Bene, signore e signori, la giostra finanziaria della vendita di Poste Italiane è ufficialmente pronta a partire, e sembra che il Ministero dell’Economia abbia fatto del proprio meglio per renderla un evento memorabile. L’elenco delle banche coinvolte è stato ufficialmente annunciato: tra i global coordinators troviamo nomi di spicco come Intesa Sanpaolo, UniCredit, Deutsche Bank e JP Morgan, mentre Barclays, BNP Paribas e UBS avranno il ruolo di joint bookrunners. UBS, per di più, ha la doppia responsabilità di essere anche l’advisor del Ministero per l’intera operazione. Chi dice che non ci si può occupare di tutto?
La quota in ballo di Poste Italiane, di cui il MEF manterrà il 35%, è di circa il 14%, un bel pezzetto di torta da spartirsi tra investitori istituzionali e piccoli risparmiatori. In particolare, il 65% delle azioni in OPV sarà destinato ai pesci grossi, ovvero gli istituzionali, mentre il restante 35% andrà ai piccoli risparmiatori e ai dipendenti, a cui pare verranno riservate delle condizioni particolarmente vantaggiose.
Ecco una chicca recente molto probabile: il pacchetto minimo d’acquisto per i risparmiatori pare sarà di 250 azioni, un bel salto rispetto alle circa 500 dell’IPO del 2015. Diciamo che lo Stato si è reso conto che non tutti vogliono o possono investire migliaia di euro in un colpo solo anche perché dai tempi dell’Offerta Pubblica Iniziale il valore delle azioni è raddoppiato. Quindi, grazie anche a questo dimezzamento, i risparmiatori più cauti potranno partecipare alla corsa all’oro.
Non mancheranno i classici bonus shares, quelle simpatiche azioni gratuite che i risparmiatori riceveranno se terranno i titoli per almeno 12 mesi. Una strategia che funziona bene, come dimostrato durante l’IPO, quando i risparmiatori ricevevano una azione gratuita ogni 20 acquistate. Per i dipendenti, le condizioni saranno ancora più generose. Potremmo chiamarla una fidelizzazione azionaria, se vogliamo.
Il prezzo delle azioni sarà determinato solo alla fine dell’offerta pubblica (stimata per il 25 o 26 ottobre), ma un prezzo massimo verrà fissato in anticipo, giusto per non lasciare troppo spazio a speculazioni selvagge. Inoltre, gli analisti non si aspettano uno sconto eccessivo rispetto ai prezzi di mercato, poiché il dividendo intermedio del 2024 – previsto per novembre – renderà le azioni già abbastanza appetibili. Dopotutto, perché fare uno sconto quando i clienti sono già in fila fuori dalla porta?
E che dire del roadshow internazionale? Per chi non fosse a conoscenza del termine, è quel tour glamour che i dirigenti aziendali fanno per convincere il mondo che le loro azioni sono il miglior affare sulla piazza. Questa volta, Poste Italiane ha fatto tappa a Londra, New York e in Asia, per poi proseguire in remoto, perché nemmeno i miliardari possono sfuggire alle riunioni su Zoom.
La vendita della seconda tranche di Poste Italiane sembra essere ben orchestrata, con tutte le banche coinvolte e le strategie di incentivazione pronte a rendere l’operazione un successo. Cosa ci aspetta? Un potenziale incasso di 2,3 miliardi di euro per il Tesoro, una mossa che farà felice il bilancio statale. Prepariamoci, però, a vedere un altro pezzetto dello Stato che va a finire nelle mani del mercato, con l’auspicio che tutti possano ottenere il proprio ritorno. Come in tutte le grandi operazioni, c’è una fetta di torta per tutti, ma il sapore? Beh, dipende sempre da dove ti siedi a tavola.