Processo BPVi, il Comune di Vicenza non era sabato in fila a costituirsi parte civile con altri 3.500 vicentini. Variati ha perso la sua ultima occasione per essere ricordato… bene

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Sabato 21 aprile in altri 3.500 vicentini sono accorsi a costituirsi parte civile o a confermare gli atti già sottoscritti nel processo BPVi approfittando dell’udienza in cui il gip Roberto Venditti ha iniziato l’esame della richiesta di riunificazione dei due filoni di indagini contro i 7 imputati, con in testa Gianni Zonin e   Samuele Sorato (la cui posizione è stata, però, stralciata), di aver generato il crac pagato da oltre 110.000 soci risparmiatori con l’azzeramento delle loro azioni: un flop da 6 miliardi circa senza considerare i danni ulteriori connessi a circa 10 miliardi di NPL ora in mano alla SGA.

Tra quei 3.500 che provano questa via non solo per tentare un improbabile recupero dei loro soldi, spesso risparmi di una vita, ma anche, se non soprattutto, per cercare una giustizia che renda loro almeno la dignità di persone, non ci risulta che ci sia stato, nè abbiamo letto annunci pomposi al riguardo, il Comune di Vicenza, che ne ha pieno diritto essendo titolare di alcune azioni.

Da tanto tempo lo abbiamo chiesto al sindaco Achille Variati, per noi troppo vicino e troppo poco attento a chi ha operato a danno dei cittadini in quella banca o, fa lo stesso, troppo lontano da chi da tempo lo aveva messo al corrente dei rischi di un’alluvione economica di portata ben maggiore di quella fisica del 2011, della cui gestione l’amministrazione uscente giustamente si gloria.

Noi abbiamo chiesto che il comune di Vicenza si costituisse parte civile da quando il processo è iniziato, e altri hanno fatto pressione in tal senso in consiglio comunale, nessuno o quasi sulla stampa locale, finchè non se ne è assunto pubblicamente l’impegno anche Achille Variati, ultimamente frequentatore assiduo e contrito delle assemblee (funebri) sul dramma annunciato a cui ai piani alti di Palazzo Trissino si è prestata l’attenzione delle tre scimmie.

Ebbene la Costituzione di parte civile del comune, come in parte per i soci truffati, avrebbe avuto un alto significato morale e un’utile motivazione pratica: la dimostrazione reale di vicinanza alla comunità stuprata e l’accesso agli atti con possibilità di intervento degli avvocati comunali a tutela degli interessi generali, anche di conoscenza di fatti e antefatti, e, magari, per chiedere insieme agli altri “poveri cittadini” il coinvolgimento nella chiamata alla responsabilità del risarcimento anche della sempre più ricca Intesa Sanpaolo che per 50 centesimi ha fatto banco della parte buona, ancora tanta, della banca vicentina.

E invece no, Achille Variati ancora non ha sciolto le briglie ai suoi legali sabato 21 così come non aveva ancora deciso all’inizio del processo di stare vicino ai primi 5.000 soci che si erano costituiti sciogliendo le riserve su un atto semplicemente dovuto alla città e al territorio in cui ha regnato per dieci anni insieme al sistema di cui i vertici bancari erano espressione se non strateghi.

Direte che tecnicamente la costituzione di parte civile avrà ancora un momento, l’ultimo, disponibile: quello della prima udienza del dibattimento.

Ma, se il significato del gesto doveva essere quello di una pronta solidarietà morale ai propri concittadini e se la motivazione era il poter influire attivamente sugli atti processuali a loro tutela, quel giorno, ancora da collocare nel futuro, sarà da ricordare solo come quello della ipocrita pavidità di una classe governante. 

Noi siamo sognatori, certo, ma come si può pensare di dare una sterzata a questo mondo che non ci piace se non sognando?

Cosa?

Che il nostro sindaco uscente (prima della Costituzioen di parte civile?) ci avesse dimostrato di essere veramente il “primo” cittadino di Vicenza costituendosi subito in nome del Comune di Vicenza e acquisendo con gli avvocai comunali tutti gli atti delle indagini.

Se la città ufficiale, di cui Variati è stato, salvo amnesie alla Zonin, il deus ex machina per dieci anni sognando ora un ruolo in città alla Giorgio Napolitano de noantri, se il suo governo, dicevamo, ha trovato centinaia di migliaia di euro per la mostra di Marco Goldin, sia tramite aziende pubbliche che tramite la Fondazione Roi, chi non gli avrebbe reso merito se avesse cercato e trovato il modo di stanziare o di sollecitare “sponsor” che gli donassero i soli 75.000 euro che servono ancora oggi per avere tutti gli atti (circa un milione di pagine) da “rendere disponibili” ai legali dei soci ora senza denari e, subito dopo, alla città tutta come documento da studiare per scacciare l’immagine incombente sul passato delle tre scimmie?

Se nulla di definitivo oggi lascia Variati, quei 75.000 euro, per aiutare i cittadini derubati a tutelarsi in tribunale e tutti gli altri a ricostruire la verità sul sistema Banca Popolare di Vicenza, sarebbero stati un lascito così memorabile da far apparire una monetina i cento milioni di patrimonio lasciato a Vicenza dal marchese Giuseppe Roi per la sua suo omonima fondazione.

Anch’essa demolita dal sistema che è duro a morire, come dimostra l’assenza del Comune di Vicenza nella fila di ieri davanti al tribunale…