Processo BPVi 12 dicembre 2019 in video. A Mainetti (Sorgente) finanziamenti anche per vicinanza logistica. Re: c’era il modulo “handi”!

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La sensazione che il processo BPVi stia andando verso un lungo periodo di stanca (dopo i più che cento testimoni dell'accusa, i pm Gianni Salvadori e Gianni Pipeschi, da febbraio in poi cosa potranno dire di nuovo gli altrettanti testi chiamati dalle parti civili e soprattutto dalle difese oltre gli ovvi toni diversi di quelli pro imputati?) viene scalfita ogni tanto da qualche testimonianza con una qualche propria originalità, soprattutto "ambientale" piuttosto che fattuale.

Oggi per mezzora e poco più la nostra attenzione è stata risvegliata, quindi, da un distinto signore, Valter Mainetti, che davanti al presidente del collegio, Deborah De Stefano e alle sue colleghe giudici a latere Elena Garbo e Camilla Amedoro si descriveva come è scritto dettagliatamente sul suo sito che bene lo rappresenta.

Mainetti, quindi, ha confermato che lui è "l’azionista di riferimento di Sorgente Group Alternative Investment (USA), di cui fanno parte Sorgente Group Italia Spa insieme a Sorgente Group of America (US) e Sorgente Lux Holding Sarl (Lussemburgo). Il patrimonio immobiliare posseduto dai fondi e dalle società controllate, sommato a quello gestito e amministrato a gennaio 2019 è di oltre 5 miliardi di euro. Il Gruppo opera nei settori degli immobili, della finanza, del risparmio gestito, delle infrastrutture, dei restauri, degli alberghi e cliniche, della comunicazione e della editoria. Le società immobiliari, finanziarie e di servizi sono 94, situate in Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Lussemburgo, Usa, Brasile, con uffici operativi a Roma, Milano, New York, Lussemburgo e Londra...".

Ci siamo detti, allora, "vuoi vedere che un finanziere, immobiliarista, editore e business man come lui, a cui fanno riferimento 94 società sparse in tutto il mondo che gestiscono un patrimonio di cinque miliardi, non dia un senso nuovo al video che pubblichiamo di seguito?!".

Di passaggi stimolanti, infatti, ce ne sono stati, come quello, forse il primo delle sue studiate dichiarazioni, in cui chi gestisce quelle cifre nel mondo e attraverso il mondo dichiara di aver scelto di appoggiarsi alla banca vicentina per una fetta dei suoi affari perché "ci era comoda la sede romana della BPVi a piazza Venezia, proprio vicino alla nostra" (Palazzo del Tritone, ndr))

E così gli iniziali contatti del suo gruppo col dirigente della filiale romana "comoda", solo logisticamente?, di Banca Popolare di Vicenza, Costante Turco, "non imputato ma sanzionato da Consob ex post", portano ai primi duecentomila euro di azioni sottoscritte personalmente ("ero tranquillo, i bilanci erano controllati da KPMG...") e a un finanziamento di sette milioni al suo gruppo che ne fa tornare alla banca uno come sottoscrizione di altri titoli.

Valter Mainetti, nella sua deposizione fatta di frasi misurate di fronte a un Gianni Zonin di cui non incrocia mai lo sguardo e di rivelazioni su baciate a go go solo quando gliele ricordano i pubblici ministeri citando i verbali dei suoi interrogatori, ci tiene, però e subito, a dire, senza ancora avere ascoltato una domanda al riguardo, che quel milione "aziendale" fu pagato, sia pure in tempi vicinissimi alla concessione del credito, con fondi propri, che il suo gruppo aveva, ovviamente, in abbondanza.

D'altronde, lo capiamo anche noi, per il businessman romano, con 5 miliardi di patrimonio immobiliare e gestito, un milione di euro sono il nostro euro dato al poveraccio nigeriano che ci aspetta accanto alla biglietteria del, costosissimo, parcheggio del tribunale...

Ma l'imprenditore, così controllato da apparire quasi asettico, racconta, poi, di un'altra storia, che ci sarebbe piaciuto approfondire ancor più di quanto sia riuscito a fare Gianni Pipeschi, quella dei 25 milioni di euro ricevuti come ulteriore finanziamento dal gruppo Sorgente e poi tramutati tutti in azioni della sicurissima Popolare vicentina: "mi era venuto qualche dubbio su certe richieste di sottoscrizione anche perché inizialmente ci era stato prospettato un finanziamento con un sottostante di obbligazioni di stato, poi diventante azioni della BPVi, ma mica potevamo pensare a quello che poi è avvenuto? Potevamo temere che i titoli sarebbero potuti scendere del 10% o sperare che salissero del 10, ma nessuno immaginava il crac...", questo il senso delle dichiarazioni ascoltate in vari passaggi.

