Ancora una volta l’avv. Enrico Ambrosetti, difensore nel processo BPVi del suo “amico” Gianni Zonin, presidente per quei 20 anni della Banca Popolare di Vicenza ora in Lca dopo esserne stato membro del Cda per 16 anni, cita nella sua arringa finale contro l’iniquità e la predeterminazione, a suo parere, del procedimento in via di conclusione il titolo di un testo di un principe del foro come l’accademico bolognese Filippo Sgubbi scomparso il 20 luglio 2020: “Il diritto penale totale. Punire senza legge, senza verità, senza colpa“.
Attendiamo di conoscere se, dopo l’ultima udienza delle difese, quella della BPVi in Lca fissata per l’11 febbraio, e dopo le repliche fissate per il 15 marzo, il collegio giudicante (presidente Deborah De Stefano, giudici a latere Elena Garbo e Camilla Amedoro) non accetterà la rinnovata richiesta di incompetenza territoriale (per il reato più grave di falso in prospetto il foro competente per Ambrosetti sarebbe Milano) e se accoglierà in toto o in parte o se accrescerà le richieste di condanna avanzate contro gli imputati dai pm Gianni Salvadori e Luigi Pipeschi (quantizzate in 51 anni complessivi di cui 10 per l’ex presidente Zonin), spesso apparentemente blanditi ma di fatto derisi dalla retorica del legale vicentino.
Il compito non sarà facile perché, se sarà assoluzione per gli imputati, a sentirsi gabbati (o feriti) per la seconda volta dopo l’azzeramento dei 6 miliardi di euro delle azioni da loro possedute saranno i soci azzerati.
Ma se, secondo il ragionamento “allusivamente minaccioso” di Ambrosetti, arriverà una condanna questa sarà giù stata scritta dall’opinione pubblica e dai media (quali tra quelli sparuti presenti alle finora 113 udienze dibattimentali?!).
I nostri lettori sanno come la pensiamo (sono troppo pochi e per reati minimali gli imputati mentre Banca d’Italia è addirittura seduta tra le parti offese, come ora lamentano anche molti legali, di parte civile e delle difese) visto che del crac in arrivo della BPVi cominciammo a scriverne, documentandolo, fin da agosto 2010 (cfr “Vicenza. La città sbancata“).
Fummo fin da allora solitarie e inascoltate Cassandre, poi e ancora ora vessate in tribunale proprio da Zonin, intollerante di ogni critica alla sua, oggettivamente, fallimentare gestione, se colposa o dolosa lo deciderà il collegio, che rispettiamo senza condizionarlo con la forza del potere mediatico, ben più misero dei poteri che supportarono l’ascesa del presidente praticamente a vita di Gambellara.
Ma noi siamo diversi da Gianni Zonin (né migliori, né peggiori, ci basta essere diversi per poter guardare in faccia i 118.000 soci azzerati dalla sua ex BPVi) per cui, fin da ora, se dovesse essere vero che abbiamo assistito a 113 udienze di un “processo senza legge, senza verità, senza colpa”, come ha accusato (messo le mani avanti?) più volte Ambrosetti, concediamo fin d’ora al colpevole predestinato l’onore delle armi pubblicando, prima dei video integrali delle due parti degli interventi di oggi del suo legale, quello con la parte finale della sua arringa in cui chiede con forza o la pronuncia di incompetenza territoriale del tribunale di Vicenza (una mina messa lì per futuri ricorsi) o l’assoluzione per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste.
Pubblichiamo subito quello stralcio di video perché, a vantaggio del colpevole predestinato, ne rimanga più impressa la memoria, senza che l’appello finale non rimanga solo il finale di una lunga arringa del noto legale vicentino.
Legale noto anche per le sue bugie o per le sue verità… “diverse”:
- se Zonin, a dimostrazione della sua incapacità di dirigere dallo scranno più alto una banca (cosa che, però, fece incassando lauti gettoni di compenso, tre volte maggiori di quelli di Mattarella e di Obama) non era che un imprenditore agricolo, Ambrosetti ha sorvolato che la Zonin spa sotto la guida capace del vignaiolo di Gambellara, insignito del Cavalierato del lavoro, fosse divenuta una delle aziende più grandi del sistema vitivinicolo (grazie anche ai noti finanziamenti di BPVi…?);
- se Zonin era, in fondo, un viticoltore e un vinificatore è anche vero che lui, che si firmava sempre, anche nelle denunce contro di noi, come Dottor Cavaliere Gianni Zonin, avesse una laurea in legge, a meno che il non ricordare la tesi discussa a Camerino non implicasse qualche inconsueto modo di conseguirla;
- se Zonin mai subì nei suoi ottanta anni di vita una contravvenzione, come definisce l’avv. prof. Enrico Ambrosetti, che so, la “sanzione” di 80.000 euro inflittagli definitivamente (qui la situazione complessiva) proprio dalla Consob…?
Potremmo continuare nell’elencare le “imprecisioni”, le “mezze verità”, le “distorsioni” con cui Ambrosetti ha contrastato le prove dei pm che lui ha definito indizi non provati.
Ben altre nella sua tre giorni di arringhe sono state le “imprecisioni”, le “mezze verità”, le “distorsioni” dell’avv. prof. Enrico Ambrosetti (lo conosciamo bene per le requisitorie che pronuncia contro di noi con lo stesso stile, ben diverso dal rigore del prof. Dominioni o del prof. Manes delle cui argomentazioni si è più volte appropriato) ma se “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova“, beh, forse, ai suoi errori, se ce ne sono stati, di scelte di operazioni, di strategie e di dirigenti, Zonin deve aggiungerne un altro: aver scelto un avvocato che non ha tra le sue qualità quello di dire la verità, sia pure a vantaggio del cliente difeso, che sia almeno formalmente tale “al di là di ogni ragionevole dubbio“…
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Grazie, Giovanni Coviello