Processo BpVi, Roetta (difesa Marin): “pena più grande è scoprire che Bankitalia è intoccabile”

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Processo BPVi, Lino Roetta, difensore di Paolo Marin in aula in I° grado l'avvocato
Processo BPVi, in aula in I° grado l'avvocato Lino Roetta, difensore di Paolo Marin

Sono iniziate oggi mercoledì 13 gennaio le arringhe delle difese degli ex membri del cda e dei dirigenti della Banca Popolare di Vicenza imputati al processo BPVi per i quali il 15 dicembre i pm Salvadori e Pipeschi hanno chiesto complessivamente oltre 50 anni di condanna.

Ad aprire questa fase processuale, l’ultima prima di eventuali contro deduzioni previste per il 9 marzo, data dopo la quale ogni giorno sarà buono per conoscere la sentenza del collegio composto dalle giudici De Stefano, Amedoro e Garbo, è stato l’avvocato Lino Roetta difensore di Paolo Marin, ex vice direttore generale a capo dei crediti, per il quale chiede l’assoluzione piena, mentre i pm hanno chiesto 8 anni e 2 mesi.

Durante l’arringa di Roetta sono tornati più volte i nomi di Samuele Sorato e Gennaro Sansone. Nel primo caso il difensore di Marin ha definito Sorato il “grande assente di questo processo” (il suo, stralciato, inizierà domani 14 gennaio), perché l’ex dg avrebbe potuto meglio di tutti spiegare ciò che avveniva in BpVi, per esempio la questione delle baciate. Nel secondo caso l’ispettore, nel 2012, attuale vicedirettore di Bankitalia, secondo Roetta sapeva benissimo che tipo di operazioni venivano effettuate e aveva anche un canale diretto con Sorato: “la peggior pena di questo processo è scoprire che Bankitalia è intoccabile”.

Marin, quindi, si è limitato per il suo difensore ad eseguire gli ordini, anche perché, sostiene l’avvocato, non aveva gli strumenti conoscitivi adatti per contestare quelle operazioni: “si è fidato di chi ne sapeva di più, se mi dicono che queste operazioni si possono fare io mi fido“. E poi, ha aggiunto Roetta, è stato l’unico licenziato, “perché rompeva le scatole“.

Sono arrivato fin qui con grande sofferenza – ha esordito Roetta – nel trovarmi a dover difendere un amico che so essere innocente. Del resto se avessi pensato che fosse colpevole gli avrei suggerito una diversa strategia difensiva“.

Roetta ha impostato la sua arringa prima sul ruolo di Marin, cioè su quello che poteva o non poteva fare, in relazione alle accuse di occultamento di capitale, di cui Marin secondo l’accusa sarebbe stato il custode, ma secondo Roetta di questo non ci sono le prove. Poi sui suoi rapporti con gli altri membri del cda e con i vertici. “La divisione crediti è l’unica che non ha obiettivi di bilancio ed è anche quella meno interessata – ha detto, aggiungendo che -; la divisione crediti non può cambiare la natura dell’operazione della pratica. I controlli di linea e di gestione non appartengono alle competenze della divisione crediti”.

Il vero grande problema della popolare  – ha aggiunto ancora Roetta – era proprio il tema dell’organizzazione aziendale verticistica, il fatto di non aver avuto Sorato in questo processo è stato un vulnus per la difesa. Certi accadimenti solo lui poteva spiegarli, per via del suo desiderio ossessivo di sapere tutto, di essere a capo di tutto. Non c’erano rapporti tra i membri del cda perché Sorato faceva di tutto per rompere il gruppo. Uno sa quello che fa, ma sa una parte, non c’è una visione globale, non c’erano momenti di condivisione collettiva, Marin non era coinvolto, il mercato secondario non era il suo ambito. È evidente il livello di intrusione di Sorato, anche nelle varie filiali, solo lui voleva essere interlocutore del cda”.

Roetta ha sottolineato più volte che né gli ispettori della Banca d’Italia, né la Guardia di Finanza, hanno mai contestato nulla a Marin per quando riguarda il suo ambito e che non ci sono le prove empiriche e scientifiche dell’occultamento di capitale da parte sua e che lui sapesse che le operazioni erano tutte a tempo (con una scadenza). “Se secondo l’accusa Zonin sapeva tutto – ha aggiunto Roetta riferendosi alle operazioni cosiddette baciate  – come può accusare Marin di non aver detto tutto a Zonin?”. Secondo Roetta quindi la non colpevolezza di Marin per quanto riguarda l’occultamento di capitale sarebbe implicitamente provata anche dalla stessa tesi accusatoria nei confronti di Zonin.

Dopo avervi ricordato che per tutti i legali di parte civile intervenuti “oralmente” abbiamo pubblicato i relativi video (clicca qui), che per gli atti del processo (che abbiamo seguito in tutte le udienze, clicca qui) potete andare sulla sezione dei File Premium del nostro sito BankiLeaks.com dove sono disponibili tutti i verbali, che il collegio (De Stefano, Garbo ed Amedoro) deciderà a marzo, dopo le arringhe delle difese iniziate oggi 13 gennaio con quella di Marin e si concluderanno il 9 marzo con quella della BPVi in Lca, sulle pene proposte dall’accusa rappresentata dai pm Salvadori e Pipeschi (per Gianni Zonin 10 anni di reclusione dei 51 complessivi chiesti per gli imputati), ecco di seguito la trascrizione

Presidente del collegio –  Prima di dare la parola all’Avvocato Roetta, comunicazione di servizio…

Arringa della Difesa, Avv. Roetta

DIFESA, AVV. ROETTA – Presidente e Signori del Tribunale, devo confessare che mai ho sofferto così tanto in un processo; ho sofferto, credo, quasi fisicamente in taluni frangenti, perché purtroppo mi è capitato quello che non dovrebbe mai succedere in un processo: difendere una persona della quale sei amica da qualche decennio e che sai essere assolutamente innocente nella forma più pura del termine. E vi confesso che in talune occasioni mi sono anche interrogato se forse non sarei stato più di aiuto alla difesa di Paolo Marin, se non avessi fatto il suo Difensore ma fossi venuto qui a testimoniare e a riferirvi quello che in tempi non sospetti magari avevo saputo, mi aveva detto, mi aveva confidato. Questo per darvi il senso della sofferenza che ho sentito in certi momenti perché, faccio l’esempio: quando Rizzi raccontava di una cena, io ero a quella cena e sapevo che non era del tutto vero quello che il buon Rizzi, nel suo confuso ricordo, diceva; valeva poco ma sappiamo come funzionano i meccanismi di essere stati involontari testimoni di determinati passaggi, per cui più volte mi sono interrogato di

page5image35674496questo. Dopo ho trovato una frase di Calamandrei, che mi è venuta in mente: “Come tutte le divinità, la giustizia appare solo a chi ci crede”. E io credo profondamente nella giustizia, ci credo profondamente e penso e spero che alla fine di tutto quanto la giustizia apparirà a tutti. Però devo anche dire che in tanti passaggi di questo processo mi sono trovato veramente a disagio: a disagio per come veniva rappresentato nella realtà, per com’è stata fornita una ricostruzione, che mi viene da dire è stata distopica, distopica rispetto al reale avvenimento dei fatti. Mi sono trovato a disagio perché abbiamo avuto una sorta di imputazione magmatica, per cui dovevamo difenderci da cinque fronti, che poi alla fine abbiamo visto ridursi a uno e del quale poi dirò. Faccio un esempio: abbiamo dedicato quasi un’intera udienza al maresciallo Basile perché a un certo momento, tra le ipotesi che venivano contestate, era che il mio assistito, durante l’ispezione del 2012, avrebbe in qualche modo orientato/selezionato la documentazione che doveva essere prodotta agli Ispettori di Banca d’Italia; e tutto questo avveniva sul presupposto che dal 19-20 giugno 2012 in poi non era più richiesto il visto di Claudio Ambrosini, ma improvvisamente appariva quello di Paolo Marin per l’inoltro agli Ispettori. E il maresciallo Basile diceva: ‘Eh, sì, quando i temi dell’ispezione vanno sul punto caldo, improvvisamente chiedono il placet di Marin’. Come dire: vediamo cosa dargli, vediamo cosa non dargli. E tu dici: ma c’è la e-mail di Bozeglav del 19 giugno con Marin, che dice: siccome Ambrosini va in ferie chi è che deve dare il placet? Come poi vi ha detto anche Ambrosini, quando sentito. Questo per dire come tante volte la Difesa si sia trovata a doversi difendere da cose, che poi risultavano smentite per tabulas, solo a guardare meglio i fatti e le occasioni. Così pure, sempre col maresciallo Basile, la Parte Civile Banca d’Italia voleva dimostrare che il flusso informativo, questo scambio di e-mail era alimentato e fatto solo in funzione del capitale finanziato, delle posizioni delle quali poi vedremo, e poi si arrestava per l’altro; tanto che ho dovuto produrre non so se novanta o cento e-mail per dimostrare che il flusso informativo c’è sempre stato per tutta la durata dell’ispezione. Poi abbiamo dedicato non so quante udienze per dimostrare che il mio cliente non è stato limpido esemplare, ha tratto in errore e in inganno il CdA, il Pubblico Ministero ha detto: fa un’esposizione un po’ “ipocrita”. Oppure altre udienze per dimostrare che aveva volontariamente partecipato all’occultamento del fenomeno del capitale finanziato, tenendolo nascosto alle strutture di controllo, occultandolo in modo che né Audit né Ufficio Legale potessero ravvisarlo, “intercettarlo” (per usare il termine che è stato detto). E alla fine abbiamo visto che tutto questo si è ridotto, se non ho male inteso, al fatto che la responsabilità sarebbe perché: comunque tu sapevi che tutte le operazioni relative al capitale finanziato erano a termine, prevedevano una sorta di impegno al riacquisto da parte della Banca, ed è una

circostanza che tu hai taciuto volontariamente e dolosamente agli Ispettori durante il 2012; e che, inoltre, a un certo momento, si è presa una decisione, in che forma e in che modo vedremo, per cui, per com’era strutturata tutta l’operazione, era inevitabile ed era un presupposto logico che non sarebbe mai andata a impattare sul capitale di vigilanza, cioè tu sapevi che quello che veniva fatto non sarebbe mai stato dedotto. Questo mi sembra di poter riassumere quelli che sono stati gli argomenti di prova che sono stati portati contro il mio assistito. Alcuni di questi, abbiamo visto, si sono persi nell’istruttoria dibattimentale; sono residuati, credo, gli ultimi due, se non ho letto male e inteso peggio.

Il primo punto è ovviamente: tu, Paolo Marin, siccome eri il relatore di talune pratiche di fido, che sono andate all’esame del Consiglio di Amministrazione, non li hai messi a parte, non hai detto loro che in realtà queste operazioni erano relative a operazioni di finanziamento correlato; li hai tratti in inganno, loro nulla sapevano e hanno deliberato, ignorando quello che facevano. La prima nota che mi viene da dire: se è il presupposto per dire che un’operazione non deve essere portata a conoscenza del Consiglio di Amministrazione, mi viene da dire che questi sono dei pazzi temerari sciagurati perché sono andati a proporre queste operazioni o a Consiglieri stessi o a persone che gravitano nell’entourage stretto del Consiglio di Amministrazione. Uno dei maggiori protagonisti, propagandisti, è Roberto Rizzi, che ha contatti diretti personali frequenti con il Presidente, e nessuno dice a Rizzi: mi raccomando, non parlare col Presidente. Cioè io sto facendo, se fosse vero questo, un’operazione che nessuno deve sapere, e la faccio coinvolgendo amici, diretti interessati, persone che hanno diretti contatti e stretti, fidando che nessuno di loro mai potrà dire una parola di più, gli potrà sfuggire una frase, un’espressione, che possa far capire all’interlocutore che sta avvenendo questo a sua insaputa in Banca. Per non dire poi di tutti i Consiglieri dell’Alto Vicentino, Zuccato e Miranda, che abbiamo sentito quello che hanno detto sia Cattelan che Dalle Carbonare: erano lì, partecipavano. Vi dico solo, per esempio, l’sms di Miranda, che abbiamo prodotto all’udienza del 20 ottobre, un messaggio nel quale Miranda si rivolge a Sorato e gli dice – cito a memoria ma non credo di sbagliare di molto –: “Emanuele, intervieni per Robertino”; sappiamo tutti che Robertino è Cappozzo per la baciata, “Sai il grande favore che ha fatto alla Banca”. Ora, “il grande favore” sappiamo tutti cos’era perché per molte persone l’operazione veniva presentata come un favore che veniva chiesto per la Banca. Non voglio poi addentrarmi più di tanto, ma cito solo l’operazione Bernardini De Pace. Cosa ci dice Balboni? Balboni ci dice: quando io spiego, prima dell’incontro che deve avere il Presidente con il dottor Bernardini De Pace, gli spiego tutto. Tanto che il Pubblico Ministero gli dice: ma lei, quando ha intuito che il problema era il capitale finanziato, non ha avuto dubbi sul fatto di dire al Presidente le cose come stavano effettivamente? Poi, vero o falso, non spetta a me, io riporto il dato. Balboni dice: no, perché non vedo motivi per non dire al Presidente com’era la situazione. E ci vengono a dire che il CdA ignorava completamente, non sapeva che in Banca avvenivano queste operazioni. Riporto anche quello che ha detto l’Imputato Giustini. Vabbè, faccio una premessa: non è perché all’Imputato sia riconosciuto nel nostro ordinamento lo ius mentiendi vuol dire che tutto quello che dice è una menzogna, è un altro il principio dello ius mentiendi; per cui, non è che quello che dice l’Imputato io non lo prendo in considerazione perché geneticamente lui mente: io dovrò valutare se quello che lui dice ha un senso, trova riscontro o non trova riscontro. Lo ius mentiendi – sappiamo tutti, è inutile che lo dica a voi che lo sapete meglio di me – è una norma che lo tutela per altri versi. Questo per dire che, quando Giustini viene a dire che ha parlato con il Presidente e il Presidente gli ha detto ‘Io ignoravo l’operatività 100/100, ma sapevo solo in termini di correlazione parziale’; è un’informazione che dobbiamo valutare nei comuni canoni ermeneutici della logica, dell’attendibilità e altro. E mi sembra che, per tutto quello che abbiamo visto e sentito, sia un’affermazione assolutamente condivisibile. L’equivoco di fondo, secondo me, è sul contenuto delle informazioni che Paolo Marin porta in Consiglio di Amministrazione. Se tutti si aspettavano di sentire che lui dicesse: questa è un’operazione finanziata; sappiamo che così non è, ma perché così non è? Perché, innanzitutto, cambia il patrimonio conoscitivo che lui ha tra le operazioni che decide in Comitato Crediti e quelle che porta in CdA; perché quelle che ha in Comitato Crediti ha l’interlocuzione coi Mercati, coi direttori regionali, con gli altri componenti della Direzione Mercati, che gli possono dire: guarda che questa è un’operazione nella quale ci potrà essere un acquisto di azioni. Quando invece è relatore delle pratiche che vanno al CdA, non c’è questo passaggio in Comitato Crediti, per cui, precedentemente, ha ancora meno informazioni di quelle che può avere dal confronto con la rete, per cui lui ha solo il dato grezzo, spurio. Mi vengono a chiedere questo, per questa operazione, sappiamo che poi è una forma di erogazione assolutamente libera, che non è detto necessariamente dovrà essere perfezionata secondo quello che appartiene agli intendimenti. Faccio un esempio: se anche la rete si è messa d’accordo con un cliente perché tutto o parte di quel finanziamento dovrà essere finalizzato all’acquisto di azioni, se il cliente chiede delle garanzie, tipo le famose lettere di impegno al riacquisto di cui abbiamo scoperto l’esistenza, e queste lettere non vengono date, e a fronte di questo il cliente si rifiuta di acquistare le azioni; il finanziamento comunque gli è stato erogato, e su quello nessuno potrà dire nulla, gli potranno chiedere il rientro, la revoca, ma non potranno, alla scadenza della linea di credito, a seconda di com’è stata strutturata, ma nessuno gli potrà chiedere conto di com’è impiegato. Perché l’abbiamo capito, ce l’hanno detto tutti: quella forma di messa a disposizione è una forma libera.

