Processo BPVi 4 febbraio 2020 in video: Paolo Angius rifà il “signor Nessuno”, gli Hauser sognano Monaco, Erika Romanzi è marescialla di GdF

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Nell’udienza del processo BPVi del 4 febbraio, e potrebbe succedere di nuovo, il collegio giudicante (presidente Deborah De Stefano con giudici a latere Camilla Amedoro ed Elena Garbo) deve ascoltare due testi Laura Piussi, già componente del collegio sindacale, e Paolo Angius, ex vice presidente di Banca Nuova e componente del cda della BPVi, per i quali, pende da fine aprile la richiesta di archiviazione della procura, respinta, però, dal Gip Cristina Arban, che ha fissato per il 3 aprile l’udienza preliminare  che, molto probabilmente, sarà interlocutoria, visto che il magistrato ora è… in trasferimento presso altra sede.

Lo stallo, o il limbo fare voi, riguarda 18 tra consiglieri e sindaci che, dopo il rinvio a giudizio per ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e falso in prospetto, di Zonin, Zigliotto, Giustini, Piazzetta, Marin e Pellegrini (Sorato è “stralciato”)  si trovano ancora iscritte sul registro degli indagati sempre per aggiotaggio oltre che per false comunicazioni sociali ma che, per  i pubblici ministeri Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, dopo quasi quattro anni dall’apertura dell’inchiesta sul crac della popolare berica, “erano all’oscuro delle manovre che avrebbero ridotto sul lastrico decine di migliaia di piccoli azionisti e se anche qualcosa avevano intuito, non ci sono prove che possano attribuire a consiglieri e sindaci responsabilità di valore penale“.

La richiesta di archiviazione della procura, oltre che per Zonin e Zigliotto, in quanto già imputati per gli stessi fatti, e Sorato, la cui posizione dovrà essere definita dal gip per il filone principale, è stata avanzata per quindici componenti del Consiglio di amministrazione (Giovanna Dossena, Franco Miranda, Andrea Monorchio, Roberto Zuccato, Marino Breganze, Giorgio Tibaldo, Gianfranco Pavan, Nicola Tognana, Giovanni Fantoni, Fiorenzo Sbabo, Maurizio Stella, Vittorio Domenichelli, Alessandro Bianchi, Maria Carla Macola e, proprio, Paolo Angius) e tre componenti del Collegio sindacale (Giovanni Zamberlan, Giacomo Cavalieri e, per l’appunto, Laura Piussi).

Se, quindi, Laura Piussi, in quanto indagata per reato connesso, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere, l’avv. Paolo Angius si è sottoposto per ore (ovviamente senza il vincolo del giuramento di dire la verità…) alle domande dei pubblici ministeri Salvadori e Pipeschi e dei difensori degli imputati, tra cui gli avv. Ambrosetti (per l’imputato Zonin), Manfredini (Zigliotto) e Roetta (Marin).

Nel video integrale ed esclusivo della sua deposizione, che, al solito, vi proponiamo in copertina, l’avv. Angius, sardo ma anche siciliano oltre che girovago romano e “mondiale” per i rapporti e gli affari che cura(va), conferma quanto raccontò a maggio 2016 su l’Espresso, da noi ripreso e di seguito riportato*, il collega Vittorio Malagutti che lo definì “il ‘signor Nessuno’ BPVi, l’amico di Zonin entrato nei palazzi romani e siciliani” e ne sintetizzò così il profilo: “Dalla Popolare Vicenza al business degli aeroporti con il gruppo Eurnekian. E poi le frequentazioni siciliane, i rapporti con l’ex ministro Guidi e con Carrai, l’amico del premier. Affari, carriera e segreti di Paolo Angius”.

Angius è amico di tutti, su tutti dispensa pareri, di tutto conosce o suppone i retroscena: “conobbi Zonin tramite amici comuni e ne segui, inizialmente, una sua controversia con soci siciliani e un’attività di ristorazione del figlio a News York, poi entrai in Banca Nuova ecc.“, “di Mario Lio, a capo della task force post ispezione esiziale della Bce ad aprile-maggio 2015, ero amico da vent’anni…, fui io a relazionare il presidente sulle magagne scoperte dalla Bce“, “Marin fu il miglior dirigente mai avuto a Palermo“, “Zonin non tagliò la testa di Giustini come voleva Sorato perché stimava ed era affezionato al vice dg“, “Bankitalia voleva la fusione di Veneto Banca in BPVi, si parlò anche di un’ipotesi di Trinca presidente e Sorato amministratore delegato con Zonin relegato a fare il vice presidente di Cattolica“, “Zigliotto pareva in dissidio con Zonin ma non ho sentito delle voci che lo volevano desideroso della presidenza anche se le posizioni dei due si avvicinarono quando nacque la scelta di Stefano Dolcetta come successore del presidente” (che poi lo definì sciagurato, ndr), “Zonin aveva un forte potere di influenza sui consiglieri“…

