Dopo 114 udienze e quando ne mancano 2 (il 15 e il 18 marzo) prima della sentenza che il collegio giudicante (presidente Deborah De Stefano e giudici a latere Elena Garbo e Camilla Amedoro) si pronunci sulle richieste di condanna dei pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi per complessivi 51 anni agli imputati, di cui 10 per Gianni Zonin, facciamo il punto con Renato Bertelle, l’avvocato di un buon numero di parti civili private e tra i più presenti in aula insieme ai colleghi Michele Vettore e Paolo Ciccotto.
Per lui la situazione è chiara e la sua video intervista “fotografa” la sua analisi il cui senso, sinteticamente, è questo: “l’impianto accusatorio dell’accusa è stato ampiamente supportato dalle prove documentali e testimoniali. I dirigenti ben consapevoli di quanto avvenisse e fosse avvenuto in via Btg. Framarin e ancora di più lo era Gianni Zonin. Ma nel processo manca tra gli imputati Banca d’Italia, addirittura ammessa tra le parti civili pubbliche. È per questo che ho chiesto al collegio di non riconoscere danni a chi con i suoi ispettori guidati da Carmelo Barbagallo non ha aperto o addirittura ha chiuso i suoi occhi a cui nulla doveva né poteva sfuggire...”.
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