Però, prima di entrare nell’analisi di tutto questo, credo che due parole su quelli che sono i compiti e le funzioni della Divisione Crediti bisogna farle. Perché mi ha molto colpito un punto della requisitoria del Pubblico Ministero, dove, per supportare la responsabilità del dottor Pellegrini, ha fatto riferimento al funzionigramma, al manuale, ai compiti che aveva il Dirigente Preposto al Bilancio; analogo riferimento non è stato fatto con riferimento alla Divisione Crediti. In buona sostanza, qual è il compito della Divisione Crediti? In linea generale è quello di presidiare la qualità del credito, l’abbiamo capito, di assicurare poi, nel caso di inadempimento, moratorie eccetera, la tutela legale più opportuna. Come abbiamo scoperto in questo processo, la Divisione Crediti è l’unica fra tutte che non ha obiettivi economici, non ha obiettivi di bilancio, ha solo, se vogliamo, obiettivi qualitativi, deve migliorare; per cui, paradossalmente, è anche quella meno interessata alle magnifiche e progressive sorti economiche della Banca, perché io non ho budget da raggiungere, non ho obiettivi economici da conquistare, devo solo costantemente migliorare la qualità del servizio. Poi, perché questo è un dato che, per le ragioni che andrò a dire, assume a mio modesto avviso una rilevanza: da aprile 2012 la delibera del CdA è, vado a memoria, del 7 febbraio 2012, vengono istituite le Direzioni Regionali, che, incardinate all’interno della Divisione Mercati, hanno ampia autonomia creditizia, ma soprattutto dipendono gerarchicamente dalla Divisione Mercati e solo funzionalmente dalla Divisione Crediti. Cosa vuol dire “solo funzionalmente”? Che devono rispettare il Regolamento Credito e il Manuale Credito, che sono i due testi di riferimento per la Divisione Crediti, in tema di politiche di erogazione del credito, ma non rispondono né vengono visiti o devono relazionare su come o sul perché decidono di finanziare uno piuttosto che un altro nell’ambito delle competenze deliberative loro riconosciute, che per un semaforo verde, traduco, per un cliente altamente capiente a basso rischio creditizio diventano per il Direttore della Divisione Mercati esattamente lo stesso che ha il Direttore della Divisione Crediti, 6 milioni, un direttore regionale poco meno. Questo perché ve lo dico? Perché molto spesso, durante l’istruttoria, i Testi, in buonafede, erroneamente, eccetera, hanno sempre fatto, molto spesso, un pot-pourri tra Divisione Crediti e Ufficio Crediti, tanto che molto spesso qualcuno parla, a domanda del Pubblico Ministero che chiede: con la Divisione Crediti che rapporti hai? E lui dice: no, io ho parlato con Tizio e con Caio; poi andiamo a vedere chi è Tizio e chi è Caio, ed è uno dell’Ufficio Crediti. Faccio riferimento, per esempio, a Roberto Rizzi oppure a Nichele, che fanno sempre riferimento che loro per il capitale finanziato parlavano con Magosso. E chi è Magosso? Magosso è il Responsabile dell’Ufficio Crediti in capo alla Direzione Regionale di Giacon. Infatti, cosa ci dice Nichele? Quando io parlo dei colloqui e incontri con Direzione Crediti, intendo incontri con colleghi della struttura diretta da Magosso. Rizzi ci dice: io parlavo per queste operazioni con Magosso, che aveva l’ufficio sopra il Fuso D’Oro. Sono quelli dell’Ufficio Crediti regionale, che non hanno nessun rapporto, se non funzionale, come dicevo, con la Divisione Crediti. Ed è esattamente quello che da subito, quando sono stati sentiti, hanno detto Re, Repetto e Ambrosini. Perché questo lo dicevano: quando poi è emerso il problema, siamo stati anche noi che ci siamo sorpresi e meravigliati della dimensione, dell’entità del capitale finanziato, perché erano cifre che per noi non avevamo mai visto passare sopra le nostre scrivanie, e l’abbiamo pensato. Vuol dire che fuori, in rete, hanno deliberato molto, e poi vedremo quanto.

Ci sono due cose poi, e chiudo l’argomento, perché servirà poi per affrontare il tema di quella frase tante volte detta durante la requisitoria del Pubblico Ministero: Paolo Marin, custode e guardiano delle regole. La pratica di fido, qualsiasi pratica di fido – e voi lo trovate al punto 3.1 del Regolamento del Credito che è stato prodotto – è sempre a cura del proponente, che deve inviare tutta la documentazione necessaria per effettuare un’adeguata valutazione del merito creditizio del prenditore, nonché per accertare l’autonoma capacità di restituzione della controparte. Ed è sempre il proponente che è quello che, in base al 3.3, secondo come istruisce la pratica e la denominazione che dà della causale della richiesta di fido, incanala la struttura stessa. Cosa vuol dire? Se il proponente mi chiede un credito ipotecario, la pratica seguirà le strade del credito ipotecario. La Divisione Crediti, ove sia di competenza sua, non è che possa cambiare la natura dell’operazione proposta, mi potrà dire: te li do o non te li do. Così come, se mi struttura la richiesta come uno sconto o un mutuo ipotecario, quella è la pratica. Cosa vuol dire? Come nasce, io la elaboro e la valuto. Se è la rete che mi scrive: finanziamento per operazioni mobiliari e immobiliari, io valuto per quel fine che mi è stato chiesto. Io, Divisione Crediti, non ho nessuna possibilità di interferire su come la pratica è stata istruita e mandata dalla rete, che possa essere il direttore di filiale, che possa essere il gestore, chiunque esso sia: sono loro che mi mettono i paletti all’interno dei quali io potrò solo fare la valutazione sul merito creditizio. Punto. Altro io non posso e non devo fare, perché questo è il mio compito. Poi voi vedete che all’articolo 5, sempre Manuale del Credito, vengono identificati tutti quelli che sono i controlli di linea e di gestione sulla procedura del credito, e vedrete e verificherete che i controlli di linea e di gestione non appartengono, anche questi, alle competenze della Divisione Crediti. Quello che vi dicevo sul proponente lo trovate poi al punto 7, paragrafo 2, che il proponente è colui che istruisce la proposta di fido. Da ultimo, che è un concetto che non sempre è stato chiarito, che l’erogazione del credito è un’altra procedura che è stata portata fuori dalle competenze della Divisione Crediti, e la segue addirittura una società esterna al Gruppo, alla Banca Popolare, ma fa parte del Gruppo, che è la Servizi Bancari. Questo, per esempio, fa sì che se anche io come Crediti, ipoteticamente, pongo a tutela della linea di credito che ho deliberato un determinato presidio, una garanzia reale, personale o altro, e poi questa garanzia si perde nelle varie fasi dell’elaborazione o in sede deliberante, e accade; io non ho possibilità di valutare che poi venga erogato così come io avevo messo in nota come presidio, potrò vedere casomai solo se quella linea di credito si rinnova e mi torna sul tavolo, allora vedo che io avevo chiesto che venisse costituita una garanzia, questa garanzia non è stata costituita. Se la delibera portava la garanzia, potrò fare tutte le segnalazioni del caso; se però la delibera, com’è successo in qualche caso che vedremo, non recepiva questo mio consiglio, io prendo e me la incarto perché non ho nessun tipo di competenza sul punto. Anche perché, ripeto, l’erogazione la fa un’altra struttura, fuori addirittura dalla Banca. Da ultimo, la revoca di tutte le linee di credito sugli utilizzi azzerati è competenza esclusiva della rete, non ho nemmeno questo tipo di competenza. Questo cosa vuol dire? Che quando io vado a fare una revoca su una linea di credito azzerata, se questa sottende un portage, così com’è, io nemmeno lo posso venire a sapere perché quella revoca non passa sulle mie scrivanie. Questo è il quadro normativo, e voi lo troverete nel Manuale del Credito, nel Regolamento del Credito che è stato prodotto.

