A prendersi la scena il 17 dicembre davanti al collegio giudicante del processo BPVi (presidente Deborah De Stefano, giudici latere Elena Garbo e Camilla Amedoro) e all’accusa (pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi) non poteva che essere Giampaolo Scardone, l’ispettore di Banca d’Italia, che ne uscì nel 2013 “promosso” dg di Cassa di Risparmio di Rimini poi int crisi e ceduta a Credit Agricole che lo rimosse) finito il 23 agosto 2017 nei titoli de Il Fatto Quotidiano con richiamo in prima (“Bankitalia, l’ispettore cieco sui crac bancari fa carriera” con occhiello “miracoli italiani: per 35 anni alla Vigilanza, ha bucato i disastri Mps e Pop Vicenza”) e poi una pagina e mezzo col titolo: “Bankitalia, la carriera dell’ispettore delle sviste in Mps e Pop Vicenza”.
All’accusa di non aver visto il derivato Alexandria quando nel 2012 ispezionò MPS e di aver ciccato nello stesso anno le baciate della BPVi Scardone, all’epoca dg di Carim, replicò “al Fatto… ma si prende una bastonata“, commentò il 30 agosto 2017 Rimini2.0.
Ebbene la testimonianza di Scardone al processo BPVi, con queste premesse, non può non lasciare dubbi ad esempio (molti altri ve ne verranno vedendo il video integrale qui proposto) quando afferma di
- non aver visto nel 2012 le baciate solo perché l’oggetto dell’ispezione era la qualità dei crediti (ne esaminò per 3.8 miliardi a favore di aziende medio-grandi e grandi tra cui nessuna di quelle “finanziate go and back” anche se nelle PEF, Pratiche Elettroniche di Fido, lo fa rilevare il difensore di parte civile Ciccotti, erano rintracciabili le partecipazioni azionarie dei clienti tra cui quelle nella BPVi stessa?)
- aver incontrato i suoi interlocutori in banca sempre insieme a suoi colleghi, anche se tra i dirigenti di BPVi, presenti in aula tra gli imputati o fuori tra gli “ascoltati”, non manca chi ricordi incontri a quattr’occhi, per carità solo… informali.
Non si è saputo, quindi, nell’udienza del 17 dicembre del processo BPVi come fossero stati, se a quatto o più occhi, i 4 o 5 incontri di Scardone con l’allora presidente Gianni Zonin ma, parola dell’ispettore “puntato” da Il Fatto con dei… fatti, a lui rappresentò le anomalie riscontrate ricevendone rassicurazioni sui rimedi futuri, tra cui l’eliminazione di eventuali conflitti di interessi nel cda in carica, e ricavando l’impressione che Zonin fosse “attento alle strategie aziendali (pur non sapendo – Scardone, ndr –, se queste si trasformassero in corretti flussi operativi), perfettamente a conoscenza del ruolo dei dirigenti e del funzionamento della banca, con una visione basata sullo sviluppo degli sportelli, sulla connessione con gli industriali e sul consenso della base sociale…“.
Zonin, che si lamentava di non aver ancora raggiunto il numero di sportelli desiderato (dal 2009 alla banca erano stati interdetti acquisti, una limitazione rimossa nel 2011 ma previe autorizzazioni specifiche degli organi di controllo), fu messo in guardia da Scardone, lo dice lui ai pm, che quella visione, pur legittima, “era priva di analisi critiche sulle conseguenze mentre doveva essere attenta a gradualità e prospettive di razionalizzazione della rete tanto più che la BPVi si era espansa ma la profittabilità era concentrata solo nelle aree di partenza mentre le grandi filiali producevano costi senza benefici“.
Giampaolo Scardone evidenza nella sua testimonianza come, oltre alla visione datata dello sviluppo della banca, avesse riferito a Zonin come stessero cambiando rapidamente e in maniera più severa le regole con un impatto negativo sui patrimoni invitandolo ad “applicare i criteri dell’ispezione all’analisi complessiva dell’Istituto per decidere di conseguenza…“.
Le raccomandazioni preoccupate di Scardone (tra cui quelle di pagare meno la raccolta e di deviare i crediti concessi verso ipotesi più profittevoli che non le grandi società) si accompagnano al rischio creditizio definito “preoccupante ma non abnorme” e alle sue critiche sul modello di sviluppo di difficile realizzazione.
Tutto questo pur nell’assenza di fari puntati sul fenomeno dei finanziamenti correlati: questi, se rilevati, spiega una volta per tutte l’ispettore all’avvocato Roetta (che riprova a “giocare” sulla esiguità dei 1.2 miliardi di baciate poi trovate provando a limitarne gli effetti solo in base all’esiguità sul totale degli impieghi), avrebbero portato alla loro detrazione dal capitali di vigilanza con un abbattimento proprio dei crediti erogabili nella proporzione, stanti i parametri attribuiti allora alla BPVi, di una euro per ogni 7.5 centesimi di finanziato… (diciamo oltre 15 miliardi in meno di crediti erogabili sui circa 34 concessi!).
E Bankitalia cosa decise all’epoca?
Giampaolo Scardone: “condivise i miei rilievi e l’esito dell’ispezione portò ad un giudizio sfavorevole misurabile in 4 punti sul massimo di 6“.
Il commento migliore alla deposizione lo traiamo da un’osservazione di un ex dipendente della Banca Popolare di Vicenza che sta seguendo il processo, come molti altri nostri lettori, grazie ai nostri video (in fondo la seconda parte della deposizione di Scardone): “Tutti continuiamo a chiederci come, pur avendo a disposizione le posizioni dei principali soci/affidati della banca e pur avendo accesso a tutte le procedure della banca (visione della pratica di fido e quindi data di perfezionamento/erogazione dell’affidamento, lettura del conto del cliente ecc.) gli ispettori non si siano accorti (dicono loro) dell’esistenza di casi di correlazione. Troppo comodo difendersi sostenendo che l’ispezione era sul credito!“.
N.B. I video integrali del processo BPVi, realizzati in esclusiva da questo mezzo anche grazie ai sottoscrittori al VicenzaPiù Freedom Club sono disponibili gratuitamente anche sul nostro canale YouTube mentre una loro selezione è proposta sul canale streaming VicenzaPiu.tv & LaPiu.Tv (qui il nostro palinsesto) visibile su Pc e tramite l’omonima App gratuita per l’ambiente iOs e Android.
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Giovanni Coviello