Per un problema procedurale l’udienza del processo Banca Popolare di Vicenza del 17 settembre ha subito una lunga empasse con discussione tra collegio giudicante, avvocati e publici ministeri in camera di consiglio, alla ricerca di un avvocato d’ufficio per il teste Stabile, indagato in un altro procedimento per bancarotta collegata a Bpvi. Si è reperito di corsa un difensore, ma la testimonianza alla fine è rimandata ad inizio ottobre.
È iniziata quindi la deposizione di Alessandro Felloni, testimone chiamato dalla difesa Giustini, entrato nel 2014 in banca come componente della rete commerciale. Felloni riferiva a Gianmaria Amato e in seguito a Gianluca Girardi. Una testimonianza chiara e incentrata sugli storni, con la spiegazione della ‘sbianchettatura informatica’: la stampa della schermata informatica e un’aggiunta scritta a mano.
Felloni ha sempre tenuto la copia originale di quello che gli era stato chiesto di fare, come dimostra un faldone sequestrato a Giustini durante le indagini: “c’è stato un momento in cui quei documenti hanno cambiato posizione, ma poi con l’arrivo di Iorio hanno ripreso la collocazione originaria“, ha ricordato il teste.
A livello contabile risultava come causale ‘storno commissioni al cliente’: “una motivazione molto generica che però non era rispondente alla realtà – precisa ai giudici Felloni – l’obbiettivo era quello di non far comparire i doppi rimborsi“.
“Gli storni – ha spiegato rispondendo alle domande dell’avv. Meucci – sono arrivati sul mio tavolo in quantità rilevante, una vera e propria impennata rispetto all’anno precedente: durante l’ispezione Bce mi è stato chiesto da Leoni un approfondimento sulla documentazione, per spiegare la motivazione“.
“Il meccanismo – aggiunge – prevedeva da una parte il flusso informatico e dall’altra la documentazione cartacea, l’indicazione che mi è stata data subito era di prestare attenzione alla causale, cioè non far apparire che fosse un richiamo diretto legato alle azioni e al capitale. Dovevamo fare delle correzioni, magari una ristampa ‘pulita’. La situazione era molto confusa: ho cercato di far notare che non aveva senso fare un rimborso senza motivazioni”.
“Il criterio degli storni era personale – conclude – e seguiva una linea gerarchica, secondo il rimborso più alto”.
Nel 2015 venne fatto capire a Felloni che era in vista il suo allontanamento dalla banca, anche se poi, in seguito ai cambiamenti al vertice, è rimasto in Popolare fino a giugno 2017.
A seguire nell’aula del tribunale di Borgo Berga si è seduta nel banco dei testimoni Veronica Marcuzzi, dal 2006 in Bpvi come dipendente all’internal audit e che dal 2014 è entrata nello staff di Pellegrini. Ancora oggi è dipendente Banca Intesa. Un testimone tecnico che ha spiegato i compiti sulle funzione dei controlli di rete, con relazioni semestrali e controlli sui particolari processi amministrativi. Marcuzzi è apparsa però titubante quando è stata incalzata dall’avv. Meucci e dal pm Salvadori sui rapporti con la società esterna di revisione Kpmg e i relativi controlli sul bilancio. In particolare una riunione del 2014 su 17 posizioni di finanziamenti baciati già segnalati da Kpmg.
Infine è stato sentito Tommaso Chiappini, broker finanziario che lavora a Londra, e contattato all’epoca da Bpvi per il Fondo Optimum: “pensavo fosse un’operazione legata alla trasformazione in spa“, ha dichiarato spiegando i particolari dell’acquisto e successiva dismissione chiesta da Vicenza dopo l’inizio del crollo bancario.
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