Una volta che abbiamo così ricostruito quelle che sono le funzioni che io posso concretamente fare, torniamo ai rapporti tra Paolo Marin, Responsabile della Divisione Crediti dal 2011 al 31/12/2014, e il CdA. Ho già detto, paradossalmente, per le pratiche di organi superiori, di deliberazioni collegiali del Consiglio di Amministrazione, il suo patrimonio conoscitivo è inferiore di quelle che può deliberare in Comitato Crediti, perché è assente la fase dell’interlocuzione coi Mercati. Però io dico, in sede di proposta, quello che mi risulta dalle carte che ho, e posso dire cosa? E l’abbiamo sentito, che quando avevamo dato i soldi prima questi soldi sono stati impiegati in tutto o in parte in azioni Popolare. Ti dico: io non so come userà questi soldi questa volta, ti dico solo che prima li ha usati per comprare le azioni. Io non posso, come dicevo prima, sapere che uso farà della provvista, perché poi l’erogazione, la cura e la gestione, tutto va in rete, per cui io non so se quei soldi che do a Ravazzolo, i 10 milioni verranno utilizzati tutti per acquistare azioni, se 3 milioni li usa per acquistare un appartamento e 7 azioni, o il contrario, o non ne usa nessuno. Questo quando lo vedo io? Lo vedo quando quella pratica mi tornerà per il rinnovo, e allora vedo l’utilizzo che è stato fatto di quella provvista, e l’utilizzo che è stato fatto di quella provvista è quello che io vado a dire in Consiglio di Amministrazione. Io ho queste posizioni (Ravazzolo, Morato e gli altri che abbiamo), che mi dicono come motivazione della pratica di fido, che appunto non appartiene alla mia decisione, non sono io che scrivo questa, questa è la proposta che mi arriva sul tavolo già perfezionata da altri, che prima che mi arrivi sul tavolo abbiamo visto – perché ce l’hanno detto i Testi – ha bisogno di altre 7 visti, che partono dalla rete, dal direttore di filiale al responsabile crediti, capo area, direttore regionale, analista eccetera. Per cui, mi arriva già confezionata così, la mia struttura cosa deve fare? Valutare il merito creditizio, e su quello io vado a relazionare in Consiglio di Amministrazione, dicendo: hanno merito o non hanno merito, hanno avuto da noi altri soldi che hanno utilizzato per questi quantitativi in questo modo. Ti dico poi anche un’altra informazione, Consiglio di Amministrazione: guarda che noi su questo rapporto ci stiamo perdendo perché – ricordate tutti, in quella scheda, modello di sintesi, volgarmente detto “modello Handi”, e i Consiglieri mi scuseranno per il paragone non proprio esaltante, ma questo era lo slang interno della Banca – il rapporto è negativo, cioè la Banca ci sta perdendo in questa operazione. Io te lo rilevo, non so le cause, però in questa operazione la Banca ci sta perdendo. Bene, se questo è quello che io vado a dire al Consiglio di Amministrazione, qual è l’informazione che io ho e che non trasmetto a loro? Perché è questo il problema: tu potresti dire che io sono un po’ “ipocrita”, se tu mi dici ‘Tu sai qualcosa di più ma non me lo dici’. Ti ho detto come hanno utilizzato i soldi, cosa prima, se li hanno avuti; ti sto dicendo che ci stiamo perdendo, ti sto dicendo che hanno merito o non hanno merito; sono le cose che io so. Perché, vedete, non è un caso che poi (ma questo ne parleremo), quando nasce tutto il problema, abbiamo il problema della doppia delibera, ma ne parleremo dopo. Anche perché poi, un altro discorso, dobbiamo distinguere – perché ve l’ha detto Paolo Marin quando è stato sentito – tra delibere di primo impianto e rinnovo: il primo impianto io so ancora meno perché non ho nemmeno i dati dell’utilizzo, perché è una nuova delibera, un nuovo cliente che mi viene sottoposto, posso pensare, perché c’è l’uso di questa formula, che magari potrà essere utilizzato, ma non ho nessun elemento; viceversa, l’elemento di riscontro ce l’ho quando c’è il rinnovo della delibera, che è quello che io vado a segnalare ai Consiglieri. Che poi mi trovi a parlare con persone che mi dicono: non capiscono di quello che io sto dicendo; è un’affermazione francamente insostenibile perché tra Consiglieri direttamente coinvolti, io non faccio una cifra di responsabilità, non è mio compito, ma sappiamo direttamente coinvolti perché direttamente o attraverso società che poi loro facevano riferimento, il Vicepresidente Monorchio, la Consigliera Dossena, il Consigliere Zigliotto hanno fatto operazioni finanziate; il Consigliere Domenichelli che, a fronte della lamentela di Tofano, gli dice: non posso farci niente perché sono cose che sono decise dai vertici. Ma non è che si indigna e dica: oddio! È un’operatività sconosciuta, nessuno mi ha detto niente. Dice solo: io non posso farci nulla. E apro una parentesi: credo che, se dobbiamo mettere su un piatto della bilancia la credibilità di Tofano e la credibilità del professor avvocato Domenichelli, la bilancia mi sembra vada direttamente solo da una parte, che non è quella dell’Avvocato Professor Domenichelli, Ordinario del Diritto Amministrativo, come ci ha detto dieci volte, da quarant’anni. Poi, Consiglieri che non sono solo informati in astratto, ma diligenti nel perorare la soluzione positiva di alcune pratiche finanziate, che hanno toccato i loro amici, e faccio riferimento a Zuccato, Miranda e Stella, il Presidente e l’episodio di Bernardini De Pace. Cioè sto parlando a un uditorato che quella materia la conosce perché o l’ha gestita in prima persona o l’ha gestita per fare un favore a un amico. Aggiungo ancora, per esempio, un altro Consigliere che sicuramente era informato era il Consigliere Filippi, finché è stato in carica. Quando è stato, per esempio, sentito Romio, cosa ci dice? Su contestazione della Parte Civile Avvocato Vettore, questo: “Ricordo che Filippi Zeffirino, in un caso, nel 2013, poco prima che lasciasse il CdA, si lamentò con me delle pressioni commerciali fatte sul suo amico cliente della Popolare, da parte di non meglio specificati funzionari di filiale, al quale nella sua richiesta di finanziamento avevano proposto e sollecitato lo stesso di acquistare una quota parte del finanziamento stesso di BPVi, azioni della stessa Banca”. E questo è un altro Consigliere, che per dichiarazione di Romio si va a interessare e lamentarsi perché gli dicono, gli hanno proposto di fare una correlata col finanziamento. Mi sembra, per dire del linguaggio “ipocrita”, che è come se tra Avvocati e Magistrati a un tavolo tecnico parlassimo, disquisissimo del 415-bis, facendo sempre riferimento al 415-bis, poi, a un certo momento salta fuori, dopo un anno, due anni: ma non hai mai detto in quella riunione che stavamo parlando dell’avviso di chiusura delle indagini. Questo è il paragone che mi viene da fare. Io parlo, dando per scontato, e quando dico 415-bis tutti intendono cos’è il 415-bis, poi, a distanza di uno, due, tre anni, uno che era lì seduto e che non aveva detto niente: ma io non ho mai inteso, quando tu parlavi di 415-bis, si parlasse di avviso di chiusura indagini. Dicevo prima: come si può dire che io nasconda, se – credo sia documentalmente accertato in questo processo che la pratica dei sovrafinanziamenti e della quota del 10-15% in più, in occasione dell’erogazione di un qualsiasi finanziamento, venisse destinata al finanziamento di acquisto azioni fosse un patrimonio conoscitivo del Consiglio di Amministrazione, anche per gli audio che abbiamo sentito – se loro sanno che comunque il 10-15% di un finanziamento sarà destinato all’acquisto, io devo capire qual è la differenza da un punto di vista giuridico, da un punto di vista conoscitivo, da un punto di vista della comprensione che quella quota diventi il 20, il 30, il 40, il 60 o in taluni casi del 100%. Io non vedo differenze da un punto di vista del trattamento della pratica tra le due. Ma poi vi dico anche un’altra cosa. È stato prodotto, l’ho prodotto io, quel report che il dottor Iorio ha commissionato a Ernst&Young sulla stima del capitale finanziato (le 922 posizioni che arrivavano a un totale eccetera) e che usava un criterio dei 4 mesi al posto dei 3 mesi. Bene, voi potrete controllare l’esattezza di quello che io vi sto dicendo: in quel report lì, usando il criterio temporale dei 4 mesi, sapete chi risulterebbero aver fatto operazioni correlate? Anche i Consiglieri Ticozzi, Telatin, Stella, Coletta, Zuccato, Angius e il Sindaco Zanconato. Ora, io non sto dicendo che queste sono operazioni correlate in senso tecnico: io sto dicendo semplicemente che, secondo quel report di Ernst&Young, usando un diverso intervallo temporale, anche loro hanno utilizzato il finanziamento per acquistare azioni. Per cui, non è che mi interessi se tecnicamente o meno rientrino nella nozione che usiamo, io dico solo che l’operazione di acquistare azioni con soldi di provenienza dell’Istituto appartiene anche a questi ulteriori Consiglieri e a un Sindaco, e mi si dice che con loro non sono stato chiaro. Le fanno, le fanno i loro amici, si interessano perché siano definite, e mi dite che io parlo con persone che non sanno di quello che sto parlando. Poi c’è un dato, non me ne voglia il Presidente, ma: se per la Procura il Presidente Zonin era a conoscenza di tutto, con chi tacevo io? A chi nascondevo la circostanza? Se nella ricostruzione accusatoria fatta in quest’aula il Presidente Zonin era perfettamente a conoscenza del fenomeno, spiegatemi perché io, relatore di queste pratiche in Consiglio, dovrei essere accusato di non aver detto tutto quello. Ma se tu mi dici che lui era perfettamente a conoscenza, mi pare di vedere una piccola contraddizione in termini perché io non posso essere accusato di non aver detto tutto a una persona che tu mi dici che sapeva già tutto. Riassumo: in certe dichiarazioni, in certe prese di posizione, che i Consiglieri hanno assunto in questa vicenda, mi fa venire alla mente perché, mi consenta, con l’Avvocato Ambrosetti (ma c’è l’Avvocato Puccetti, no, c’è Enrico) abbiamo in comune, e certe volte diciamo che sopportiamo assieme il peso di questa amicizia, un collega che ogni tanto ha queste passioni (i libri, l’arte eccetera), Enrico ha già capito a chi mi riferisco, mi ha dato un libretto da leggere, piccolissimo, che è un libricino di Anton Cechov. L’ha scritto agli esordi, quando ancora non era diventato lo scrittore che conosciamo, ma faceva il giornalista, e come primo lavoro, uno dei primi lavori che ha trovato, è andato a fare il cronista giudiziario in un processo che si celebra in Russia nel 1884, ed è uno scandalo bancario: una banca di paese, il caso Rykov, fallisce. Perché dico questo? Perché lì questi consiglieri di questa banca di provincia, di fronte al Tribunale dicono: ma lei ha firmato questi documenti; e loro si difendono dicendo: sì, ho firmato, ma non sapevo cosa firmavo; no, guardi, io ho firmato, ma non sono nemmeno capace di leggere; io ho firmato, ma scrivo male. Mi sembra di sentire le giustificazioni del Consiglio di Amministrazione: io ho deliberato, ma non sapevo quello che deliberavo; ho deliberato, ma non ho letto quello che deliberavo; ho deliberato, ma mi hanno tratto in inganno su quello che mi hanno fatto deliberare, su cosa nessuno mai l’ha chiarito. Aggiungo un ulteriore dato su questa conoscenza, perché è un ruolo che in questo processo è venuto fuori pochissimo, e mi riferisco al ruolo dell’Avvocato Professor Marino Breganze, Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione, Presidente di Banca Nuova e all’interno della compagine sociale da più di vent’anni. Perché dico? Perché Marino Breganze è una persona che, secondo me, meritava una qualche attenzione in più: perché è il Presidente del Comitato Soci. Lasciamo stare quello che dice Marin sull’episodio Ardizzone, perché l’abbiamo sentito e lo ricordiamo tutti, ma questo, si dice, vabbè, è nel 2015, a quel punto lì… No. Breganze è il Presidente del Comitato Soci. Il Comitato Soci è quello – ce lo dice Romano – da cui passano tutte le domande sia di acquisto che di vendita delle azioni. Non è un ruolo notarile, non è come il Consiglio di Amministrazione, giustamente è stato riportato e rilevato che poi questi elenchi arrivano già fatti e loro li votano, senza andare ad approfondirli. No, il Comitato Soci – ci dice Romano all’udienza del 17 settembre 2019 – la valutazione veniva fatta perché dicevano: ma perché questo compra, ma perché questo vende; e lui dice: secondo me, è impossibile che il Consiglio di Amministrazione non sapesse, perché io ho memoria di alcune pratiche deliberate nella stessa giornata. E fa riferimento a Ravazzolo e Tesoro Savino, in cui, alle ore 14:30 del 27/11/2012, viene deliberato un acquisto, parlo per Ravazzolo Giancarlo e Pillan Valeria, di 80.000 azioni per un controvalore di 5 milioni; mezz’ora dopo, l’Avvocato Professor Marino Breganze, levatasi la giacca di Presidente Comitato Soci e indossata quella di Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione, va in Consiglio di Amministrazione e delibera un affidamento a Ravazzolo-Pillan di 5 milioni. Stessa cosa, cambiano gli importi, succede nella stessa giornata per Tesoro Savino. Allora parliamo di una persona che è vent’anni e più è in Banca, di notevole esperienza, e tu mezz’ora prima dici: questi acquistano 5 milioni o 10 milioni; e mezz’ora dopo dici: mi chiedono 5 milioni e 10 milioni. E voi mi dite che questo ignora la correlazione tra le due operazioni. Qua non è nemmeno questione di dire: la destra ignora quello che fa la sinistra: c’è identità perfetta tra destra e sinistra. Questo che vi dico ve lo conferma anche Romio, perché Romio, che è il funzionario addetto con Romano al Comitato Soci, dice: il Comitato Soci leggeva attentamente le liste, le domande che poteva fare era perché, per cosa, per come sulla vendita in particolare, ma anche nell’acquisto, nel senso che non c’era una discussione su amenità o su altre cose, però uno diceva ma perché magari questo acquisto. Questo dice. Ci sono interlocuzioni: ma perché questo ci viene ad acquistare, non ci viene ad acquistare; non è che siano liste che vengono firmate perché per lo Statuto della Banca Popolare le azioni potevano essere liberamente acquistate, mentre la qualità di socio veniva attribuita solo al Comitato Soci, che faceva i suoi giudizi e le sue valutazioni. Vi ho già parlato di Ravazzolo e Tesoro Savino. Addirittura, con l’operazione Cattaneo-Luisetto, che poi vedremo più in particolare, questo Comitato Soci prende in carico l’acquisto in data 13 dicembre, un acquisto di 320.000, che corrispondono a 20 milioni, quando ancora questi non hanno un conto corrente, né un affidamento in Banca. Che poi questa reportistica, che io ho portato all’esame del Consiglio di Amministrazione, fosse una reportistica adeguata lo ricaviamo da altri due elementi, a mio avviso: uno, che anche quando arriva Iorio, che cambia tutta la prima linea, non cambia nulla dal punto di vista dei modelli; ma nemmeno Gatti, che nell’ispezione del 2015 va a fare le pulci e tutto quanto – voi lo troverete nella sua relazione a pagina 20 – fa tutta una serie di rilievi critici, in cui dice che deve essere migliorata la reportistica, deve essere aumentato il flusso informativo, con riferimento a determinate strutture dice di migliorare anche l’informativa periodica al Consiglio di Amministrazione. Però, per quanto riguarda la reportistica e l’informativa, cioè il modello di sintesi che viene utilizzato dalla Divisione Crediti per relazionare il CdA, non fa nessun tipo di rilievo. Allora mi viene da dire che forse tutto quello che noi dicevamo, tutto quello che era scritto è stato giudicato assolutamente idoneo sia da chi è venuto dopo di me che non lo cambia, ma soprattutto dal regolatore e dal vigilatore che, mentre dice quali sono le aree in cui deve migliorare la comunicazione, se ne guarda bene e non dice nulla con riferimento a questo tipo particolare. Dobbiamo però fare un piccolo passo indietro. Quando Paolo Marin viene a conoscenza di questo fenomeno, ce l’ha detto: quando lui, come Responsabile Corporate per cui in capo alla Divisione Mercati, partecipa al suo primo Comitato Crediti e vede, in relazione a una pratica, che è la Elan, una correlazione tra affidato e utilizzato per acquisto azioni. E fa qualche test, qua l’ha chiamato “match”, siamo in Italia, fa l’incrocio dei dati: tanto hanno di prestito, tanto hanno di azioni, mi pongo il problema, cosa è successo qua. Con tutto il rispetto per l’intelligenza e l’acume del mio cliente, ma non mi pare che richieda conoscenze particolari bancarie questa semplice attività che lui ha fatto la prima volta che gli capita tra le mani questa pratica, e si interroga e chiede, chiede a chi? A chi è in Comitato Soci con lui, chi c’è ai Crediti perché lui non è a Crediti, chiede a Seretti, chiede a chi c’è e dice: scusate, ma questo tipo di operazione che operazione è? E questi dicono: sì, sì, guarda, non va a violare il 2358 perché abbiamo dei pareri legali, perché siamo cooperative, per tutte le storie che ci sono. Riceve poi un ulteriore conforto a questa interpretazione perché quando poi, successivamente, trova la pratica Costemar, che è probabilmente la prima operazione finanziata – mi permetto di correggere il Pubblico Ministero – non è che nascono nel 2008, la prima per quello che noi abbiamo saputo in questo processo è la Costemar, che è del 2006, che era stata già oggetto di ispezione 2007, ispezione Lattuca, quando il Responsabile Crediti era Gelati, in cui la chiusura di questa operazione viene fatta esattamente secondo le istruzioni che Banca d’Italia dà. E allora lui cosa dice? Mi dicono che è regolare, questa addirittura è stata chiusa secondo le istruzioni, perché è stata vista da Lattuca ed è stata chiusa in questo modo nel 2007, qual è il motivo per cui non potrei farla? Guardate, per dirvi, il problema esisteva, guardate quello che dice De Bortoli, quando è stato sentito, anche De Bortoli dice: c’è questo problema del 2358, noi ci interroghiamo, guardiamo, studiamo. Francamente non ho capito, quando De Bortoli diceva queste cose, l’insofferenza manifestata, che è stato interrotto eccetera, non è che ci stesse divagando, ci stava semplicemente dicendo in quel momento quali erano i ragionamenti che erano stati fatti all’interno della struttura in ordine a queste operazioni. In ordine a queste operazioni, dopo aver fatto gli approfondimenti che loro hanno fatto e che ci stava spiegando, a un certo momento dicono: secondo noi, si può fare. Sia Marin che De Bortoli sono persone professionalmente preparate, e questo non lo dico io, lo dico perché lo dicono gli Ispettori della Banca d’Italia. Scardone, con riferimento a Marin, vi ricorderete quello che dice in nota, dice che è una persona preparata; e Sica, qui in udienza, parlando proprio di De Bortoli, che dice persona molto preparata. Perché abbiamo a che fare con persone che il loro lavoro lo sanno fare, si pongono dei dubbi, si interrogano e di fronte a questi prendono una decisione, giusta, sbagliata, ma sicuramente è una decisione che nasce come frutto del loro pensare, del loro agire, ma che non è assolutamente una decisione caratterizzata, proprio per come viene fuori, da caratteristiche di dolo o di colpevole violazione di norme imperative sul punto. Tutto questo ci viene confermato indirettamente anche dal dottor Giustini, quando viene sentito, che riporta la questione del Comitato Crediti in termini sostanzialmente analoghi a quelli che ha detto Marin: sì, era venuto fuori questo problema; Seretti e Colombera ci dicono: no, guardate che il 2358 non si applica, abbiamo un parere legale che noi, essendo società cooperativa, non siamo tenuti all’osservanza del divieto di assistenza finanziaria ai nostri clienti. Poi qualcuno, credo lei, Presidente, ha detto: ma su questo punto è stata fatta una richiesta di spiegazione al regolatore, a Banca d’Italia? E Giustini esattamente dice quello che deve dire: scusate, io vendo il prodotto, casomai è l’Audit, o l’Ufficio Legale, che doveva rivolgersi all’Ente regolatore per avere lumi in merito.

