Nuova tappa di avvicinamento oggi, in un nuovo sabato di lavoro straordinario in Tribunale, verso l’avvio di un processo molto atteso sul crac della Banca Popolare di Vicenza per via del devastante impatto sociale che la vicenda ha avuto sul territorio. Il giudice dell’udienza preliminare Roberto Venditti ha passato in rassegna la restante metà di richieste di costituzione di parte civile riservandosi la decisione nella prossima udienza di sabato 3 febbraio. Nel frattempo è stata chiusa la possibilità per nuove richieste, sempre possibili comunque successivamente dopo l’eventuale rinvio a giudizio, sicché sabato prossimo sarà ben definita la platea delle parti civili.
Gli oltre cinquemila richiedenti ripongono una certa fiducia nel varco aperto dal Tribunale di Roma, nell’omologa udienza preliminare per il dissesto di Veneto Banca, con l’accoglimento pressoché totale delle richieste di costituzione.
Su questo terreno si sta determinando, soprattutto per gli studiosi del diritto e dell’evoluzione giurisprudenziale, un intreccio interessante di fattispecie giuridiche e di situazioni fattuali nuove o comunque non corrispondenti a vecchie categorie tradizionali.
E’ il caso dell’autorizzazione concessa dal Tribunale di Roma alla citazione in giudizio di Intesa San Paolo come successore di Veneto Banca. In questo caso la richiesta era stata avanzata anche nei confronti di Veneto Banca, oltre che di Bankitalia, Consob e della società di revisione. Il giudice l’ha ammessa solo per Intesa San Paolo nel presupposto che non si fosse mai interrotto il collegamento, in termini di gestione delle posizioni attive e passive, tra la banca fallita e l’istituto che di fatto le è subentrata.
Stesso risultato le parti civili e soprattutto le organizzazioni dei consumatori si attendono a Vicenza, considerata l’analogia di situazioni. In entrambi i casi infatti a subentrare è la stessa banca, per effetto di una stessa disposizione normativa, il decreto legge di giugno scorso.
Quanto alla decisione sull’ammissione delle parti civili, c’è però un aspetto a suggerire cautela. Mentre il gup Ferri a Roma le ha accolte tutte non essendo in possesso di elenchi nei quali vagliare – e se del caso differenziare – le varie posizioni, sicché la scelta dell’accoglimento integrale è stata dettata dalla necessità di non bloccare per mesi il processo in attesa di tali elenchi, a Vicenza essi ci sono già e il gup Roberto Venditti potrebbe entrare nel merito, distinguendo caso per caso e, per esempio, dando rilievo alle aspiranti parti civili che abbiano sottoscritto l’offerta pubblica di transazione che peraltro vietava loro di agire in giudizio.
Nel caso di Veneto Banca essa prevedeva il rimborso, al netto delle vendite, del 15 per cento del valore pagato per l’acquisto di azioni tra l’1 gennaio 2007 e il 31 dicembre 2016, mentre per BpVi, il valore concordato in tali transazioni era secco di 9 euro per ogni azione la quale, prima della crisi, ne valeva tra 60 e 62.50 euro.
Un altro elemento interessante che, in questo ginepraio di situazioni di fatto che incrociano nuove valenze giuridiche in via di definizione, viene in rilievo è la questione di legittimità costituzionale del decreto legge 99 del 25 giugno che esonera espressamente Banca Intesa da ogni responsabilità verso le vittime degli istituti ai quali essa è subentrata. Una legge che potremmo, con un sempre efficace latinismo, definire “ad argentariam” (è appositamente applicabile ad una banca, Intesa appunto) e “contra personas” in quanto penalizza specificamente, escludendoli da possibilità risarcitorie, i soci e gli acquirenti di prodotti finanziari subordinati.
La continuità della responsabilità civile ha già recenti precedenti giurisprudenziali, in occasione del subentro di Ubi a CariFerrara, CariChieti e Banca Marche. In questi tre casi altrettanti tribunali hanno sancito la responsabilità risarcitoria della banca subentrante ma, in tali situazioni, non c’era un atto normativo specifico a disciplinare direttamente e pesantemente le situazioni in atto.
Ecco perché è stata sollevata l’eccezione di incostituzionalità: il decreto varato dal governo Gentiloni violerebbe innanzitutto il principio di uguaglianza delle vittime dei dissesti bancari in quanto quelli delle due banche venete sarebbero privati di ogni azione risarcitoria senza alcuna motivazione plausibile e inoltre permane la situazione grottesca della mancata pubblicazione di un provvedimento che dica con esattezza, sette mesi dopo, che cosa esattamente sia stato ceduto. La ricostruzione dettagliata delle partite oggetto del trasferimento delle banche venete a Intesa San Paolo avrebbe dovuto essere fatta prima e non dopo e anche questo è motivo di eccepita incostituzionalità.
Le due udienze preliminari in corso a Roma e Vicenza procedono in parallelo, con la prima in fase più avanzata, verso un risultato – di proscioglimento o di rinvio a giudizio degli imputati – che dovrebbe maturare nel mese di marzo.
A Roma si riprenderà il 16 febbraio con l’esame delle ultime questioni preliminari, come quelle della competenza territoriale.
A Vicenza invece sabato prossimo il gup scioglierà la riserva emettendo la decisione cui il Tribunale di Roma è già pervenuto: vedremo se in modo conforme, come sperano le organizzazioni dei consumatori, o difforme come auspicano le banche e la difesa degli imputati coinvolti. Che a Vicenza sono la BpVi come persona giuridica e sette loro ex dirigenti accusati di aggiotaggio, ostacolo alle attività di vigilanza e falso in prospetto: l’ex presidente Gianni Zonin, l’ex direttore generale Samuele Sorato (la cui posizione però, stralciata per legittimo impedimento per motivi di salute sarà vagliata in un’apposita udienza fissata l’11 gennaio prossimo), l’ex consigliere d’amministrazione Giuseppe Zigliotto, gli ex vicedirettori Emanuele Giustini (responsabile divisione mercati), Andrea Piazzetta (area finanza), Paolo Marin (divisione crediti), nonché il dirigente che redigeva materialmente il bilancio Massimo Pellegrini.