L’avv. Angius insomma sa tutto o di tutto, salvo non ricordare, a precisa richiesta di conferma del pm, di aver detto a verbale che Giustini “gli riferì che Sorato gli aveva detto che Zonin sapeva da tempo di alcune di queste operazioni” e questo pur dopo aver ammesso che molte operazioni passavano per l’approvazione, dovuta, del consiglio di amministrazione presieduto da Zonin….

E salvo non ricordare il nome del professore che effettuava, anche quando lui era membro del cda della BPVi, le valutazioni dei titoli della banca: Mauro Bini.

L’indimenticabile… Mike Bongiorno avrebbe commentato come forse fece con la signora Longari: “peccato avv. angius, lei mi è caduto sul… volatile!“.

Ma a vincere il premio per la perdita di memoria sui milioni ricevuti per finanziamenti (chiesti all’amico di lungo tempo Gianni Zonin) e baciate in carico alla CMC (società immobiliare di Cortina e parte di una galassia con focus presso il Principato di Monaco) erano stati in mattinata Donata Irneri (che si giustifica con l’età e la rimozione dello shock per i denari persi mentre arrivava anche l’addio del marito) e il figlio che lei sottolinea con dolcezza ed orgoglio materni come si chiami Michelangiolo e non Michelangelo come invece lui depone di chiamarsi: Michelangelo Hauser.

Rampollo della signora Donata, titolare e/o alla testa lui stesso di quella galassia, nato a Trieste ma residente nel principato dei Ranieri, aveva riferito con la madre ai pm tra il 2016 e il 2017 di aver chiesto aiuto a BpVi nel 2013; avevano problemi, allora, di liquidità,, ottennero 3 milioni di fido mettendo a garanzia una villa, poi persa per ripagare il debito (fu comprata dal figlio…), ma nell’operazione era previsto in aggiunta l’acquisto di 1 milione di euro di azioni che, avendo detto la Irneri in Hauser a Zonin di non averne la disponibilità, arrivarono grazie all’imputato top del processo BPVi.

Se in aula la signora non rammenta nulla, perché “ho resettato tutto, ma se ho detto quelle cose saranno vere ma se n’è occupato mio figlio“, il pur giovane e pimpante Michelangelo testimonia così: “non ricordo nulla“.

Sorrisi di Zonin? Cercateli, se ci sono, nel video di sotto.

Ma nell’udienza del processo BPVi del 4 febbraio almeno o uno dei testi, il maresciallo della Guardia di Finanza Erika Romanzi, ricorda tutto delle verifiche documentali fatte e delle chat e mail acquisite di Massimiliano Pellegrini con, soprattutto, informazioni sui dati a lui chiesti da Sorato & c. nell’ambito di verifiche di vigilanza, che, però, per il suo avvocato sono la conferma della sua buona fede e della fiducia che i piani aziendali a supporto delle valorizzazioni delle azioni fossero realizzabili.

Dettagli? Nella video cronaca di sotto.

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Giovanni Coviello

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  • Paolo Angius, l’Espresso racconta il “signor Nessuno” BPVi, l’amico di Zonin entrato nei palazzi romani e siciliani

Tra i pochi Consiglieri d’amministrazione della Banca Popolare di Vicenza presenti alla storica assemblea del 5 marzo 2016, c’era anche lui, l’avvocato Paolo Angius: “personalmente ho sentito come un dovere andarci: lo dovevo ai dipendenti e ai mille soci giunti da Sicilia e Calabria” aveva dichiarato. Il settimanale l’Espresso nell’ultimo numero ne traccia un profilo dettagliato ricostruendo gli intrecci da Vicenza alla Sicilia, passando per Roma, dell’intricata serie di incarichi di quello che viene definito l’amico di Gianni Zonin, l’ex patron della BPVi.

da l’Espresso di Vittorio Malagutti

Mi mandava Zonin

Dalla Popolare Vicenza al business degli aeroporti con il gruppo Eurnekian. E poi le frequentazioni siciliane, i rapporti con l’ex ministro Guidi e con Carrai, l’amico del premier. Affari, carriera e segreti di Paolo Angius

Di sicuro il coraggio non gli manca. Il cinque marzo scorso, all’assemblea della Popolare di Vicenza, Paolo Angius si è presentato come se nulla fosse all’appuntamento con migliaia di azionisti inferociti. Quel giorno, tra gli amministratori uscenti della disastrata banca veneta, Angius è stato l’unico a metterci la faccia. Proprio lui, consigliere fidatissimo di Gianni Zonin, l’ex presidente della Popolare costretto poche settimane prima alle dimissioni tra fischi, insulti e indagini della magistratura.