E questo mi serve per affrontare un altro punto che non è stato assolutamente esplorato: tutta questa attività di occultare il capitale finanziato veniva fatta all’insaputa degli Organi di controllo interno? No. C’è un nome, anche qua che è passato sottotraccia, è Danesin: Danesin chi è? È il Responsabile dell’Ufficio Crediti che fa le consegne ad Ambrosini. E Ambrosini ci dice: quando viene fatto materialmente il passaggio di consegne, Danesin mi dice ‘Guarda che ci sono anche delle operazioni strutturate in questo modo’, e fa riferimento alle operazioni finanziate. E cosa va a fare poi Danesin? Danesin va a fare il vice di Bozeglav all’Audit, con la responsabilità delle ispezioni in rete. E allora non devo difendere io il dottor Giustini perché ha ben altri migliori Difensori di me, ma quando si ipotizza che quella famosa ispezione su Padova 5 sia stata sbloccata perché magari Giustini è intervenuto, non ce n’era assolutamente bisogno perché quell’ispezione andava a finire sul tavolo esattamente di Danesin, che era la persona che da Responsabile dei Crediti Ordinari aveva fatto quelle stesse operazioni. Per cui, cosa doveva fare? Rilievi ai colleghi su operazioni che aveva fatto lui. Ne dico una per tutte, abbiamo già prodotto la delibera: Tiso è fatta in autonomia da Danesin Come Responsabile Crediti Ordinari, nel momento in cui lui aveva quella carica. Tant’è vero che anche Bosso, quando è stato sentito dall’Audit, e c’erano Bozeglav e Danesin, dice: ma io rimango lì esterrefatto perché c’era Bozeglav, c’era Francesco Danesin che era stato Direttore dei Crediti Ordinari, e che a mia memoria aveva firmato anche delibere, aveva fatto delle big ticket, e io sono rimasto un po’ perplesso perché Danesin mi chiede origine del fenomeno e chi è stato finanziato, quando tu l’hai fatto? Allora credo che questi pochi dati dimostrino sicuramente come l’Audit fosse perfettamente a conoscenza, nella figura quantomeno del Vice Responsabile Francesco Danesin, dell’esistenza in seno a Banca Popolare di Vicenza del fenomeno del capitale finanziato. E allora, quando il Consulente della Difesa Pellegrini, il dottor Parente, mi scrive, a pagina 73: “Competeva alla funzione Internal Audit la conduzione di specifiche attività di verifica con l’obiettivo di accertare la correttezza dei dati riportati nella richiesta di fido nell’ambito delle verifiche ispettive svolte nelle filiali”, dice il vero lui. Allora chi doveva fare questa verifica era quello che sull’operatività la conosceva benissimo, l’aveva avallata, pertanto l’Audit in questa materia, per quello che risulta documentalmente, non aveva mai fatto rilievi di sorta. Per cui, io che prendo il posto di Danesin – parlo per Ambrosini – so che chi è andato via dal mio posto adesso è quello che controlla che io rispetti le regole, sa che c’è questa operatività perché è lui stesso che me ne ha informato e ha fatto delibere in tema, e dovrei pensale che questa operatività è vietata, non la devo fare, è un’operatività “illecita”? Qual è il dato che io posso ricavare da questo? Che io agisco nell’assoluta consapevolezza-certezza che noi ci stiamo comportando come la normativa ci consente. Aggiungo, vale meno, ma è un particolare che secondo me ha una sua rilevanza: non dimentichiamo neanche Sommella. Sommella è un ex Ispettore di Banca d’Italia, che viene chiamato in Popolare perché, dopo l’ispezione del 2007-2009, erano emerse delle criticità, soprattutto relative alla redazione dei verbali del CdA, e comunque è lì perché deve un po’ anche lui presidiare che tutto vada bene. È pacifico che Sommella del fenomeno del capitale finanziato ne è perfettamente a conoscenza, perché è il redattore amanuense di quel famoso Comitato Crediti del 2011, novembre 2011, dove sia Tonato che Seretti dicono: da noi sono baciate. Ed è proprio Sommella che scrive, no? Bene, Sommella, ex Ispettore di Banca d’Italia, non è che in quel dotto Consesso si alzi, tiri su la manina e dica: scusate, qui lo dico, voglio che venga verbalizzato, state combinando un disastro, è un’operazione vietata, Banca d’Italia non lo permette. No, sta zitto e continua a fare. Io non sto a sindacare giusto o sbagliato, no, io dico, il messaggio che me ne deriva è, per me dipendente con meno esperienza e meno cultura di Sommella, cultura delle regole: se nemmeno lui, ex Banca d’Italia, fino a due anni prima, a fronte di questo, fa osservazioni sul punto, ne deduco che sia un’operazione che l’ordinamento mi consente di fare. Aggiungo, per chiudere il discorso Sommella, che quando lui ha dovuto lamentarsi di qualcosa con Sorato, che poi ha detto: mi hanno chiuso la bocca eccetera, non è stato in relazione al capitale finanziato. Perché, Presidente e Signori del Tribunale, quando è stato sentito all’udienza del 29 ottobre, foglio 60, lui dice che: “Io vado a lamentarmi con Sorato sul tipo di conduzione della Banca perché non ero d’accordo, nel senso di aumentare gli impieghi e di aumentare gli sportelli; mi è stato detto dal dottor Sorato, ma penso anche da qualcun altro, che non era mio compito fare queste osservazioni e allora io sono stato zitto”. Questi sono gli elementi di criticità, dei quali lui dice di essere andato a dolersi con Sorato, non certo del fenomeno del capitale finanziato, per cui anche questo è un messaggio che mi arriva, indiretto se si vuole, ma che mi conferma. Ma c’è un altro tassello che mi conferma ancora che questa operatività, che io sto continuando a portare avanti e che esisteva già prima e che continuo a fare, è un’operatività non vietata dall’ordinamento, e sono le interlocuzioni con l’Ufficio Legale. Anche questo, altro personaggio rapidamente apparso in quest’aula: l’Avvocato Papacchini. L’Avvocato Papacchini non può non dire, e infatti lo dice, che effettivamente, sì, ha saputo della pratica Cattaneo-Luisetto, e non può non dirlo perché i documenti dimostrano che è stata gestita e risolta tra gli eredi dei signori Cattaneo e Luisetto, assistiti dal Notaio Fietta di Bassano, in unione a Massimo De Bortoli come Responsabile dei Crediti Anomali e all’Ufficio Legale della Banca, e dove

 

ovviamente è stato deciso di ricorrere alla compensazione, ex articolo 20 dello Statuto, per chiudere la posizione. Per cui, di fronte a questi dati, anche l’Anna Papacchini deve dire: sì, è vero, Luisetto-Cattaneo, però non ci ho dato peso perché era un’unica operazione, si era chiusa, non ho visto motivo. Non è proprio vero perché proprio Bosso, quando è stato sentito, in relazione alla pratica Cattaneo-Luisetto cosa ci viene a dire? Dice che lui ha parlato con la Papacchini di questa pratica, e lei, quando ha visto che si trattava di un’operazione finanziata, ha detto: ma dovrò andarne a parlare al Consiglio di Amministrazione. Lo trovate nella deposizione di Bosso, adesso la stavo cercando ma non la vedo. Eccola qua, il punto esatto. L’udienza è quella del 10 luglio 2019. Lui dice: la Papacchini mi dice ‘Per questa pratica dovrò relazionare al Consiglio di Amministrazione’ e io dico ‘Fai bene, anche perché ce ne sono delle altre’. Lo dice Bosso, per cui in occasione di quella pratica non è vero quello che dice Papacchini, che lei non è intervenuta perché era un unicum, perché Bosso ci dice: vuoi parlarne al CdA? Fai bene perché ce ne sono anche delle altre. Ma c’è un ulteriore dato. Se noi torniamo a quel famoso Comitato del novembre 2011, in cui Seretti e Tonato dicono: qui da noi sono solo baciate; bene, tra i partecipanti chi c’è? Ce lo dice sempre, l’appunto è quello che dice il buon Sommella: c’è anche l’Anna Papacchini. E allora, anche se qua è venuta a dirci che lei ha sempre detto in tutte le sedi, ha sbandierato che non si potevano fare, tutti sapevano che lei il 2358 l’ha sempre detto in tutte le sedi; anche in quel Comitato, dove si parla espressamente di baciate, lei è presente, nulla dice. Né mai, né dopo quel Comitato, né dopo la chiusura della pratica Cattaneo-Luisetto, arriva un qualche avviso, un qualche intervento, dicendo: mi è giunta notizia che in taluni casi viene fatto così, guardate che non si può per questi motivi. Aggiungo, utilizzando l’argomento che è stato fatto anche dall’Accusa, valutare coi fatti del dopo quello che è avvenuto prima, che anche quando poi la Banca costituisce quella task-force per la risoluzione del capitale finanziato nel 2015, ce lo dice Balboni, la Papacchini va là forte di un parere legale, Studio Bonelli-Erede, scritto da Cacchi Pessani, che dice: guardate che il capitale finanziato non è illecito, si può fare a queste condizioni, per cui resistiamo su tutta la linea. Nemmeno in quell’occasione lei si discosta. Ma quello che rileva è che nemmeno qua lei, neanche in quella occasione lì, ha detto: io l’ho sempre detto, o ha verbalizzato il suo dissenso. Ulteriore conferma voi la trovate in quello che ci dice Girardi all’udienza del 16 luglio, a pagina 66, in cui ricorda di una riunione indetta da Giacon nella primavera del 2015 sul tema del capitale finanziato, dove sono presenti sia la Papacchini che il suo collaboratore Castelloni, e ricorda, riferisce l’espressione di questo che dice: “Pensavo che ci fosse qualche operazione di questo tipo, ma m’ero stupito del numero”. E il Pubblico Ministero chiede: “Ma non dell’esistenza del fenomeno?”. Risposta: “Non dell’esistenza del fenomeno”. Domanda del Pubblico Ministero: “Ci fu invece qualcuno che disse ‘Ma io ‘ste cose non le immaginavo?”. Proprio con riferimento all’esistenza del fenomeno. E Girardi dice: “Non ricordo nessuno”. E ripeto, a questa riunione era presente Anna Papacchini. Qual è il dato allora? Innanzitutto, che per una volta tanto Paolo Marin dice il vero, quando dice che per quello che a lui risultava, per l’operazione Luisetto e l’operazione Festa, il coinvolgimento del Legale c’era stato, per cui l’operatività sul capitale delle operazioni finanziate era ben noto all’Ufficio Legale. Tutti questi elementi che vi ho detto vi dimostrano che per una volta tanto Paolo Marin ha detto la verità. Ma soprattutto alla fine deriva che sia l’Audit che l’Ufficio Legale sono perfettamente a conoscenza di questo fenomeno e non fanno nulla: non fanno un’operazione di avviso, non emettono warning, non fanno una circolare. Io che le faccio qual è il messaggio che mi può arrivare, come lo posso leggere? Sono operazioni che si possono fare. Lo sanno i regolatori, Ufficio Legale e Audit, mi devo preoccupare io? E se lo sanno loro, che hanno ben altre competenze mie, il problema dell’eventuale impatto di queste operazioni sul capitale di vigilanza saranno loro che se lo dovranno porre, visto che hanno gli strumenti e i mezzi e le competenze che io non ho.

