Come abbiamo argomentato negli articoli precedenti della rubrica Posto ergo Cogito? in relazione alla vocazione religiosa e alla provocazione sessuale di Francesca nel video che Renzo Rosso ha commissionato per la Diesel al regista francese Francois Rousselet tra i commenti su youtube allo spot si è sollevato un vespaio di polemiche e di contrasti che segnano una frattura enorme tra la popolazione mondiale su temi molto delicati.
Non che la religione non fosse da sempre un motivo di divisione tra gli uomini e le donne di culture e tradizioni diverse, ma qui si aggiunge un tema particolare, specificamente moderno diremmo, che oggi suscita molte polemiche, perché mette al centro, contro ogni pretesa che la religione e/o la natura definiscano un identità inviolabile e immutabile, l’assoluta libertà del soggetto nel decidere della sua vita in ogni minimo particolare, compresa l’identità sessuale, il fatto, in sostanza, di cambiare, con l’aiuto della tecnologia, della chimica e della chirurgia, il sesso che uno o una si ritrova dalla nascita.
E allora ci siamo accorti che tra le varie componenti che dividono gli utenti del web in relazione al video di Francesca vi è un aspetto particolare, cioè l’essere moderno o antimoderno, giovane, e quindi integrato con la modernità e i suoi strumenti, oppure vecchio, e quindi moralista, paternalista. Questa particolare divisione, che in italiano diventa macchinosa da descrivere e, forse, anche da comprendere per ragioni culturali, in lingua inglese viene resa in maniera sintetica con due espressioni che vengono rivolte rispettivamente agli antimoderni, «Ok, boomer» e ai moderni, «Ok, doomer».
L’espressione «Ok boomer» compare due volte nel video di Francesca, una in risposta al seguente commento in lingua italiana: «Io parlo quanto mi pare e giudico questa pubblicità vomitevole. C’erano molte cose su cui potevano spingere per farti acquistare dei jeans. Non mi interessa la sua morale, lei continui ad essere della sua opinione (che rispetto) e non venga a convincere nessuno arrogantemente. Non ho nulla contro i trans, né contro Francesca/o. È una pubblicità sui jeans, non una discussione sui diritti degli omosessuali… Ma state proprio messi male col cervello. I moralizzatori radical chic della qualità delle pubblicità abbiamo ora. Eh vabbè, addà turnà Gesù cristo a giudicarci!». E una in seguito ad uno scambio di vedute in lingua inglese che comincia con «Disgusting» in relazione al video, ovviamente, cui fa seguito «Ok boomer» e subito seguito a ruota da «Ok, doomer».
Probabilmente in Italia non abbiamo assistito pienamente a questo fenomeno, come molti altri che non possiamo comprendere se non viviamo in quel contesto, tra i quali il movimento del Black lives matter di questi giorni, da intendere come reazione al diffuso clima di razzismo istituzionale, ma negli Stati è in atto un potente gap generazionale che vede da un lato gli adolescenti e dall’altro gli adulti, come sintetizza bene questo articolo del 2019 del New York Times[1].
Tutto è nato dall’accusa su TikTok di un uomo anziano, appartenente alla generazione dei Baby boomers, che accusava i giovani, i cosiddetti millennials, appartenenti alla Generazione Z e nativi digitali, di avere la sindrome di Peter Pan e di non voler crescere mai. Proprio attraverso lo strumento più congeniale per i millennials, cioè TikTok, ma anche youtube e Twitter, si è scatenata la polemica creativa degli adolescenti, i quali senza argomentare ulteriormente, si sono espressi all’unisono con «Ok boomer».
Si tratta di un’accusa forte che i giovani rivolgono agli ultratrentenni, incapaci di cogliere le trasformazioni epocali di tipo sociale, ambientale, antropologico, ma anche stilistico e modaiolo e che, come nel caso di Francesca non perdono occasione per mostrare la loro mentalità retrograda affermando, ad esempio: «They dare call it progress» (Loro osano chiamarlo progresso).
Quello dei giovani e degli adolescenti è da interpretare, e non da sottovalutare, come un soffocato grido di intolleranza e di insofferenza nei confronti di adulti che hanno devastano a man bassa l’ambiente, che si sono arricchiti attraverso la violazione dei diritti altrui e l’intensificazione di crisi economiche, tutti fenomeni che hanno bruciato letteralmente il loro futuro.
Ci chiediamo solo se davvero si possono ridurre questioni così complesse come la crisi ambientale, i diritti civili oppure le transizioni sessuali ad una questione generazionale e se per il fatto che molti soggetti, come l’autore di questo articolo, sulla soglia dei quaranta e al tempo stesso molto progressisti si debbano sentire accusati, senza ulteriore argomentazione, di essere boomer al primo diverbio. O, forse, pensarla in questo modo è già un segno dell’invecchiamento?
[1] https://www.nytimes.com/2019/10/29/style/ok-boomer.html.
Qui e anche qui tutte le puntate di Posto ergo cogito?