Nella vicenda si occuperà, se mai partirà, la nuova commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche. Già oggi, però, è possibile individuare i buchi nell’autodifesa che Bankitalia ha dato ieri in una nota dopo che il governo ha deciso via decreto di salvare la Popolare Bari con un’iniezione da 900 milioni. I nodi riguardano la vicenda Tercas e la sostanziale inattività dei vigilanti seguita al ritorno di Vincenzo De Bustis alla guida della banca.
Ieri l’istituto guidato da Visco ha replicato agli attacchi del M5S, con Di Maio che rilancia la commissione d’inchiesta e chiede i verbali delle ispezioni, ma anche di Salvini e Renzi. La nota spiega che su Pop Bari “accertamenti ispettivi” erano partiti già nel 2010, dando una “valutazione parzialmente sfavorevole”, con “carenze nell’organizzazione e nei controlli interni”. Ispezioni ripetute nel 2013 e nel 2016. In tutto l’arco di tempo, Via Nazionale ha tenuto “continui scambi informativi” con Consob, “numerose e continue” interlocuzioni con la magistratura e, nel 2019, con il ministero dell’Economia.
Il primo buco riguarda, come detto, l’acquisizione della disastrata Cassa di Risparmio di Teramo, chiusa a luglio 2014, che ha scassato i conti di Bari. La nota la liquida così: “Nel 2014 Bankitalia autorizza Bpb all’acquisizione di Tercas. (…) un intervento di ‘salvataggio’ volto alla salvaguardia dell’interesse dei depositanti e al rilancio commerciale del gruppo abruzzese”.
Tutti sanno che Bankitalia non si limitò ad “autorizzare”, ma caldeggiò vivamente l’operazione. Le trattative iniziano a ottobre del 2013. Una data indicativa. In quel periodo gli uomini di Bankitalia hanno appena terminato la terza fase di una lunga ispezione. Il verbale si concluderà con un giudizio “parzialmente sfavorevole”, soprattutto a causa di una certa disinvoltura nel concedere prestiti. Eppure Via Nazionale decide, proprio in quel periodo, di bussare a Bari per salvare Tercas, allora commissariata già da due anni.
La Popolare accetta e, prima ancora di conoscere l’esito dell’ispezione, decide di subentrare nella liquidità d’emergenza fornita dalla Banca centrale a quella abruzzese (l’Ela, Emergency liquidity assistence) per quasi 500 milioni evitandone l’implosione.
La trattativa viene poi instaurata fra le due banche e il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), che interviene con 250 milioni. Pop Bari chiede e ottiene di poter effettuare una due diligence di Tercas, inizialmente non prevista. Il tutto si chiude a luglio 2014. Giusto un mese prima Bankitalia aveva rimosso il divieto di fare nuove acquisizioni imposto alla Popolare nel 2010. Curiosamente la nota di Via Nazionale non menziona i giudizi negativi dell’ispezione del 2013, anzi sostiene che “le verifiche hanno messo in luce progressi rispetto a quanto riscontrato nel 2010”. Non solo. In seguito a un “internal audit” fornito dalla banca, decide dopo pochi mesi di rimuovere il divieto di espandersi. L’ispezione si concluderà senza multe per i vertici dell’istituto: presidente Marco Jacobini e ad Vincenzo De Bustis.
L’acquisto di Tercas si è rivelato disastroso: la qualità del credito era molto più scadente di quel che appariva nel 2014. Bari si è caricata di quasi 1,2 miliardi di crediti deteriorati lordi. Il successivo stop di Bruxelles all’uso del Fitd, nell’aprile 2015, provocò poi una fuga dei depositi da quasi 800 milioni di euro. A Popolare Bari non è stato sufficiente neanche l’aumento di capitale del 2015 (500 milioni) per rimettersi in sesto, complice anche il pesante peggioramento della qualità del credito.
L’altro buco riguarda il ruolo di De Bustis, tornato a fine 2018 a Bari, dove era stato dg tra il 2011 e il 2015. È indagato dalla Procura per aver cercato (invano) di rafforzare il capitale con una strana operazione che coinvolgeva una società maltese: a segnalarlo ai pm è stata Bankitalia, che però lo ha fatto solo di recente, mentre l’operazione risale a gennaio. Cosa ha fatto la vigilanza in quasi un anno? Una risposta può arrivare dalla decisione di Visco di trasferire Lanfranco Suardo, l’uomo della vigilanza che aveva seguito con apparente benevolenza le evoluzioni di De Bustis.
di Carlo Di Foggia da Il Fatto Quotidiano