E veniamo a Bozeglav, perché Bozeglav è stato ricordato solo e sostanzialmente perché è l’autore di quel report e per le interviste che ha fatto. Io vorrei aprire una piccola parentesi sulle interviste perché, secondo me, quelle interviste che va a fare Bozeglav nel giugno-luglio del 2015 hanno provocato un danno inemendabile in questo processo, un danno emendabile in questo senso: quando lui va a fare quelle interviste in Banca – il clima ce l’ha descritto molto bene Esposito – ormai c’è la caccia all’uomo. Eravamo tutti “Dead men walking”, dice, mi pare, Esposito, sapevamo che eravamo “morti che camminano”. Tutti devono tentare di salvarsi il posto perché è in atto un repulisti. E allora il fenomeno non è nuovo. Voi ricorderete sicuramente quel passo: “Leva il muso, odorando il vento infido”. Questo fanno nella giungla della Banca questi qua, che hanno delle antenne sensibili: levano il muso, odorano il vento infido da che parte tira, e io non mi metto controvento, mi metto a favore di vento; mettermi a favore di vento è: tu, Bozeglav, che fai queste interviste per “salvare la tua immagine”, la tua faccia, la tua funzione che è stata pesantemente criticata, per non dire peggio, devi dire che sono operazioni che nessuno sa, operazioni fatte sottotraccia. E su chi dobbiamo sparare? Dobbiamo sparare su quelli che in quel momento sono esposti agli infidi reflui di questo vento infido. E se quando poi il primo atto che viene fatto, quando vengono sentiti nelle indagini preliminari, è dire: lei ha fatto queste dichiarazioni a Bozeglav, le conferma? Cosa deve dire uno che in quel momento non sta rischiando più solo il procedimento disciplinare in sede lavorativa, ma potrebbe anche essere attinto dal procedimento penale? Le conferma e non va a rettificare e modificare. È umano, però questo ha provocato un vulnus che ha viziato molto del patrimonio conoscitivo di questo processo: perché è un’indagine fatta da chi era parte in causa, che aveva tutto l’interesse a far emergere certe circostanze e non altre, con le persone che venivano sentite, che avevano tutto l’interesse a dare la versione suggerita, installata, più adatta alle esigenze dell’interlocutore, che in quel momento non lavorava per il bene della Banca, ma lavorava per salvare se stesso soprattutto. E guardate, questo atteggiamento di annusare il vento e vedere da che parte si va l’avete trovato in numerose altre occasioni. Faccio un esempio. È arrivato l’Avvocato Bertolini Clerici perché è lui che… Se guardate il suo controesame che ha fatto a Rasini sulle Tre Sorelle, Rasini che ci viene a dire: ho avuto dubbi fin dall’inizio, puzzavano lontano un miglio; e poi, di fronte a un esame, non è piaggeria, credo di essere oggettivo, che secondo me dovrebbe andare nei testi dell’esame, delle modalità di conduzione del controesame, viene fuori che non ha mai esposto un rilievo, non l’ha mai detto a nessuno, non ne discute, pure avendo tanti sospetti, con Risk Manager, col Comitato di Amministrazione di BPV Finance, con i Consiglieri indipendenti, non lo dice a nessuno; salvo dopo, a distanza di anni, dire: madonna, avevo tanti di quei dubbi! Aggiungo una parentesi: in questa operazione, che chiamiamo Le Tre Sorelle per comodità perché ormai sappiamo tutti a quale ci riferiamo, Rasini è costretto ad ammettere che i Crediti l’avevano approvata a una condizione, che venisse costituito un pegno su buoni del Tesoro, che viene costituito. Poi, a un certo momento, questo pegno sparisce, però Rasini si dimentica di dire chi l’ha fatto sparire, anche se era lui che gestiva quella pratica. Allora io Crediti ti dico: questa operazione può essere finanziata, a condizione che venga costituito un pegno di pari importo in buoni del Tesoro, Banca tutelata al massimo. Successivamente – non si sa quando, non si sa come perché Rasini non è venuto a dircelo – questo pegno sparisce e la Banca si troverà priva delle garanzie. Però Rasini è sul banco dei buoni, io che ti ho messo il pegno e che tu hai fatto sparire sono sul banco dei cattivi. Poi è solo una coincidenza che successivamente Paolo Marin venga “dimissionato”, perché ce lo dice Rasini, perché rompeva le scatole in BPV Finance. Un’altra persona che ha saputo molto bene annusare da che parte andava il vento, per esempio, è l’ineffabile dottor Amato. Anche qua, non voglio entrare nella materia, ma l’episodio dello “sbianchettamento” delle distinte di storno mi sembra qualifichi già l’uomo. E dopo, scusate, è lui che è interlocutore diretto di Manni, e Manni gli chiede ripetutamente: ma voi come Direzione Commerciale avete dato direttive alla rete di fare queste operazioni? E lui nega, nega e nega. E poi la Procura viene a dire ad Ambrosini: perché tu non sei andato a parlare con Manni? Ma perché non l’avete chiesto invece ad Amato perché non ha detto questo a Manni, quando Manni ripetutamente gliel’ha chiesto? Però anche Amato è andato sul banco dei buoni, perché? Perché è stato molto più accorto e avveduto di noi ad annusare il vento. Guardate, Signori del Tribunale, voi avete in atti l’interrogatorio, perché è stato acquisito, del Presidente Zonin. Se Marin fosse stata la persona che annusava il vento, aveva un’autostrada comoda, perché voi troverete un passo nell’interrogatorio del Presidente Zonin, in cui dice: mi è stato riferito che Marin è stato mandato in Sicilia perché si rifiutava di fare le operazioni finanziate. Avrei potuto benissimo venire qua e fare la vittima e dire: è esattamente vero questo. Però, siccome purtroppo sono una persona che, quando fa delle scelte, le faccio perché sono convinto che si possano fare, non ho annusato il vento e sono venuto a dire: le ho fatte perché ero convinto che si potessero fare, perché nessuno mi ha mai detto che non si dovevano fare, e tantomeno nessuno mi ha mai detto che non sarebbero state dedotte dal capitale finanziato. Però, se fossi stato della tempra morale di un Amato o di un qualcun altro, magari quella strada maestra che mi era detta: mi hanno trasferito in Sicilia perché ho battuto i pugni con Sorato dicendo ‘Non voglio più fare, sono illecite” eccetera, avrei potuto benissimo coltivarla e magari oggi non sarei in quest’aula. C’è stata però una fortuna: la fortuna è che qualcuno del CdA, incautamente debbo dire, ha chiamato in causa Bozeglav nell’azione di responsabilità, e così abbiamo saputo anche quello che ci stava dietro perché, se no, Signori del Tribunale, della doppia delibera noi non avremmo saputo nulla perché non era mai comparsa. C’era traccia nelle intercettazioni telefoniche, però le ricerche accurate della Guardia di Finanza non l’avevano trovata. Perché poi quando si dice: io non voglio fare illazioni, ma quel manoscritto di Marin salta fuori nell’interrogatorio, ma non l’abbiamo trovato nella perquisizione; nelle perquisizioni non hanno trovato questo, non hanno trovato nemmeno il pegno delle Tre Sorelle. Allora usare l’argomento della preterizione, perché l’argomento retorico della preterizione che è stato usato per dire quell’appunto salta fuori solo ma non è stato trovato, si presta al fianco anche a queste critiche, perché: è un argomento retorico, non è stato trovato nelle perquisizioni, non faccio illazioni, ma nelle perquisizioni non sono state trovate nemmeno queste cose che sappiamo essere state; nonostante che, per esempio, sulla doppia delibera le intercettazioni che voi avete in atti se ne parlasse, che hanno fatto pressioni, mi hanno detto, mi hanno fatto. Però, ho detto, per fortuna qualcuno incautamente l’ha chiamato nell’azione di responsabilità, per cui Bozeglav, che si era conservato un po’ di materiale, ha dovuto difendersi e ha parlato. E allora, Signori del Tribunale, che senso ha le pressioni su Bozeglav, fargli cambiare, fargli “asciugare”, come dice lui, la delibera, se non come il tentativo di autoassoluzione postuma del Consiglio di Amministrazione? Perché, quando lui dice su 13 posizioni per 9 risultava evidente, e guardate, non è una contraddizione perché sono rinnovi e primi impianti, per quello da una parte la correlazione appare evidente e dall’altra no. Ricordate quello che vi ho detto prima sulla differenza di patrimonio conoscitivo ed espositivo nella scheda di sintesi, a seconda che si tratti di rinnovo o di primo impianto? Cioè: il primo impianto, prima pratica di concessione di fido. Che senso ha quell’intervento deciso fatto dai Consiglieri con l’avallo e l’ausilio di Iorio per far cambiare a Bozeglav questo? E qua lasciatemi dire, quando Iorio è stato sentito, ha fatto un po’ “il pesce nel barile”, di fronte a questa contestazione, dicendo: non mi risulta, non mi ricordo; gli mostro la delibera, lui dice: mah, non ho presente; poi viene a sparare sui Crediti in generale e su Marin in particolare, dicendo che erano operazioni così fatte, ma vedremo. Questo intervento di Iorio come va letto? Se devo essere un po’ cattivo e malevolo, mi sembra che sia l’ultima rata della cambiale che lui aveva fatto col CdA. Voi mi lasciate mano libera nella gestione della Banca, purtroppo, aggiungo io, gli hanno lasciato mano libera perché gli esiti sono stati quelli che abbiamo visto, ma in cambio io farò di tutto per tenervi fuori. Per 145 mila euro al mese, credo sia un equo compenso per una cambiale, e l’ultima rata della quale è venuto a pagare in quest’aula. Poi sulla doppia delibera voi, anzi, l’avete condotto, lei, Presidente, e il Pubblico Ministero, l’esame di Domenichelli, mi sembra di non dover aggiungere nulla; se non che, oltre ad aver perso al gioco di “Trova le differenze”, ha perso anche al gioco di “Conosci lo Statuto”, perché è venuto a dire che lui ha dedicato mesi a studiare le normative e poi non sapeva nemmeno che le azioni della Popolare non possono essere messe a garanzia. L’autoassoluzione da parte del Consiglio di Amministrazione, tramite Iorio, non può che trovare sfogo e destinazione sulla figura di Paolo Marin, perché io mi posso assolvere e dire che non ho responsabilità solo nella misura in cui in cui posso dire: sono stato ingannato, tu non sei stato corretto. Tant’è vero che voi ricorderete tutti che il dottor Iorio in quest’aula, non questa, era ancora quella della bunker, comunque cosa è venuto a dire? Che la lettera di contestazione l’ha firmata lui, che a Palermo ha parlato con Marin delle baciate, e lui ha allargato le braccia sconsolato, che gli ha contestato in questa lettera che c’erano modalità carenti di istruttoria del fido; tutte cose che poi documentalmente sono state smentite. Situa questo incontro prima di Natale, quando Marin è stato licenziato a ottobre, per cui è impossibile il riferimento. Lio smentisce che c’è stato questo. Cioè, tutta una serie di cose smentite documentalmente. Però, è vero, il destinatario ultimo di tutto questo non poteva che essere Paolo Marin, perché solo scaricando su di lui, faccio una piccola annotazione: è l’unico che è stato licenziato, di tutti è l’unico. Non rileva che poi il Giudice del Lavoro abbia giudicato illegittimo il licenziamento eccetera. Ma per dire che l’operazione di “pulizia” ha voluto e ottenuto la massima sanzione possibile: il licenziamento per giusta causa. Non hanno licenziato Rizzi, non hanno licenziato Giacon, non hanno licenziato Giustini, Piazzetta, Sorato, non hanno licenziato Turco; non hanno licenziato nessuno, licenziano solo Paolo Marin per giusta causa. Ma il motivo è trasparente, ve l’ho detto: perché lui è il parafulmine per salvare il Consiglio di Amministrazione da qualsiasi censura o reprimenda.

