Dopo la classica declinazione delle generalità nell’udienza del 31 gennaio del processo BPVi alla prima domanda del pm Gianni Pipeschi (accanto a lui Luigi Salvadori) davanti al collegio con la presidente Deborah De Stefano, giudici a latere Camilla Amedoro ed Elena Garbo), ci ha fatto “preoccupare” il teste Giuseppe Ferrante, ora “anche” avvocato ma sentito soprattutto come responsabile della compliance (la funzione che detta l’aderenza alle norme e alle prescrizioni di autoregolamentazione per la riduzione del rischio, ndr), ruolo per il quale è stato sanzionato da Consob così come decine di dirigenti e membri del cda con somme record per Gianni Zonin e Samuele Sorato.
Pipeschi gli chiede, infatti, come sia arrivato alla Banca Popolare di Vicenza e Giuseppe Ferrante ricorda l’ingresso a 18 anni all’Accademia della Guardia di finanza, dove, divenuto ufficiale, fa carriera ricoprendo anche un ruolo apicale prima a Vicenza, per tre anni alla polizia tributaria, e poi a Milano, altri tre anni ad occuparsi di reati finanziari, prima di fare il salto diretto in BPVi il 1° febbraio 2006 ai tempi del dg Colombini e con Cauduro in squadra.
Il dr. Ferrante viene assegnato all’internal audit, poi si occupa del processo operativo contabile tra cui la compliance per l’antiriciclaggio, dal 2009 segue la revisione interna di Banca Nuova e di Prestinuova, le due controllate palermitane, poi a fine 2011 Cauduro gli propone di diventare responsabile della compliance…
La nostra preoccupazione (che Ferrante fosse l’ennesimo esempio degli uomini arrivati in BPVi alla corte di Zonin tramite le cosiddette “porte girevoli“, da finanzieri come lui a uomini di Banca d’Italia fino a magistrati e chi più ne ha più ne metta) arretra non tanto davanti alla sua giustificazione dell’abbandono della Finanza per vivere a Vicenza visto che la moglie è vicentina ma, soprattutto, per la competenza e la puntualità che mostra nell’illustrare i suoi passi formali per fissare con certosina precisione, in tanti ambiti, le norme il cui mancato rispetto si è, poi, rivelato fatale all’ex popolare vicentina.
Ma è dopo aver riascoltato i video della sua deposizione al processo BPVi (in copertina la fase dell’esame a seguire il contro esame) che alla preoccupazione iniziale e all’ammirazione professionale successiva si sostituisce un dubbio: di fronte alle sue norme e alle sue numerose richieste di verifiche non effettuate o mal effettuate il dr. Giuseppe Ferrante ci è parso, è un’impressione la nostra ma la sanzione Consob la sostanzia, essere stato messo lì, da chi contava, alla compliance perché a coprire un corpo non perfetto, quello strategico e operativo della banca, ci fosse un bel vestito, ben cucito e meglio indossato.
I suoi “insuccessi” nelle verifiche chieste sul caso Villa sono esemplificative.
Dopo l’opposizione del suo legale al decreto ingiuntivo della banca da cui era uscito per non continuare a fare baciate “chiesi un appuntamento al dg Sorato – dice Ferrante nell’udienza del processo BPVi –, però mi fu negato…“, “…allora dissi a Cauduro che era molto grave quanto descritto da Villa, che tutto quello mi impressionava visto che io avevo sempre lavorato perché la banca non fosse pro attiva nel proporre sue azioni mentre scoprivo che addirittura offriva soldi per comperarle…“, “pensando che la posizione di Villa non fosse isolata scrissi al responsabile dell’audio Bozeglav domandandogli di fare un’ispezione sul caso ma l’esito dell’ispezione non mi fu mai comunicato se non mesi dopo, a maggio 2015, dallo stesso Bozeglav“, “Bozeglav, a cui a un certo punto non chiesi più nulla visto che tra l’altro non era nemmeno di mia competenza farlo, mi disse che quell’ispezione in realtà l’aveva fatta, già a settembre 2014, e che il problema delle baciate era stato confermato, ma che il direttore generale Sorato, di cui era molto amico, gli diede ordine di non far circolare l’esito della verifica nemmeno in consiglio di amministrazione. Bozeglav mi confermò di essere stato ostacolato anche da Giustini“…
Frase questa contestata con forza dal suo avvocato difensore, Concetta Miucci, così come gli altri difensori hanno fato le loro obiezioni (vedi il video del contro esame).
Se i warning inutili lanciati da Ferrante sulle baciate ci risuonano, però, ancora nelle orecchie non è da meno quanto il “cantore” della compliance dice sui soci scavalcati nel vendere le loro azioni: “Il fenomeno ci venne riferito dall’Ufficio soci. Ci spiegarono come Sorato facesse da “regolatore” delle domande di vendita. Il dg sarebbe stato il deus ex machina nell’equilibrio tra acquisti e vendite delle azioni della banca…“.
E Ferrante? Ecco, a noi pare tanto che per lui e il suo ruolo in BPVi calzi non il detto “fai quel che il prete dice, ma non quel che il prete fa…” ma la sua mutazione: “fai dire a un prete quello che è bene fare, ma poi siano vescovi, cardinali e papa a decidere cosa fare“.
Con i soci come l’imprenditore Enrico Toffano, “baciato” per centinaia di migliaia di euro e anche lui ascoltato come testimone giovedì 31 gennaio.
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Giovanni Coviello
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