Propone ricorso in Cassazione Paolo Marin (difensori avvocati Emanuele Fragasso jr. e Lino Roetta) chiedendo l’annullamento della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Venezia in data 10 ottobre 2022 (leggi notizie e commenti su Ricorso in Cassazione processo BPVi e vedi in fondo*).
Il ricorso inizia con due elenchi. Nel primo si indicano i risultati di prova in relazione ai quali sussisterebbe il vizio del travisamento per creazione, determinato dalla creazione ad hoc di informazioni ed elementi in realtà insussistenti, usati a sostegno del giudizio di responsabilità penale dell’imputato.
Nel secondo elenco si indicano, altresì, i risultati di prova in relazione ai quali sussisterebbe il vizio di travisamento per eliminazione, determinato dall’omessa valutazione dei risultati delle prove immotivatamente ignorate, nonostante la loro decisività ai fini del decidere sull’accertamento della consapevolezza dei fatti al di là di ogni ragionevole dubbio.
Il ricorso esplica il proprio contenuto in primo luogo in relazione al reato di aggiotaggio. Il ricorrente si duole che non sia stato dato credito alle sue affermazioni circa la propria convinzione che le operazione di finanziamento delle azioni venissero regolarmente scomputate dal bilancio della banca.
Nessun elemento sussiste per affermare a detta del ricorso che Marin fosse conscio dell’omessa annotazione nel bilancio delle suddette operazioni.
Non può considerarsi consapevolezza dell’omissione la preoccupazione espressa dal Marin che le azioni depositate nei fondi esteri dovessero essere detratte dal patrimonio di vigilanza, perché da questa “baciata” non sarebbe dipeso alcun beneficio, perché comunque questi importi si sarebbero dovuti dedurre.
Da una operazione, “Sorgente”, non può affermarsi la consapevolezza del Marin, in quanto il Marin aveva già esaurito le sue funzioni sulla stessa, quando poi in luogo di una operazione immobiliare si pensò di utilizzare la provvista per scopi diversi.
Lamenta il ricorso che sia stata ritenuta la consapevolezza del Marin per le sue dichiarazioni avvenute dopo che egli aveva successivamente appreso nel 2015 i fatti che non conosceva all’epoca del finanziamento.
Il fatto che, in ipotesi, ci fosse conoscenza del Marin che in relazione al finanziamento delle azioni fosse rilasciata una lettera di impegno al riacquisto o lo storno di interessi non costituiscono elemento idoneo a dedurre la consapevolezza del Marin che gli importi del finanziamento non fossero dedotti del patrimonio di vigilanza.
Illogicamente è stata ritenuta dalla Corte la consapevolezza di lettere di impegno già esistenti prima della affermazione di Giustini sulla opportunità di predisporre le stesse.
Il ruolo di presentazione delle delibere al c.d.a. non può essere assunto ad elemento di responsabilità.
Lamenta il ricorrente l’erronea applicazione dell’art. 2637 C.C. in quanto non fu certificato anno per anno il quantitativo di capitale finanziato e, quindi, non fu accertato l’impatto sui ratios e quindi la sua idoneità a determinare la sensibile alterazione del prezzo delle azioni come richiesto dalla norma.
Conclude il ricorrente che tutte le ipotesi di aggiotaggio debbano considerarsi prescritte, inclusa quella del 2015, e la sentenza va annullata nella parte de qua per l’avvenuto evento della causa estintiva.
Lamenta, poi, il ricorso i vizi dell’impugnata sentenza in relazione ai delitti di ostacolo all’attività di vigilanza.
Di rilievo è il riferimento all’ispezione del 2012 da parte della Banca d’Italia. Per la Corte di Appello mancherebbe una qualunque attestazione dell’invocata consegna agli ispettori dei fascicoli cartacei concernenti le posizioni oggetto del preteso svelamento da parte del Marin, che afferma di avere provveduto alla consegna degli stessi riguardanti tutte posizioni aventi finanziamenti correlati all’acquisto di azioni.