Sul punto aggiungo, perché poi lo dirò ma lo anticipo, che l’operato della Divisione Crediti non fosse così scellerata, come si è voluto dire da parte di taluno, lo troviamo indirettamente confermato da una semplice circostanza: i Crediti non hanno ricevuto alcun tipo di sanzione, neanche all’esito dell’ispezione BCE del 2015, quando è venuto fuori nella sua evidenza il fenomeno del capitale finanziato. Paolo Marin non è mai stato destinatario di alcuna sanzione da parte di Banca d’Italia. Avrà una rilevanza questo fatto, secondo voi? A mio avviso, sì, perché se il vigilatore che va a controllale e che ha sanzionato – voi avete i verbali sanzionatori di Banca d’Italia – non so quante, trenta o quaranta persone, sui Crediti, che il Consiglio di Amministrazione aveva indicato come principale responsabile, ha ritenuto di non muovergli censura ancora, cosa vuol dire? Vuol dire che la pratica era stata correttamente istruita, che il merito di credito era stato correttamente valutato, che le procedure corrette erano state scrupolosamente seguite ed erano idonee. E questo anche mi offre il destro per dire che quando mi si dice che queste operazioni erano finanziariamente insostenibili, contrasta proprio quei risultati dell’ispezione del 2015; perché, se avessero valutato profili di carenza nella pratica di istruttoria o di valutazione del merito creditizio, ovviamente Gatti non avrebbe fatto altro che segnalare ai fini delle sanzioni, così come sono state date a molti altri, e voi avete l’elenco. Mi verrebbe da dire…

PRESIDENTE – Vuole fare una pausa, Avvocato?
DIFESA, AVV. ROETTA – No, solo due minuti per bere un attimo, Presidente.
PRESIDENTE – Facciamo dieci minuti di pausa. Prima di sospendere, do lettura dell’elenco dei

Difensori delle Parti Civili, gli Avvocati: Zanchetta, Vettore, Bertelle, De Scopoli, Ceci ne avevamo dato atto, e Ciccotto.
Va bene, ci aggiorniamo tra dieci minuti.

Il Presidente sospende l’udienza alle ore 11:25. Il Presidente riprende l’udienza alle ore 11:53.

PRESIDENTE – Sta arrivando il dottor Salvadori. Prego, Avvocato Roetta, può riprendere.

DIFESA, AVV. ROETTA – Grazie, signor Presidente. Dopo la pausa riprendo, facendo riferimento a un argomento che è stato usato durante la requisitoria dei signori Pubblici Ministeri, ed era il famoso messaggio che intercorre tra i miei coimputati, dottor Giustini e Piazzetta, quando viene facilitata la loro uscita, in cui si dicono: nessuno può chiamarsi fuori, tutti lo sapevano. E questo messaggio, se male non ho inteso, verrebbe sussunto nell’ipotesi accusatoria: questo dimostra che tutti eravate d’accordo a fare tutto e che tutti sapevate che venivano fatte certe cose, ivi comprese anche le omesse scomputazioni dal capitale di vigilanza del capitale finanziato. Senza polemica, ma se tutti e tutti, se tutto vuol dire tutti, allora non capisco perché il “tutti” si riduca a 13 Direttori su 4, a 1 Consigliere di Amministrazione su 20, e mi sembra che il “tutti” sia stato inteso qua in un’accezione totalitaria, in fase di indagini in un’accezione molto, molto selettiva. O il “tutti” va inteso come solo gli Imputati che ci sono oggi, allora il discrimine qual è stato io non l’ho capito; o il “tutti” erano tutti i dipendenti che c’erano allora. Perché questo mi porta a dire che a un certo momento viene sostenuto che tutti noi sapevamo, per com’erano strutturate, per com’erano fatte, che ovviamente le operazioni sul capitale finanziato non potevano non essere dedotte, perché la loro struttura, la loro concezione, la loro ideazione era tale perché solo così avevano una ragione e un senso, per cui è ovvio che abbiamo condiviso in un qualche momento una decisione che dovevano essere fatte in quel modo perché non dovevano essere scomputate. Allora, di fronte a questa obiezione, io ho poche difese, poche difese perché non arrivo con la logica a comprenderla. E spiego: ci manca un dato testimoniale, ci manca un dato documentale. Però, inevitabilmente, in qualche momento di condivisione di questa decisione deve esserci stato; o devo ipotizzare che sia stata una decisione presa in modo silente con una semplice occhiata scambiata fra due, tre, quattro, cinque persone, che ha saltato qualcuno, è planata sulla testa di altri? Cioè io non riesco a capire quando, secondo la ricostruzione dei Pubblici Ministeri, noi avremmo condiviso la decisione che queste operazioni non dovevano essere scomputate perché, usando l’immagine molto immaginifica, altrimenti andiamo ad ammazzarci. Chiariamo: io ai Crediti ho le informazioni non dico di un normale cliente ma poco più, nel senso che non partecipo alle riunioni della Divisione Mercati, se non in talune sporadiche occasioni, quando devo presentare qualcosa che va a impattare sui Mercati, esempio il predeliberato o se devo presentare nuovi sistemi di classificazione dei clienti o dei rating eccetera. Allora devo pensare che: o qualcuno è venuto a dirmelo, ma non mi hanno detto chi, o ci siamo, non so, trovati per caso in ascensore noi tre, noi cinque, e solo noi perché in quell’ascensore più di cinque non potevano salire, e in quel momento… Cioè, quando questa decisione sarebbe sorta condivisa? Perché, vede, Presidente, loro dicono: logicamente non può che essere così. Ma questo presuppone che io abbia lo stesso patrimonio conoscitivo che mi viene detto di avere. Allora io non partecipo alla Divisione Mercati, tutte le slides e i diagrammi che sono stati proiettati è pacifico che erano cose che venivano proiettate durante le riunioni delle direzioni regionali, della rete, alle quali i Crediti non partecipavano. Io non so nulla, né mi viene detto nulla, né in via diretta né in via informale, sull’andamento del mercato secondario, perché non appartiene a quello che mi interessa, io devo fare il mio, ne ho già tanto da fare. Come va il mercato secondario è una cosa che ai Crediti non rileva assolutamente. Per cui, tutte le esigenze del capitale, di questo, sono cose che io le so esattamente come le sa qualsiasi altra persona, perché non vengono con me condivise in nessuna parte. Io credo che, al di là delle condotte singole, il vero grande problema della Popolare fosse proprio il tema dell’organizzazione aziendale, il tema della gestione verticistica della Banca. E guardate, il fatto che in questo processo non abbiamo avuto tra di noi il Direttore Generale Sorato è stato un vulnus grossissimo per noi Difese, non tanto per l’Accusa ma per noi, perché certe cose solo lui, se avesse voluto, avrebbe potuto chiarirle e spiegarle. Certi accadimenti che sono avvenuti solo lui poteva perché, per com’era strutturata la Banca, con il suo maniacale e ossessivo desiderio di essere lui a capo di tutto e di impedire ogni contatto orizzontale, ma le comunicazioni potevano avere solo l’andamento verticale, e guardate, questo ce lo dice quello che era, anche qua, sappiamo che il braccio destro di Sorato era Cauduro: era l’unico che poteva entrare da Sorato senza bussare e senza fare anticamera, per cui quello che sapeva meglio tutto. È lo stesso Cauduro che ci viene a dire: non c’erano rapporti tra noi perché Sorato faceva di tutto per dividere il gruppo; non c’è mai stato un gruppo effettivamente coeso; ciascuno di noi operava nel suo ambito e non c’erano chiaramente grossissimi problemi, però ciascuno di noi era realmente preoccupato di quello che accadeva a casa propria, perché non sapevi poi come Sorato avrebbe verificato i nostri risultati. Abbiamo già sentito il livello di intrusione che aveva, andando a verificare: tu perché hai parlato con questo? Perché sei andato là? Andava a vedere le varie filiali: ma perché questo c’è e questo non c’è? Era tutto funzionale al fatto che solo lui poteva essere l’interlocutore del Consiglio di Amministrazione, non voleva uno scambio orizzontale di informazioni, forse anche memore della storia della Popolare, in cui tutti i direttori generali prima erano vicedirettori e lui, siccome aveva già utilizzato quel sistema per diventare Direttore Generale, sapendo bene com’era la strada, ha pensato bene di interromperla con una serie di paletti ostativi. Però parliamo di quella che è la posizione mia come Divisione Mercati. Io so che vengono fatte esclusivamente per l’esigenza di svuotare il fondo e di creare, di soddisfare delle richieste di vendita di alcune persone che devono vendere, non c’è molta mobilità sul titolo, per cui questa è la spiegazione che ho io. Nulla ha dimostrato che a me sia stata data un’informazione diversa. Anche i Testi dell’area, quelli che le proponevano, non è che dicano qualcosa. Baruffato ti dice: Sorato ce le ha spiegate come cassa di compensazione per soddisfare le esigenze di vendita di clientela. Pilan, all’udienza del 13 luglio 2019, pagina 24, ci dice: per il fenomeno ci è sempre stato detto che era necessario per temporanee esigenze prima di svuotafondo, poi di cercare di gestire delle vendite, e quindi così era nato il fenomeno. Signor Presidente, non c’è niente di diverso di quello che io so, che, come vedete, non attiene per nulla ai ratios, al capitale, al problema dell’impatto e quant’altro. Io so che vengono fatte per queste esigenze. Allora quella, possiamo definire, “suggestione” dell’ipotesi accusatoria, che dice: tu non potevi non saperlo perché altrimenti non avrebbe avuto senso, presuppone che comunque ci deve essere stato, come dicevo prima, un necessario momento di condivisione, che però non è stato mai indicato. Lo dico così. È emerso – perché ce l’ha detto Iorio, ce l’ha confermato riportando confidenze ricevute da Cauduro e da Sommella, ce l’ha detto anche Lio – come a un certo momento il vero centro nevralgico delle decisioni sul futuro della Banca fosse diventato il Comitato Finanza. Io non ne ho mai fatto parte. E allora, logicamente, se dovesse avere un qualche riscontro la tesi accusatoria, mi viene da pensare che forse, semmai c’è stata, quel momento di condivisione è avvenuto in quel Comitato, perché è lì che mi dicono che venivano prese le decisioni centrali, decisive e strategiche per la Banca.

