Un regime di controllo ”militare” in banca emerge per la prima volta durante il processo BPVi (qui tutte le udienze, ndr). Il secondo giorno di interrogatorio dell’ex vice dg Emanuele Giustini, imputato insieme a Zonin, Zigliotto, Piazzetta, Marine Pellegrini oltre alla banca stessa in Lca per responsabilità amministrativa – ha raccontato che “Sorato all’epoca aveva un Ipad collegato alle telecamere e mi controllava anche se andavo in bagno o a prendere un caffè. Quando andavo nell’ufficio del presidente Zonin, il dg dopo poco mi telefonava per saperne il motivo. Sapeva tutto di noi e dei nostri spostamenti“.
La presidente del Collegio giudicante Deborah De Stefano stupefatta è intervenuta con un sorriso imbarazzato in aula chiedendo: “ma non avete fatto presente che ci sono questioni di privacy?“…
Poi Giustini accenna ad un altro fatto inquitante: “sapevamo che Sorato teneva una pistola nella borsa, un giorno ce la fece anche vedere“.
Nei corridoi del palazzo di Giustizia si è avuta conferma che si sarebbe trattato di una 44 Magnum trovata anche durante una perquisizione ed è stato anche ricordato l’episodio di un proiettile rinvenuto in fondo ad una valigia durante un controllo aeroportuale mentre l’ex direttore generale era di ritorno da un incontro con la Bce. Va rilevato, sempre secondo le stesse voci, che Sorato aveva un regolare porto d’armi in quanto cacciatore sfegatato.
Dalla deposizione di Giustini nell’udienza odierna del processo BPVi ancora in corso emerge, comunque, un clima di terrore e di controllo serrato: deciso in autonomia da Sorato o l’input è partito da più in alto?
Se le telecamere erano ben accese, anche per aspetti secondari, i microfoni restavano spesso, invece, spenti durante le decisioni apicali della banca: “e le trascrizioni dei Cda erano diverse – ha puntualizzato in più occasioni Giustini -; spegnevano i microfoni e quanto veniva sintetizzato da Sommella, il segretario generale, nei suoi verbali non riportava tutto quello che veniva detto. Gran parte delle volte era Zonin che chiedeva di non registrare, adducendo motivazioni legate a concorrenti, osservazioni su Consob e Banca d’Italia e altri argomenti delicati”.
In aula somo stati fatti ascoltare dai pm Salvadori e Pipeschi nel pomeriggio gli audio di alcuni cda. Si inizia da quello del 28 ottobre 2014, presenti tutti i vicedirettori generali: si discuteva della lettera Bce e Sorato rilevò che c’era la crisi, non si poteva più fare come due anni prima quando aumentavamo il valore del mutuo per acquistare azioni, era insostenibile dalle famiglie per la crisi.
Quindi un altro audio del novembre 2013 con la voce di Zonin che afferma che “il problema delle Popolari è che quando non hai più il fondo azioni proprie sei finito“, e si riferisce al management con un “lavorano male“, chiedendo poi di non verbalizzare.
Zonin e il suo avvocato Ambrosetti si sono animati contro queste rivelazioni ma la giudice ha respinto la contestazione e proseguito col processo.
Poi altri audio, del 2012 e 2013:
“Sono la prova che la prassi delle operazioni correlate parziali erano condivise e conosciute da tutto il cda e dal collegio sindacale“, fa notare Giustini. L’udienza col “terremoto” di Giustini continua…
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