L’illogicità dell’affermazione è manifesta allorquando si ricordi quanto affermato dallo stesso ispettore Sansone.
L’ispettore Sansone chiarì che al termine dell’ispezione la directory esistente in banca e gestita dall’Audit veniva cancellata, dopo consegna all’ispettore dela relativa copia informativa del contenuto.
Gli ispettori furono puntualmente informati e trovarono il dato dell’effettivo complessivo ammontare delle operazioni finanziate risultanti dai fascicoli ispezionati.
Il ricorso ricorda l’affermazione di Giustini in riferimento all’ispezione del 2012 che c’era stata una piena trasparenza su queste pratiche. Nel procedimento separato nei confronti del direttore generale Sorato lo stesso è stato assolto dal Tribunale di Vicenza con riferimento alla condotta di ostacolo del 2012 relativa all’ispezione della Banca d’Italia.
Lamenta poi il ricorrente, un errore di calcolo in relazione all’aumento di pena per la continuazione.
Denuncia come viziata la sentenza in relazione all’affermato ostacolo alle funzioni di vigilanza, la condanna per il predetto ostacolo al comprehensive assesment.
L’A.Q.R. (Asset Quality Review) non era un esercizio contabile, ma era esercizio sul portafoglio della banca che non aveva nulla a che fare con i finanziamenti correlati all’acquisto di azioni.
Non vi era nessun accertamento previsto in relazione al patrimonio di vigilanza.
Il ricorso si conclude con l’impugnazione dell’ordinanza pronunciata in data 18/5/2022. Si tratta dell’acquisizione di un file audio che registra la riunione del comitato di direzione del 10/11/2012. Da essa la Corte d’appello trae argomento per affermare la consapevolezza del Marin circa la non iscrizione del bilancio degli importi dei finanziamenti correlati.
La stessa è per il ricorrente inutilizzabile difettando la conoscenza dell’autore della registrazione.
Nella sostanza si tratterebbe di una intercettazione illegittima.
Non si può affermare un tacito consenso degli astanti alla registrazione come ritiene la Corte.
In conclusione, si chiede l’annullamento della sentenza.
Ad avviso dello scrivente alcuni rilievi sono validi in riferimento all’ispezione della Banca d’Italia del 2012.
Si osserva per il resto che il Marin presentatore di numerose proposte di finanziamento per l’acquisto di azioni non poteva ignorare che l’esposizione in bilancio dei relativi importi avrebbe vanificato l’operazione stessa incidendo sul capitale di vigilanza come del resto dallo stesso affermato.
Poco vi è da dire in merito al ricorso della Banca Popolare di Vicenza in liquidazione.
La stessa lamenta la confisca di euro 74.2012,687 quale profitto di reato in relazione all’ostacolo delle funzioni di vigilanza della Consob. Dall’ostacolo alle funzioni di vigilanza a detta della ricorrente non può affermarsi un nesso causale con il profitto che caso mai deriverebbe dal falso in prospetto.
In ogni caso concretamente confiscabile è il profitto netto non quello lordo.
Va notato come non vi sia impugnazione in merito all’affermata responsabilità ex dlgs. 231/01
Qui è possibile scaricare ii dispositivo sintetico della sentenza del Processo d’appello BPVi, qui è pubblicato il primo commento dell’avv. prof. Rodolfo Bettiol, sulla sentenza con motivazioni, mentre è pubblicato su Bankinveneto.it il suo testo completo nella sezione Premium, dove a breve renderemo disponibile anche il ricorso della Procura generale di Venezia.
Qui sono state resocontate tutte le udienze di appello su ViPiu.it, mentre al nostro libro “Banca Popolare di Vicenza. La cronaca del processo” seguirà a breve il libro/documento sul secondo grado del Processo BPVi, sulla storia sintetica del fallimento delle due banche popolari venete, su quella degli indennizzi ancora non completati sia pure per il solo 30% di quanto perso e con un limite di 100.000 euro e su documenti delicati ma mai utilizzati dalle autorità competenti.