Un’altra contestazione che viene fatta – ne parlerò poi più diffusamente – è quella che comunque io sapevo che si trattava di operazioni a termine e che avrei taciuto questa circostanza durante l’ispezione Bankit. Innanzitutto, erano tutte operazioni a termine? Non lo sappiamo, non si sa, perché? Perché i due che ne sanno di più, per il ruolo che hanno rivestito, sia il dottor Giustini che il dottor Balboni, quando sono stati sentiti, ci dicono che l’operazione poteva essere a termine come non poteva essere a termine. Balboni proprio dice così, pagina 25 e 26, udienza del 4 ottobre: l’operazione poteva essere a termine, ma poteva anche essere un’operazione di durata indefinita. Lo stesso concetto ce l’ha detto anche l’Imputato Giustini, quando è stato sentito, che ci dice: in alcuni casi un’operazione a termine, cioè non era una regola erga omnes, potevano esserci delle prassi, Rizzi che diceva ‘facciamo così’, oppure c’erano anche situazioni di altre aree di altro tipo. Per cui, anche sul fatto che fossero sempre operazioni a termine non abbiamo un riscontro certo, perché chi le faceva, chi le gestiva e chi le conosceva dice: potevano o non potevano essere. Quindi, in che percentuale, in che misura, in che misura, e questa informazione quando mi è stata comunicata? Mai. Anche perché questa è un’osservazione che faccio, che è già venuta fuori durante l’esame del mio assistito. Se veramente io fossi stato parte di questo disegno strategico che dovevamo salvaguardare il capitale, che dovevamo salvaguardare il bilancio, migliorare i ratios, avevo uno strumento molto più semplice, che sarebbe probabilmente anche andato esente da censure sotto il profilo dell’aggiotaggio: una volta che avevo fatto le rettifiche obbligatorie sulle volontarie facoltative, avrei applicato un metro molto più elastico, perché sappiamo che sulle rettifiche facoltative c’è un’ampia discrezionalità. Solo nel 2014 abbiamo fatto 900 milioni di rettifiche, ne facevo 500, salvaguardando così 400, avrei portato 400 milioni di utile alla Banca. Allora, se io sono stato fatto parte, ho condiviso in qualche momento la necessità di salvaguardare i ratios della Banca, non mi era molto più semplice dire: al posto di fare tutte le rettifiche, che giudico opportune, ive comprese le facoltative, ne faccio un po’ meno, 100, 200, 300 milioni, perché ricordo che nel 2014 sono stati 900 milioni, la gran parte di rettifiche facoltative. Io Marin, per il ruolo che ho, se voglio aiutare la Banca a fare questo, avrò un metodo più valido; poi, quando verranno gli Ispettori, discuteremo pratica per pratica, se ho fatto le rettifiche giuste, se le ho fatte sbagliate, se ho usato un metodo troppo elastico mi diranno di fare gli accantonamenti, se proprio sono stato uno scalzacane mi daranno le sanzioni. Però, da un punto di vista del bilancio della Banca, io avrei portato un contributo nell’ordine di centinaia di milioni in maniera pulita, limpida, trasparente e immune da censure. Sempre parlando del capitale finanziato, i Pubblici Ministeri hanno fatto risalire l’operatività del fenomeno dal 2008, ma, come dicevo prima, in realtà la prima operazione è quella Costemar 2006, oggetto di quel Comitato Crediti. Mi dicono anche che nel 2010 c’era già un capitale di finanziato di circa 41-42 milioni. E fatalità: in quel momento lì il capo dei Crediti era il dottor Umberto Seretti, che è quello che è venuto qua a dire che in realtà lui di baciate non sapeva niente, anzi, si metteva di traverso sull’autostrada, pur di impedire che venissero fatte. Salvo poi – ve l’ho prodotto solo, anche qua dobbiamo dare una qualificazione all’uomo, quel messaggio che lui manda, quando Samuele Sorato abbandona la Banca, ve l’ho prodotto solo per dire – quello che qua si è dipinto come la vittima di un mobbing continuo e incessante, quando va via quello che l’aveva mandato in Sicilia e che poi l’ha mandato in PrestiNuova, cioè quello che doveva essere e dire: finalmente ti sei levato di torno, te l’ho augurato da dieci anni!, gli ha mandato un messaggio di una piaggeria sconfortante: “Samuele, le emozioni non hanno voce. Grazie per i diciassette anni splendidi”. Mi sembra la donna amata o l’uomo amato che si rivolge al suo affetto che deve partire per un’altra missione. Questo è Seretti nei confronti di Solato: “Grazie per i diciassette anni splendidi. Le emozioni non hanno voce”. E qua è venuto a dire che in realtà lui è sempre stato mobbizzato. Chiusa la parentesi. Erano 41-42 milioni quando lui era il capo. Credo che nella requisitoria del Pubblico Ministero noi le troviamo a pagina 13 e 14, ci sono tutta una serie di e-mail e slides che vengono citate per dimostrare questa esigenza. Però sono tutte cose, come dicevo prima, che a me non sono arrivate né per conoscenza diretta né tantomeno indiretta, non sono nel mio patrimonio conoscitivo. Aggiungo ancora, guardate che questa formula (e poi ne parleremo della formula) anche Gatti dice che non va bene per questo e per questo. Scusate, questa formula è stata vista da Scardone e da Sansone nel 2012, e non hanno fatto rilievo alcuno. Poi ne parleremo, Presidente, in dettaglio dell’ispezione 2012, però come rilievo è pacifico che l’abbiano detto, “È una formula generica, ma io non farò mai, dice Scardone, contestazioni sulla genericità di una formula”. Questa è la frase esatta dell’Ispettore Capo. E, come avevo detto prima, nonostante le criticità che Gatti rinviene nella formula, non propone alcuna sanzione. Riassumendo e semplificando, e mi scuso per eventuali imprecisioni ma questo è quello che ho capito io, per come viene delineato il fenomeno del capitale finanziato nella ricostruzione accusatoria, avrebbe con sé queste caratteristiche: natura a termine dell’operazione, impegno al riacquisto da parte della Banca, assenza di rischio per il cliente e neutralità per il cliente sotto il profilo dei costi o, addirittura, con rendimento. Ebbene: non ce n’è una di queste caratteristiche che passi sulla mia scrivania o che io apprenda in qualche modo, perché sono tutte cose che vengono gestite fuori e delle quali io non posso avere evidenza né contezza. L’unico dato che io ho, come dicevo prima, è che mi può risultare che in quell’operazione la Banca ci perde, c’è un margine negativo, ma non so le ragioni perché io non posso, non vedo gli storni perché il sistema non me lo consente, perché vengono gestiti in un altro modo, in un’altra procedura. A me risulta il dato, posso dire, apro una parentesi: nemmeno i tassi d’interesse sul fido vengono gestiti e decisi dai Crediti, è sempre questione della rete. Per cui, tutte le condizioni economiche non passano sul mio tavolo e allora, non passando sul mio tavolo, tutte queste caratteristiche del capitale finanziato mi possono essere contestate solo dove mi si dia la prova che io le ho condivise in che momento e con chi mi è stato detto. Infatti, in maniera molto intelligente l’Accusa cerca di superare il punto, come dicevo prima, dicendo: proprio per com’erano strutturate, gestite per il loro sostanziale occultamento all’interno della società, non potevano avere che quella destinazione, l’omessa scomputazione. La frase è: “Le baciate presuppongono il loro occultamento, altrimenti sarebbe inutile farle”. Visione molto suggestiva, intelligente, acuta. Niente da dire. Però vi ho già detto prima il problema della struttura, dell’ossessione gerarchica delle Divisioni di Sorato. E guardate, con una frase molto felice, secondo me, Mossetti ce l’ha ripetuto qua: “Uno sa quello che fa, ma sa una parte del tutto e non c’è una visione globale”; proprio perché, per com’era strutturata, non c’erano momenti di condivisione collettiva. Io che sono ai Crediti non ho nessuna informazione e non sono coinvolto in nessun modo sull’andamento del mercato secondario. Quando vado alla Divisione Mercati, io ci vado solo se devo presentare cose relative al credito, ma vado, presento e quello è il mio lavoro; sulla gestione della rete, del raggiungimento dei budget, degli obiettivi non sono coinvolto, anche perché, come avevo già anticipato, io obiettivi non ne ho. Per cui, l’unica rappresentazione che mi viene data è quella che hanno detto i Testi, che ho dedicato prima, e che so io che serve come stanza di compensazione per creare un po’ di liquidità a un titolo, che è illiquido per definizione e che può essere compravenduto nei limiti del fondo riacquisto azioni proprie, ma anche se non c’è fondo capiente devo in qualche modo creare io una disponibilità, che è una cosa tutta diversa dai requisiti di salvaguardia del capitale che mi vengono contestati. Però mi si dice: eh, no, tu, Marin, hai una responsabilità ben più grave, tu sei il custode della formula, il guardiano della formula. E mi indicano anche una serie di Testimoni che dovrebbero dimostrare questo, e sono Baruffato, Tessarollo e Veronese. In realtà, se voi andate a leggere, vedrete che tutti loro riferiscono un sentito dire, appreso da altri e non si sa nemmeno da chi, ma su Paolo Marin nessuno dice nulla perché nessuno ci ha mai parlato. Vado nel dettaglio. Casarotti dice: “A me è stato detto da Veronese, Premi e Girardi, girava la voce che sarebbero stati i Crediti a dire di usare questa”, però io non lo so, non me l’hanno detto, me l’ha detto Tizio, Caio. Veronese invece dice, proprio rispondendo a una domanda del Presidente: “Mah, ho sentito dire del capo area, ma non so chi, perché a me in prima persona non è mai stato detto”, per cui anche Veronese, che sarebbe una delle fonti Casarotti, dice: a me è stato detto da altri, ma a me non è stato detto. Invece, quando poi anche noi facciamo il controesame perché il processo è fatto anche di controesami, e bisogna guardare anche quello che dicono quando rispondono a noi, quando gli si chiede: “Ma lei contatti diretti con Marin, Veronese, ne ha avuti per il capitale finanziato?”, dice “No”, “E in generale?”, “Per questi clienti io mi ricordo una telefonata, posizione Furio Bragagnolo, era un intervento sul Mulino di Muggia, per Muggia, insediamento produttivo, c’era un finanziamento”. Questo è l’unico contatto che ha Veronese, ma non è assolutamente riferito alla gestione del capitale finanziato.

Vengo ad affrontare adesso un tema, che avevamo già cercato di affrontare durante l’esame e cerco di portare il mio modesto contributo di chiarezza, che è il discorso dell’uso della formula e l’uso del codice prodotto. Vediamo se riusciamo a fare un po’ di chiarezza perché, mi pare, forse qualche dubbio c’è. Cosa ci dice Marin? Per quello che mi dice il Regolamento Crediti, per quello che mi dice il Manuale del Credito, se uno mi avesse chiesto – e ricordo che la richiesta parte sempre dal proponente, il proponente è quello in rete – che chiedo un finanziamento per acquistare azioni, se questa fosse stata l’unica causale, io non l’avrei processato. Non potevo andare, perché? Perché a monte Servizi Bancari, che fa l’erogazione, non avrebbe potuto perfezionare il contratto perché non c’era il codice prodotto relativo. Vediamo se con un esempio riesco a essere più chiaro. Se io chiedo una carta di credito, c’è un contratto sulla carta di credito, e poi viene perfezionato carta di credito; io chiedo un mutuo ipotecario, viene istruito come mutuo ipotecario, e poi Servizi Bancari darà, procederà, processa tutto, eroga per mutuo ipotecario. Ma se non è stato creato il prodotto dedicato ‘finanziamento azioni’, è una pratica che non avrebbe potuto essere validamente esitata, ultimata, completata. Altro è il discorso, dice, se fra una delle causali che mi avevano indicato mi avessero scritto: vogliamo acquistare questo, vogliamo acquistare quello, e anche azioni; io non avrei avuto nessun tipo di difficoltà a istruire e a valutare la pratica. Questo è il discorso del codice prodotto. Tanto che poi lui, durante l’esame, dirà: io ho scoperto tutto questo non allora, perché sono cose che non mi spettano, ma quando poi proprio, guardando il fascicolo delle indagini preliminari, ho visto che in occasione dell’aucap 2013, quando è stato creato il mini finanziamento di 100 azioni, dal Bilancio e dai Mercati, senza il coinvolgimento dei Crediti, è stato creato un prodotto ad hoc. Ma lo apprendo oggi, 2017-2018, quando vedo il fascicolo, che era stato fatto un prodotto autonomo. Avrebbero dovuto farlo anche prima per questo, ma non spettava a me, non spettava a me perché non rientrava nelle mie competenze. Visione tartufesca, ma questo era l’ambiente in Popolare: tu devi fare il tuo e non mettere il becco sul giardino degli altri, non aprire la stanza dove lavorano gli altri perché tu devi guardare quello che è tuo, perché Sorato, il Direttore, vuole così. Questo è tutto il grande inghippo del famoso codice prodotto. Poteva essere una delle voci, e io non avrei avuto indicazioni contrarie; ma se era l’unica voce, non potevo, ma non perché non si poteva scrivere perché, altrimenti, avremmo rivelato al mondo che noi facevamo questo, perché per me il problema non si poneva. Non si poteva scrivere come unica voce, perché come unica voce non poteva essere istruita, erogata. La domanda è: ma allora perché scrivono la formula generica? Questa domanda non dovete farla a me, dovete farla a chi la scriveva, che non sono io. Altro che custode, guardiano: la formula viene indicata in rete, io la processo, la elaboro per le mie competenze. Mi verrebbe da dire che qua forse troverebbe applicazione una delle Leggi di Murphy: non dobbiamo vedere, ma la fede, quello che può essere solo attribuito e spiegato con stupidità, rigidità mentale. Perché adesso, col senno di poi, è facile leggerle in questo modo, ma era una prassi che io ho trovato, che nessuno mi ha detto neanche durante l’ispezione 2012, che così non andava fatto, e continuo a usarla. Perché, se non ricevo rilievi, se l’Audit non mi dice niente, se l’Ufficio Legale non mi dice nulla, se quando viene l’ispezione 2012 non mi fanno appunti, la istruiscono così, io la lavoro così perché purtroppo io ho da fare il mio, il merito di credito, e ne ho già ben molto da fare su quello. E anche quando mi viene citato Dalle Carbonare, non è contra me, perché dice esattamente quello che io vi ho appena detto. Dalle Carbonare, che riferisce quella telefonata citata anche in requisitoria finale, in cui aveva mandato su una richiesta di finanziamento, accompagnata dalla richiesta di acquisto azioni, diceva: telefonate a me, invece io quelle cose lì non le voglio vedere. Prima mi chiedi il finanziamento, una volta che hai avuto il finanziamento, poi fai quello che vuoi, a me non interessa. Ma è perfettamente logico in quello che vi ho detto. Logico e conseguente al rilievo che era stato fatto proprio dal dottor Gennaro Sansone nel 2012, a luglio 2012, 3 luglio 2012, con riferimento alla posizione Luisetto-Cattaneo. E, visto che parliamo di Luisetto-Cattaneo, una breve digressione sul dottor Bosso, un altro dei “miracolati” di questo processo. Perché dico così? Perché abbiamo sentito tutti in quest’aula come lui si è comportato con qualche persona. Sonia Pillan, Dario Loison, abbiamo sentito tutto, firme carpite in un certo modo, date fatte quando loro erano da tutt’altra parte. Poi lui qua è venuto a protestare la sua innocenza e completa estraneità, ma il signor Dario Loison l’abbiamo sentito, anche nel suo modo colorito; abbiamo sentito anche poi di rinforzo l’appellativo che Ravazzolo dà al comportamento di Bosso: un “giuda”, e credo che questo qualifichi la persona. Ma perché? Perché Bosso è stato citato, secondo me improvvidamente, in requisitoria, dicendo e sostenendo che comunque queste pratiche, caratterizzate da questa dizione, godevano di una corsia preferenziale alla Divisione Crediti. E lo dicono con riferimento a quello che dice Bosso. A parte che è stato l’unico fra tutti quelli che l’hanno detto, perché io non ho memoria di nessun altro che abbia sostenuto questo, perché tutti hanno detto che venivano trattate esattamente come le altre. Però è stato citato Bosso, per cui parliamo di Bosso. Quando è stato sentito, lui ha detto, durante l’esame, e la citazione del Pubblico Ministero era corretta, ha detto: “godevano di una corsia preferenziale”, correttamente ha detto, il Pubblico Ministero, ha indicato. Si è dimenticato, però, di quello che dice Bosso in sede di controesame, che voi vedrete da pagina 84 in poi dell’udienza del 10 luglio. Perché io gli chiedo: ‘Lei prima, rispondendo al Pubblico Ministero, ha parlato della corsia preferenziale, e chiedo ‘ma era una corsia preferenziale in termini di tempo o di merito?’. E lui dice: in termini di tempo no, perché praticamente non avevano arretrato, per cui non c’era bisogno di sollecitare. Secondo me, sul merito magari si poteva dire. E io dico: ma mi faccia un esempio. Mah, l’unica che le posso dire è la pratica Luisetto-Cattaneo perché quella l’ho vista e su quella posso dire che Luisetto-Cattaneo magari sul merito sono andati col piede un po’ leggero. Sintetizzo, ma è questo il senso. E io gli chiedo: questa è l’unica operazione? Sì, sì, questo lo posso dire perché me la ricordo. Potrei semplicemente dire: siccome è pacifico che Luisetto-Cattaneo è stata vista quantomeno, poi vedremo, sul merito di credito e non è stato fatto nessun rilievo, forse il merito c’era. Ma che Bosso sia un “giuda” ve lo dimostro: perché quella pratica lì l’ha istruita lui per il merito di credito. Perché, in base al Regolamento Crediti che era in vigore all’epoca, per i privati – è stato cambiato soltanto successivamente, solo da novembre 2012 è dato in capo alla Divisione Crediti, ma fino a novembre 2012, questa è un’operazione 2011 – tutta la raccolta di informazioni e la valutazione e l’istruzione, il merito di credito era valutato dal Responsabile dei Crediti di Area, e chi è? Bosso. Voi vedrete, infatti, nella pratica Luisetto-Cattaneo che c’è un proponente, che è Peruzzo, il Direttore della filiale di Contra’ Porti, parere del Responsabile dell’Ufficio Crediti di zona, che è Bosso; e la Divisione Crediti, in base a questa pratica, dovendo andare in decisione dall’Organo collegiale, non fa nulla in base al Regolamento vigente all’epoca, deve solo collazionare la pratica e sulla base delle informazioni assunte scrivere quel famoso modello di sintesi. Perché questa persona, che ti cita come unico esempio di corsia preferenziale questa pratica, si autocita perché è una pratica che ha istruito e gestito esattamente lui, e credo che l’ha conosciuta: l’ha fatta tutta lui. Per cui, se eventuali défaillances sul merito ci sono, sono solo roba sua, non certo mia. Questo lo trovate nel Manuale del Credito per i privati del 2011-2012, e sono uno dei numerosi allegati all’azione di responsabilità che sono stati tutti depositati, non mi ricordo in che udienza, però vi posso confermare che fino a novembre 2012 l’istruttoria della pratica di fido per i privati era in capo al Responsabile di zona. Altro argomento, un altro dei teoremi, come dire: al fine di rendere non rintracciabile o non “intercettabile” (usiamo il termine già adoperato da altri) l’operazione in sede di controlli, c’era la necessità di spezzare l’operazione, scindendo il momento della domanda, domanda di fido-erogazione della linea di credito, dal momento dell’acquisto. E dicono, questo è stato fatto per non renderla rintracciabile. C’è un dato evidente: quando viene impartita questa direttiva dai Crediti alla rete? Esattamente dopo l’ispezione del 2012, perché è l’unico rilievo che viene fatto. Questa è la ricostruzione. Mi viene da dire che forse, se fosse stato usato quello strumento logico che abbiamo imparato a conoscere nei nostri studi liceali, che si chiama “Rasoio di Occam”, non avreste costruito così tutta l’operazione: perché il Rasoio di Occam ci dice che in presenza di varie soluzioni noi dobbiamo andare sulla più semplice e più ovvia, tagliando via col rasoio tutte le altre. E la più semplice e più ovvia è quella che vi è stata detta: io do – e ribadisco e non ritratto – quella disposizione perché è il rilievo che mi viene fatto, tu non puoi diventare socio prima di avere i soldi nel conto. Ed è quello che io dico. Anche perché, scusate, se voi mi dite che nell’ispezione 2012 non sono riusciti a intercettare queste operazioni, che erano pacificamente contemporanee, se non, addirittura, anteriori come in questa alla concessione; che bisogno avevo io allora di spezzarle per non renderle rintracciabili, visto che voi mi dite che nel 2012 non ne ho rintracciate perché mi sono state nascoste, nonostante abbiano visto le pratiche? È questo perché dico forse usare il Rasoio di Occam avrebbe un po’ servito. Cioè, questa formula, queste pratiche contestuali perché ricordo che hanno visto anche Tesoro Savino, che è quella che vi dicevo prima, in cui è stata deliberata nello stesso giorno prima l’acquisto azioni e poi la delibera di fido, Ravazzolo-Pillan, idem, e sono state tutte viste. E sono usciti indenni. Che motivo avevo io di dare questa indicazione, visto che queste erano andate a posto, se non avessi ricevuto quella indicazione ovvia, dovuta? Questo mi dice la logica.

