Non solo il caso Mps. Sulla scrivania del presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, tra i dossier da affrontare con priorità, potrebbe esserci anche la revisione del cashback. Ovvero il meccanismo di rimborsi per chi paga con carta, che ha sollevato non poche perplessità, anche internazionali. Sul punto è tornata oggi anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che su Facebook denuncia: “Si moltiplicano a dismisura i casi di persone che fanno microtransazioni per accumulare punti col meccanismo del cashback, facendo lievitare enormemente i costi delle commissioni bancarie in capo agli esercenti. Le categorie più colpite da questo fenomeno sono i benzinai, dove i furbetti dei rimborsi vanno a fare benzina al distributore automatico facendo piccole transazioni pochi centesimi alla volta, nella speranza di ritirare il premio cashback”.
Secondo quanto riporta QuiFinanza PagoPa, la società che gestisce l’app Io (principale porta d’accesso al cashback) sta andando alla ricerca di chi ha compiuto nello stesso negozio pagamenti ravvicinati da pochi centesimi l’uno con intenti fraudolenti. Non potendo impartire alcuna sanzione (perché di fatto non esistono ancora disposizioni a tal proposito e, anche se approvate da qui a poco, non possono di certo avere effetto retroattivo), quello che rischiano questi individui, una volta individuati, è di essere esclusi dalla corsa al Super Cashback.
Per evitare che tale comportamento fraudolento si ripeta nel tempo, azzerando in questo modo i benefici stessi che il cashback punta a garantire, il Ministero dell’Economia starebbe pensando anche di introdurre delle restrizioni per quanto riguarda ai pagamenti.
Fratelli d’Italia tira il non ancora nato governo Draghi per la giacchetta anche su un altro tema, la privatizzazione di Monte dei Paschi di Siena e la fusione con Unicredit, che è il tema della prima mozione che il neonato governo si troverà in parlamento, presentata sempre da Fratelli d’Italia.
Fratelli d’Italia in una conferenza stampa al Senato ha presentato una mozione, primo firmatario il senatore Adolfo Urso, sottoscritta da tutti i senatori del gruppo in cui si chiede a un futuro esecutivo a guida Draghi di chiarire e rinviare la privatizzazione del gruppo bancario senese, decisa dal Governo Conte bis.
Il primo atto rivolto da FdI al nascente Governo e che rientra – si legge in una nota – “in quella opposizione patriottica, seria e responsabile che proprio ieri al termine delle consultazioni ha annunciato Giorgia Meloni”.
Per il capogruppo Luca Ciriani “oggi si pone un problema specifico, nei contenuti e nella forma, a dimostrazione che FdI è una forza propositiva anche dall’opposizione. Vogliamo riaccendere i riflettori su Mps e sull’intreccio fra politica di sinistra e il sistema finanziario perché la nostra non è un’opposizione sterile e preconcetta ma che guarda alla sostanza dei problemi dell’Italia in modo patriottico”. Secondo il senatore toscano di Fratelli d’Italia Patrizio La Pietra “oggi ci troviamo nella condizione di sollecitare il governo su un problema che riguarda da vicino il territorio della nostra regione ma che rappresenta il primo atto che FdI rivolge al nascituro governo Draghi. Un problema, quello della privatizzazione di Mps, di cui intendiamo chiedere con la nostra mozione un rinvio alla Commissione Europea e che dimostra come siamo intenzionati a fare un’opposizione costruttiva in favore del nostro Paese”.
Concetto rimarcato dall’assessore comunale di Siena di FdI Francesco Michelotti, per il quale “Mps rappresenta per Siena l’indotto di impiego maggiore, con 2600 dipendenti fra città e provincia e 2800 dipendenti nel resto della regione. Una banca storica lasciata in balìa delle manovre ombrose del Pd che l’hanno portata al collasso costringendo lo Stato alla sua ricapitalizzazione a spese dei contribuenti, cosa che noi intendiamo oggi evitare che accada di nuovo”.
“La ricapitalizzazione di Mps – sottolinea, infine, il senatore di FdI Adolfo Urso – è costata 5,4 miliardi di euro e la prospettiva è quella di una nuova ricapitalizzazione per 10 miliardi di euro. E’ un’ipotesi a cui noi ci opponiamo, siamo per la privatizzazione della banca ma vogliamo che sia rinviata fino a quando non vi saranno condizioni di mercato migliori e dopo che Mps avrà iniziato la sua opera di risanamento. Oggi come oggi una privatizzazione ci espone a rischi di manovre ostili di scalata da parte della finanza straniera, in particolare quella francese, e non vogliamo nemmeno sottoscrivere l’altra ipotesi caldeggiata dal M5s che auspica la trasformazione di Mps in banca pubblica. La situazione cui ci troviamo di fronte oggi è frutto delle operazioni della ‘ditta’ Padoan, D’Alema Fassino, con Padoan che è diventato presidente di Unicredit”.
Fonte Public Policy