Il pubblico ministero riesce, infatti, a far ricordare al testimone che il periodo in cui quei 25 milioni erano arrivati dalla BPVi (Mainetti dice per l'acquisto, poi andato a monte, di "un immobile a Chicago per circa 75 milioni prima ancora che si costituisse un sindacato di banche finanziatrici") per poi tornare nelle sue casse come azioni, per giunta delle stesa banca erogatrice, di fatto si sovrapponeva a quello in cui una società del gruppo stava per quotarsi in borsa, operazione anche questa andata a monte "per la crisi greca" e in cui sarebbe, solo ora?, lecito pensare che potesse o volesse entrare anche la banca vicentina con un classico "ti dò dei soldi per le tua quotazione che poi usi per comprare mie azioni...".

Tante altre cose dice Valter Mainetti come da video ma sui 25 milioni per un investimento immobiliare poi diventato un go and back mobiliare rimane (è bravo a far rimanere?) una fitta nebbia.

Nebbia che l'avvocato Giuseppe Todaro (studio Bertolini Clerici) riesce in buona parte a dissipare sulle eventuali maggiori responsabilità del suo assistito, Andrea Piazzetta, uno degli ex vicedirettori generali e referente di BPVi Finance Ireland: " - risponde Mainetti al legale - ho incontrato qualche volta il manager, con cui ho anche parlato al telefono, ma, anche se mi sembrò strano dover fare l'operazione dei 25 milioni su base estera, con lui ho solo discusso di questioni strategiche perché poi l'operazione fu condotta e gestita interamente non da lui e da me ma dai nostri rispettivi manager esteri...".

Questo ed altro ci ha incuriosito della deposizione del finanziere - immobilarista - business man della sanità, del settore ricettivo, di quello editoriale e tanto altro ancora, ma, poi, abbiamo ascoltato la deposizione di Sandro Re, manager siciliano di Banca Nuova poi proiettato a Vicenza dove nel 2011 diveniva responsabile dell'unità organizzativa Analisi (degli affidamenti e dei crediti).

L'abbiamo ascoltata, perdonateci, con una qualche noia perché, sia pure con dettagli "personalizzati", ci ha ri-illustrato la ormai stranota baciomania vicentina anche se tra i difensori c'è ancora chi si aggrappa al termine "baciata" con domande ad elevato contenuto di neuroni che vogliono far supporre oggi che le baciate allora non esistevano solo perchè venivano chiamate con un nome meno mediatico (finanziamenti correlati a sottoscrizioni di azioni) e chi, l'avv. Roetta, primeggia nel primo "dubbio" ma è solo nel secondo: "finanziamenti correlati per solo 1.2 miliardi non erano poca cosa rispetto agli oltre 30 miliardi di impiegi della banca?".

Ricordato ancora una volta al buon Roetta, ma non dovremmo farlo noi (anche se lui lo sa ma come e più degli imputati può non dire "tutta la verità..." a lecito scopo difensivo), che quel miliardo e duecento milioni pesa non per la frazione limitata di impieghi che rappresenta ma perché, se detratto come d'obbligo dal patrimonio di vigilanza, avrebbe ridotto di almeno 12 miliardi gli impieghi stessi, e a rischio, di 30 miliardi, una frase ci ha colpito di Sandro Re: "per illustrare agli organi superiori, meno tecnici, tra cui il cda, i dati fondamentali per valutare il merito creditizio dei clienti per operazioni consistenti, per le quali i finanziamenti dovevano essere approvati dal cda, utilizzavamo un modulo che, mi scusi chi mi ascolta, era denominato da tutti in BPVi 'handi", cioè a prova, mi scuso ancora, di handicappato...".

Se il termine usato dalla fu banca locale era a dir poco inopportuno se non insensibile verso chi ha problemi veri e non certo verso chi ha fatto svanire anche i risparmi di non pochi meno fortunati dei super gettonati vertici bancari,  la meraviglia (e, speriamo, lo sdegno) del collegio e del pm Salvadori, che stava interrogando Sandro Re, si è diffuso in aula.

Tutta o quasi tutta non lo sappiamo perché in quel momento, stupiti e indignati come ci siamo scoperti per la denominazione di quel modulo, non abbiamo rivolto lo sguardo verso gli imputati presenti, alcuni in primis, né potevamo rivolgerlo verso le centinaia di assenti ma corresponsabili perché il fenomeno della mala gestio, Emanuele Gatti dixit, era pervasivo "dai vertici ai cassieri...".

Noi diremmo, ci perdoni l'ispettore a capo del team tardivo (2015) della Bce ma anche dirigente di via Nazionale, "dai vertici di Banca d'Italia ai cassieri della Popolare vicentina fino a gran parte della comunità politica e dirigenziale locale, dalla procura di allora fino ai professionisti, anche forensi, e (im)prenditori di allora e... ora".

Nota

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