Una foto pubblicata dal “Corriere della Sera”, edizione di Verona, ritrae il grande amico di Zonin nella prima fila della platea, seduto accanto a Luca Zaia, il governatore leghista del Veneto. Forse l’avvocato di origini sarde, 45 anni, contava sul fatto che pochi tra i soci fossero in grado di riconoscerlo. Angius, in effetti, non è il tipo che ama apparire. Non ne ha bisogno. In vent’anni di carriera, sempre lontano dai riflettori, si è costruito una rete di relazioni eccellenti. E anche a Roma è riuscito a farsi conoscere nei palazzi che contano.
L’ex ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, aveva trovato casa in un appartamento in pieno centro, a due passi da piazza di Spagna, che era nella disponibilità di Angius. Tutto finito, ormai. E il motivo sta scritto nelle cronache del mese scorso. Alcune telefonate incaute al suo compagno sotto inchiesta penale hanno messo fine anzitempo all’esperienza di governo della ministra Guidi, che forse ora non ha più bisogno di un pied-à-terre nella capitale. Poco male. L’avvocato della Popolare aveva già preso il volo. E da un pezzo. È lui, per dire, il signor Nessuno che ha gestito molti degli affari riservati di Zonin, dal Veneto fino in Sicilia. E anche a New York.
Nel 2011, come si legge nei documenti ufficiali, Angius era iscritto a libro soci come unico azionista della “Ma&Gia Osteria Italiana srl”, proprietaria del 50 per cento di un wine bar nel cuore di Manhattan. Solo nel giugno del 2013 i titoli sono passati alla Casa Vinicola Zonin per la cifra simbolica di 10 mila euro. «Mi sono occupato di alcuni aspetti tecnici dell’operazione, in particolare dei rapporti con la Food & Drug administration statunitense»», ha tagliato corto l’avvocato contattato da “l’Espresso”. Di sicuro il suo legame con Zonin si è fatto via via più stretto grazie soprattutto ai comuni interessi siciliani.
A Palermo infatti, ai bei tempi, il banchiere ora in disgrazia era tenuto in gran considerazione dai politici locali, a cominciare, una decina di anni fa, dal presidente Salvatore Cuffaro e poi dal suo successore Raffaele Lombardo. Non per niente Banca Nuova, controllata dalla Popolare di Vicenza, era diventata il terminale più importante della burocrazia regionale, come centro di tesoreria e pagamenti vari. Nel 2012 Angius è stato nominato vicepresidente dell’istituto con sede a Palermo, ma il suo ruolo effettivo andava molto al di là della carica formale. Il rapporto diretto con Zonin ne ha fatto il vero dominus dell’istituto siciliano dopo che, proprio nel 2012, aveva fatto le valigie l’amministratore delegato Francesco Maiolini.
Non è solo questione di banche. Anche nell’isola il signor Nessuno si trova al centro di una ragnatela di relazioni eccellenti. Lo troviamo per esempio sulla poltrona di vicepresidente di Gestair, la società che gestisce l’aeroporto di Trapani. È un’azienda a controllo pubblico, visto che la regione Sicilia ne possiede quasi il 60 per cento del capitale sociale. Un pacchetto azionario del 30 per cento circa fa però capo a una pattuglia di investitori privati riuniti sotto le insegne di una holding, la “Infrastrutture Sicilia”. Chi c’è dietro? La risposta è piuttosto articolata, ma aiuta a comprendere la rete di potere, e di poteri, che ha scelto Angius come proprio rappresentante. Si comincia con il miliardario argentino Eduardo Eurnekian, uno degli uomini più ricchi del suo Paese che ha fatto degli aeroporti un business multinazionale: ne controlla una cinquantina in Sudamerica. Anche a Trapani, l’azionista pubblico gli ha affidato la gestione dello scalo.
Il magnate argentino, 82 anni, origini armene, ha ormai messo radici in Sicilia dove ha fatto squadra con altri investitori come il gruppo bergamasco Radici e la Compagnia immobiliare azionaria, che fa capo all’editore Paolo Panerai (Class, Milano Finanza e altre testate). I due alleati di Eurnekian controllano quote di minoranza nella catena di holding che porta fino alla Infrastrutture Sicilia spa, proprietaria del 32 per cento del capitale dell’aeroporto di Trapani.
