore.
Come alcuni fanno osservare Meritocrazia Italia ha in più occasioni ricordato che i salari in Italia sono già definiti, per molte categorie professionali, dai Contratti Collettivi Nazionale di Lavoro (CCNL). Solo alcune categorie di nuovi mestieri (ad esempio i rider che effettuano consegne a domicilio) non sono al momento coperti e, aggiungiamo noi, andrebbe ben considerata la questione dei cosiddetti “sindacati gialli”, quelli che, con scarsa rappresentatività ma “legali”, sottoscrivono contratti che sembrano, per usare un eufemismo, ritagliati sulle esigenze del datore di lavoro e non dei lavoratori.
Tornando ai numeri, Meritocrazia Italia ricorda che la paga oraria minima per il settore dei metalmeccanici è di 11 euro lordi e che vigono, poi, ulteriori forme di retribuzione per i lavoratori, tra le quali la retribuzione differita del TFR e la tredicesima mensilità, oppure gli incrementi automatici retributivi quali gli scatti di anzianità, la contribuzione delle aziende ai fondi pensione integrativi, i buoni pasto e altre forme migliorative della paga oraria che non esistono in altri Paesi europei.
Per questo il confronto con la paga oraria minima, osserva MI, applicata in altri Paesi dell’Unione (vedi grafico in copertina, ndr) può essere, in molti casi, non esaustivo.
È richiamato, infatti, spesso come modello quello tedesco in cui lo scorso anno la paga oraria minima applicata è stata aumentata da 10 a 12 euro lordi. Tuttavia questo strumento è utilizzato in Germania principalmente per le forme di lavoro denominate “mini job”, per le quali è previsto un massimo di 14 ore e 59 minuti di lavoro alla settimana e un reddito limite di 6.240,00 euro all’anno, compresi anche i pagamenti una tantum, come le gratifiche natalizie o le ferie. Questa forma di inquadramento salariale viene utilizzata per i lavoratori nei ristoranti, negli alberghi, nei supermercati e sono rivolti principalmente agli studenti o a persone che lavorano occasionalmente.
La presenza capillare della contrattazione collettiva di settore da sempre detta una regolamentazione di comparto, aggiunge l’analisi di Meritocrazia Italia, qualificando le peculiarità anche economiche di determinati ambiti lavorativi, in maniera non asettica ma puntuale e ricognitiva delle esigenze specifiche del settore. Non sempre l’equiparazione indistinta è sinonimo di correttezza di intervento.
Per questo l’associazione di Walter Mauriello invita la politica a una serena e attenta analisi del problema retributivo dei lavoratori italiani, che ha bisogno di essere rivisto sia per gli importi retributivi sia con riferimento al prelievo fiscale e per i prelievi contributivi (parafiscalità) applicati sulle buste paga dei lavoratori.
MI chiede, inoltre, al Governo di sensibilizzare gli organismi preposti a effettuare i controlli sul rispetto delle norme contrattuali e la sicurezza dei lavoratori in tutti gli ambiti lavorativi e ad agire con maggiore impegno ed efficacia per marginalizzare il ricorso al lavoro nero e l’evasione contributiva, che rappresentano il vero problema da risolvere per migliorare il benessere dei lavoratori e delle famiglie italiane meno protette.
Se la premessa ci trovava concordi, questa conclusione non può che essere da noi condivisa.
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Fonte: Politiche del lavoro: non si parli solo di salario minimo