Il disegno di legge n. 755/2018 di iniziativa dei senatori Ostellari, Pellegrini, Candura, Pillon e Romeo (Lega), che, prevede in sostanza che l’avvocato possa nell’interesse del proprio assistito formare un atto di ingiunzione equivalente all’attuale decreto ingiuntivo, parte dalla premessa che l’attuale sistema di realizzazione del credito è farraginoso, poco funzionale e non in linea con gli standard europei che impongono il principio dell’effettività degli strumenti di tutela processuale civile.
Quindi, al dichiarato fine di semplificare e deburocratizzare la gestione dell’utilizzazione del procedimento monitorio nel recupero dei crediti, propone la soluzione di affidare al difensore del creditore la maggior parte dell’attività correlata al procedimento stesso. I firmatari di questa proposta di legge indicano, fra i sicuri vantaggi della rinnovata procedura, una riduzione dei costi del contenzioso civile, un’accelerazione dei tempi per l’ottenimento di un provvedimento monitorio ed uno snellimento dell’arretrato pendente nei tribunali.
C’è davvero da augurarsi che simili proposte restino nel cassetto del legislatore, se non si vuole contribuire al crescente imbarbarimento del nostro ordinamento giuridico. E’ bene, anzitutto, ricordare che, viene attribuito all’avvocato, in primis, il compito di verificare i requisiti previsti dall’art. 633 c.p.c. per l’emanazione del decreto e di scriverlo materialmente; in questa fase, non è, dunque, previsto l’intervento del giudice. Inoltre, è previsto l’inserimento di un nuovo articolo che diminuisce significativamente i tempi di proposizione dell’opposizione (da 40 a 20 giorni) – da effettuarsi non più con atto di citazione, ma con ricorso - senza la quale il decreto stesso acquista efficacia esecutiva (e diventa, perciò, titolo per un’iscrizione ipotecaria). E’ solo con l’opposizione che il procedimento entra nella sfera di cognizione di un giudice, il quale, se l’opposizione stessa non fosse fondata se prova scritta o non fosse di pronta soluzione, dovrebbe concedere la provvisoria esecuzione (con un’ordinanza non impugnabile, contenente, tra l’altro, anche una condanna alle spese del giudizio ed una possibile pena pecuniaria, nel caso in cui fosse ritenuta temeraria).
Mi pare evidente che queste novità non creerebbero alcun significativo, reale vantaggio sul piano dell’accelerazione dei tempi per l’ottenimento di un decreto ingiuntivo (men che meno su quello di una percepibile riduzione dell’arretrato civile); chi ha avuto concreta esperienza di magistrato civile sa bene che l’esame dei ricorsi per ingiunzione, nell’attuale sistema ordinamentale, non costituisce più di tanto un problema, nel contesto del lavoro quotidiano, anche perché, in concreto, i provvedimenti, in sé, sono semplicissimi e, quasi sempre, vengono già predisposti in bozza dagli stessi avvocati che li presentano. Invece, le novità processuali proposte dal disegno di legge sono tali da ridurre significativamente le garanzie per i debitori, che, spesso, sono proprio la parte più debole della società .
E si ha il forte sospetto che quel disegno sia il frutto delle aspirazioni processuali del sistema bancario, che, tanto per fare un esempio, potrebbe pretendere l’emissione di pericolose ingiunzioni, basate su semplici saldaconti o parziali estratti di conto corrente. Inoltre la riduzione al 50% dei tempi dell’opposizione (da 40 a 20 giorni) è,per i debitori, una vera e propria mina vagante, poiché al creditore è attribuito il diritto di ottenere (alla prima udienza e senza istruttoria) l’immediata esecutività, sulla cui base, potrebbe essere iscritta un’ipoteca giudiziale, ben si comprende che il debitore stesso rischia di non essere in grado di organizzare adeguatamente la propria difesa, non avendo neppure il tempo sufficiente. Si finisce per erodere troppo lo spazio di difesa. A questo punto, il povero debitore, si vedrebbe anche segnalato alla Centrale Rischi di Banca d’Italia; questa, sarebbe la sua fine, perché gli verrebbe, anche in futuro, sicuramente negata una qualsiasi linea di credito bancario.
Il pericolo è insito proprio nell’ordinanza di provvisoria esecuzione perché, per poterla capovolgere, il debitore sarebbe costretto ad attendere solo la sentenza definitiva.
La criticità maggiore della Proposta di legge sta nel fatto che, in realtà, i tempi dell’ingiunzione non comportano affatto una diminuzione dell’arretrato in un ufficio giudiziario e, quindi non è più tanto utile in questa fase; ma in compenso, essa è tale di diminuire pericolosamente le garanzie processuali per il debitore al quale, soprattutto, viene sottratta la possibilità di fare affidamento sulla giurisdizionalità del procedimento monitorio fin dalla sua fase iniziale, nella quale il giudice – a differenza dell’avvocato emittente - ben potrebbe anche respingere la domanda.
In definitiva, quella Proposta di legge sarebbe un ulteriore passo di allontanamento del procedimento monitorio dal sistema garantistico assicurato dagli art. 24 e 111 Costituzione e, quindi, contribuirebbe a realizzare un imbarbarimento del processo civile.
Qui il precedente intervento della. prof. Rodolfo Bettiol
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