Erano le 5 della sera e la Sala Bernarda si riempie. Vi sono tutti gli assessori, naturalmente il sindaco che compie anche gli anni. Quindi ha motivo doppio di festeggiare Francesco Rucco. I suoi predecessori sono stati Luigi Faccio, socialista, poi Giuseppe Zampieri, Antonio Dal Sasso, Giorgio Sala, Giovanni Chiesa, Antonio Corazzin, Achille Variati all’inizio DC poi del Partito Popolare (che era praticamente la stessa cosa ma la moda del momento esigeva il cambiamento, almeno del nome), Marino Quaresemin anche lui del Partito Popolare ma per la gente vicentina tutti democristiani.
Una breve parentesi per un commissariamento ed ecco che spunta Enrico Hüllweck, di Forza Italia. Dieci anni e poi rientra Achille Variati, per un po’ ancora ex DC e poi PDS. Anche lui preceduto da un Commissario, per brevissimo tempo. Ogni legislatura ha una sua storia, e nella storia di ognuna vi è la figura centrale del sindaco e a volte di qualche assessore. Di questi non ne cito nessuno perché dovrei citarne tanti. Come personalità forti ve ne sono state anche sui banchi del Consiglio, sia nella maggioranza sia all’opposizione.
Faccio è stato il sindaco della liberazione, Zampieri il ricostruttore, Dal Sasso colui che volle la Fiera, Giorgio Sala il sindaco delle scuole di quartiere e delle circoscrizioni ma direi anche del dialogo, Giovanni Chiesa il gentiluomo, Antonio Corazzin il rinnovatore e colui che puntava a una Vicenza veramente capoluogo, e ancora Achille Variati che si ritrovò nella legislatura più tormentata e confusionaria, dove quasi nessuno dei consiglieri rimase con l’etichetta originale addosso fino alla fine della consiliatura che, va ricordato, si consumò negli anni del grande tormentone di mani pulite e che meriterebbe un capitolo a se stante, che prima o poi lo racconteremo. Gli successe un Marino Quaresimin che consolidò la sua fama di essere un gran lavoratore, con annesso nomignolo.
Una parentesi commissariale e scende in campo, e poi sale a Palazzo Trissino, l’uomo che finalmente, dopo cinquanta anni dalla fine della guerra e dopo innumerevoli progetti, realizzò il Teatro Comunale di Vicenza, Enrico Hüllweck, mise fine al ping pong messo in piedi dai predecessori e dedicò una via a Mariano Rumor. Le due ultime legislature, dopo un nuovo breve commissariamento per il trasferimento di Hüllweck in parlamento rette ancora una volta da Achille Variati, sono così recenti che non saprei proprio come sottolineare l’opera del sindaco. Ognuno è in grado di trovare l’aggettivo che più li sembra adatto. A fare un tentativo potrei indicarlo come il sindaco con la valigia in mano, che poi sono parole sue.
Ora eccoci là da da dove son partito all’inizio: Francesco Rucco ,il sindaco di Vicenza sostenuto dalla sua lista civica super votata e da un gruppo di liste di partiti di centro destra. Siamo alle 17 di giovedì 28 giugno e la legislatura inizia, ovviamente, con l’appello. Numero legale ampiamente superato. Iniziano gli interventi svolti da due consigliere molto controllate pur utilizzando un linguaggio puntuale e toni decisi. Ma questa è stata praticamente la sigla di tutti gli interventi femminili. Al contrario i signori consiglieri, uomini, salvo un paio di eccezioni, mi son sembrati alquanto agitati. Quantomeno nervosi, specie i rappresentanti delle opposizioni, uno dei quali era talmente teso che ha presentato un ordine del giorno, mentre era in fase di dichiarazione di voto, che non c’entrava nulla con l’argomento che era semplicemente la presa d’atto della legittimità del consiglio e dei consiglieri.
Eppure era un navigato con varie legislature nel carniere. Ma la cosa più strabiliante è stato il voto espresso dalla compagine di minoranza, l’astensione, e da uno di loro, addirittura, un voto contrario senza comprendere che stava votando contro se stesso. In tanti anni di frequentazione della Sala Bernarda mai mi era capitato che un gruppo si astenesse sulla presa d’atto del frutto delle elezioni. Strabiliante. Roba da scrivere nei diari a futura memoria.
Tutti a promettere una opposizione dura, inflessibile, ma anche propositiva, non di certo su basi ideologiche. Tutti a cedere alla lusinga della sviolinata ideologica. Quasi una litania. Qualche stonatura: i cartelli messi in vista sui banchi dell’opposizione che rammentavano un articolo della Costituzione e una presidente dell’assemblea, Isabella Sala, che non se l’è sentita di farli togliere, proprio in rispetto della Costituzione. Questa nostra benedetta Costituzione che tanto amiamo e spesso non rispettiamo. Qualche applauso appena accennato ma unanimi e calorosi quelli per il neo presidente del Consiglio, Valerio Sorrentino, e per la vice presidente, Cristina Balbi.
Nel complesso una serata discretamente bilanciata ma dalla quale si può già iniziare a trarre qualche considerazione per il futuro. Una maggioranza che tende a smussare gli angoli che pure ci sono e pare che ci stia riuscendo. Una ppposizione che non rinuncia ad utilizzare sia la demagogia sia i toni da maestrini della penna rossa. Sia a Destra che a Sinistra, sempre che abbia ancora un senso definire così le due anime di questo Consiglio, vi sono delle persone che non rinunciano al desiderio di apparire dei protagonisti. Ma questo è sempre avvenuto e avverrà ancora nelle future legislature. Amen.