A questo punto va segnalato un fatto. Tra i soci della Compagnia immobiliare azionaria, che è quotata in Borsa, troviamo anche, via Lussemburgo, una società irlandese della Popolare di Vicenza. Angius è stato chiamato tra gli amministratori della Airgest di Trapani sin dal 2006. Da quelle parti non gli mancano certo le amicizie influenti. Il vicepresidente di Banca Nuova è molto legato, per esempio, alla famiglia D’Alì Staiti. Una famiglia, tra l’altro, di banchieri, fondatori di quella Banca Sicula che 25 anni fa passò sotto il controllo della Comit.
Antonio D’Alì da oltre vent’anni siede in Parlamento come senatore del partito di Berlusconi e due anni fa è uscito senza danni (in parte assolto, in parte prescritto) dal processo di primo grado (l’appello è in corso) per concorso esterno in associazione mafiosa. A ben guardare si scopre che l’avvocato di Zonin fino a poche settimane fa figurava anche tra gli amministratori della Marina dei Fenici spa, che aveva in programma la costruzione del porto turistico di Trapani. A febbraio la società è arrivata al capolinea con Giacomo D’Alì Staiti come liquidatore, ma tra gli azionisti, con una quota del 15 per cento, compare ancora adesso la Popolare di Vicenza. Nel frattempo però, l’attivissimo Angius è riuscito a farsi apprezzare anche da Eurnekian. Nel 2014 l’investitore argentino è sbarcato a Pisa con l’obiettivo di prendere il controllo del locale aeroporto, e l’avvocato nato a Cagliari, ma ormai siciliano di adozione, è diventato presidente della Sat (Società aeroporti toscani) che gestisce lo scalo pisano. Quello però era solo il primo passo di un piano ben più ambizioso. Gli scalatori puntavano a prendere il controllo anche dello scalo di Firenze, controllato da una pattuglia di enti locali: (Regione, Provincia, Camera di Commercio) insieme a F2I, il fondo finanziato da banche, fondazioni e Cassa depositi e prestiti. F2I si è fatto da parte per primo vendendo agli argentini la propria quota del 34 per cento.
Trovare un accordo tra pisani e fiorentini si è rivelato invece ben più difficile, in omaggio agli eterni campanilismi che dividono le due città. La fusione aveva uno sponsor del calibro di Matteo Renzi, l’ex sindaco di Firenze che all’epoca, nel 2014, era da poco approdato alla presidenza del Consiglio. A gestire il dossier degli aeroporti era Marco Carrai, l’amico del premier al centro di molti affari in Toscana e altrove.
Alla fine l’operazione è andata in porto. Il gruppo Eurnekian ha lanciato un’Opa in Borsa e dal giugno 2015 i due scali fanno capo a un’unica holding. «Ho cercato di mediare tra le parti», racconta Angius, che infatti ora viene accreditato di ottimi rapporti anche con Carrai, nel frattempo nominato presidente della neonata Toscana Aeroporti.
Sembra invece destinata a chiudersi in fretta la sfortunata, a dir poco, esperienza dell’avvocato di Zonin nella Popolare di Vicenza. Il consiglio di amministrazione della banca veneta, composto ancora in buona parte da rappresentanti della vecchia gestione, tra cui lo stesso Angius, dovrebbe presto uscire di scena per far posto alla squadra nominata dal nuovo azionista. E cioè il Fondo Atlante, creato e finanziato dal sistema bancario nazionale per evitare il crack dell’istituto vicentino. Sugli amministratori uscenti della Popolare incombono le indagini della magistratura, ancora in una fase preliminare, e anche le eventuali sanzioni che saranno decise dalla vigilanza di Bankitalia e dalla Consob.
«Nei mesi scorsi ho dato il mio contributo per fare chiarezza in banca», prova a difendersi Angius. Il quale è già pronto a ripartire con un nuovo incarico. Questa volta come amministratore della Zucchi, vecchia gloria dell’industria tessile nazionale da tempo in grave difficoltà. Gianluigi Buffon, il portiere della Juventus e della Nazionale, aveva rastrellato in Borsa il pacchetto di controllo della società. Poi però anche lui ha gettato la spugna. Quando il crack sembrava ormai sicuro, nei mesi scorsi si è fatto avanti il fondo francese Astrance capital, che alla prossima assemblea dei soci, in calendario per il 26 maggio, è pronto a nominare i propri rappresentanti nel consiglio Zucchi. E tra questi c’è anche Angius, l’amico di Zonin.