Altra questione, che avevo già accennato prima. Sostenere che Paolo Marin è il custode della formula, il guardiano della formula, se dovessi fare qualche battuta ironica, dico: boh, avranno trovato un verbale, il video in cui viene col cappello e il mantello, viene nominato custode, sei custode, avrà ricevuto le consegne di qualcuno, quando va via avrà nominato qualcun altro, perché mi dà l’idea di guardiano, questa funzione sacrale. Ma se ha un senso dire che è il custode, vuol dire che se io sono il custode, se tu non usi quella formula, io non ti lavoro la pratica. E abbiamo già detto, per le ragioni che vi ho prima detto, che questo non è mai avvenuto: non abbiamo un solo esempio di pratica che sia stata restituita perché non riportava la formula. L’unico esempio che ci viene detto, però anche per questo bisogna leggere tutta l’istruttoria, si dice Amato, e Amato letteralmente dice: “Io ho memoria delle pratiche del Veneto Orientale”. Io dico: “Quelle di Cudiz?”, “Sì, mi dice, quelle di Cudiz”. E Cudiz: a me non è mai successo. Questo è quanto. Allora voi avete la prova che il mancato uso sacramentale della formula ha provocato la reiezione della pratica di fido? No, assolutamente no. Anzi, vi darò la prova positiva contraria fra un po’. Perché, vedete, i Pubblici Ministeri hanno fatto fare quella famosa integrazione, e anche su questo mi verrebbe da dire ma…, quella famosa integrazione al loro elaborato peritale, che hanno giustificato: no, siccome qua durante le prime udienze si paventava, si palesava una pluralità di centri deliberativi, abbiamo fatto fare proprio in corso d’opera un approfondimento ai nostri Consulenti, affinché mi delineassero quelle che erano le competenze delle varie reti. Io, nonostante ormai sia vecchio, rimango sempre un ingenuo, un candido o più semplicemente uno stupido, pensavo che l’ovvia conseguenza di questo sarebbe stata una riformulazione del capo d’imputazione, dicendo: tu rispondi del tuo, lui risponde del suo. Ho visto che invece di questo lavoro, vi ricordate che è stato utilizzato per dire: tu Ambrosini, hai fatto il 10% del capitale finanziato. In realtà, c’era un dato un po’ più interessante, perché: se noi prendiamo tutte le delibere di fido oggetto della consulenza Parisi-Tasca- Castelli, io vi do un dato che voi potrete controllare, perché non l’ho fatto io che sono digiuno di matematica, ma l’ha fatto il mio cliente che coi conti si muove bene, più del 40%, esattamente il 41,44% dell’importo del capitale finanziato è relativo a pratiche che non hanno la formula sacramentale. Allora Marin, come guardiano della formula, come custode della formula, vale zero perché più del 40% è stato fatto non usando la formula che lui avrebbe dovuto far rispettare. 41,44% del capitale finanziato è in relazione a pratiche di fido che non portano la formula. E sono sempre state tutte elaborate, esitate, con la formula tecnica che durante l’esame vi abbiamo detto: scoperto di conto corrente, finanziamenti vari in conto corrente, e il famoso “denaro caldo” che è il promiscuo rischio finanziario. Però questo è l’importo. Poi, sempre a dire che lui è stato il guardiano e il custode, mi viene da dire che prima di lui c’era qualcun altro, e dopo di lui ci sarà stato qualcun altro. Però non mi dice da chi ha ricevuto la formula, da chi non l’ha ricevuta, in cosa sia consistito, perché l’unico compito che ha il custode sarebbe quello di farla rispettare; non solo non lo fa, non lo fa rispettare perché mai una pratica che sia stata respinta perché non aveva la formula, anzi, più del 40% dell’importo totale, il rapporto percentuale numerico è del 20%, però del capitale finanziato è di oltre il 40. Altro elemento che mi viene contestato è che sarebbe accaduto, ma non capisco cosa c’entro io, che in alcuni casi dai Crediti sarebbe stato fatto un intervento alle strutture dirette per vedere se era stato rispettato o meno il limite del 10% di capitale, a fronte della proposta di prestito, della richiesta di fido. Sappiamo che questa era una decisione, un discorso che però era relativo a tutto il panorama degli impegni, perché era il mantra di Sorato: ci deve essere almeno il 10%. Tanto che, ce lo dice Mossetti, Sorato gli fa fare addirittura un’estrazione per vedere se era stato rispettato o meno l’obiettivo del 10. Però, anche chi viene citato dal Pubblico Ministero per dire che io avrei tentato di fare questo, parlo di Beggiato, Beggiato mi dice due cose: uno, io non ho mai parlato, per le finanziate, questo; poi, pagina 50 dell’udienza 18 ottobre 2019: “Siccome c’erano le indicazioni della Divisione Mercati e il Direttore Regionale in quel caso lì di andare sulle nuove operazioni, di andare a collocare almeno il 10% di azioni, se la delibera era comunque di organo singolo ma centrale, quello chiedeva chi proponeva l’operazione, sull’operazione proposta, vengono sottoscritte azioni, questa domanda veniva fatta. E chi la faceva? Mah, io ho parlato con Ambrosini e Sandro Re”. E aggiunge su mia domanda: “Con Marin, in relazione al capitale finanziato, non ho mai avuto nessun tipo di interlocuzione”. Questo ci dice Beggiato. E guardate che questa intrusione, chiamiamola così, di Sorato sul credito è perfettamente legittima perché, a norma dell’articolo 50 dello Statuto della Banca Popolare, riconosce la facoltà e il potere al Direttore Generale di provvedere alla gestione di tutti gli affari correnti, ed esercita i poteri in materia di erogazione del credito; per cui, che, come ci è stato detto, Sorato abbia dato questa istruzione alla rete e che poi i componenti della Divisione Mercati l’abbiano in qualche caso curata l’osservazione, rientra nelle facoltà legittime del dottor Sorato. Però dov’è la prova che l’hanno fatto, perché io gli ho detto: non dargli il finanziamento, se non sottoscrivono il 10? E cosa c’entra questo col capitale finanziato? Perché sappiamo – e lo riconosce anche la Procura – che questo ha un impatto relativo e non è che si è detto tutto, è solo una parte, eccetera. Una conferma a questo la troverete anche in quello che dice Franco Pilan, perché fa espresso riferimento a una e-mail che Giacon aveva inviato, su input del dottor Sorato, proprio in relazione al rispetto di questo 10%, per cui cosa che non c’entra nulla con la gestione del credito, col rischio di credito, cosa che non c’entra nulla col capitale finanziato e altro. Il fatto di parlare per primo mi concede un piccolo grande vantaggio, che sono esonerato dal dover parlare di tutto, perché so che chi verrà dietro di me potrà correggere tutto quello che ho detto di sbagliato, che sarà molto, e tutto quello che mi sono dimenticato, che sarà di più. E so che altri hanno ben altre competenze di me per parlare in senso tecnico sul capitale finanziato, sulla consulenza Parisi-Tasca, sulla consulenza Gualtieri. Ma c’è una cosa che non posso non dire.

Il professor Gualtieri ha fatto una critica, talmente elementare che non ha ricevuto nessun tipo di prova contraria, che è devastante. Lui dice: scusate, voi mi parlate di scientificità dell’approccio, la consulenza è un sapere scientifico che entra all’interno del procedimento penale, e mi date per assodato e usate un dato, i 3 mesi, senza sottoporlo a qualsiasi tipo di verifica. Mi verrebbe da dire – il professor Ambrosetti mi scuserà perché entro… – che usare come Sergio Romano, come fonte integrativa di una norma penale, mi pare un azzardo eccessivo, perché la baciata deriverebbe dall’applicazione di questo criterio empirico indicato da Romano, che a sua volta verrebbe sussunto nel reato di aggiotaggio e, “per li rami tralatici”, Sergio Romano mi diventa una fonte del diritto. Allora, con tutto il rispetto, io voglio bene a Sergio Romano, che è mio compagno di adolescenza, scarso giocatore di pallavolo, grande giocatore di pallamano, però che mi diventi fonte integrativa del diritto mi sembra di andare al di là dei suoi indubbi meriti. Perché, vedete, quando Romano, al momento gli viene chiesto, dà questo dato, lo dà per quello che dice. Però, se vogliamo fare un lavoro scientifico, visto che la Procura dice: abbiamo fatto un lavoro scientifico, questo dato doveva essere verificato. E adesso, Presidente, le dirò perché doveva essere verificato: perché, a seconda di come noi spostiamo la bandierina del tempo, mi cambiano gli importi in maniera abissale. Già ce l’aveva detto Turco, quando aveva detto che aveva fatto delle simulazioni, ma spostando il “flag” (lui usa questo termine), cambiava l’importo perché diventa determinante. E allora usare 3 mesi, piuttosto che 1 mese, o 4 mesi, come gli aveva detto ha usato Ernst&Young, mi cambia la platea in maniera drastica. E Gualtieri dice: voi avevate già le prove, tutti gli elementi per verificare concretamente qual era il tempo di lavorazione della pratica. Vi ho già detto che le prime big ticket baciate (Ravazzolo, Morato, Luisetto-Cattaneo) sono praticamente contestuali. Ma vi dico un’altra cosa. Manni, che è quello che inventa il termine, “inventa” nel senso buono, nel senso che dice: io ho usato questo termine perché ho chiesto a Romano quanto tempo ci mettiamo per, cosa dice? Lo trovate a pagina 27 dell’udienza, quando è stato sentito il 26 ottobre: “Vi dico la verità, non c’è mai stato bisogno di arrivare a 3 mesi, e neanche a 2, tutti i fidi che abbiamo trovato finalizzati all’acquisto di azioni erano concessi nell’arco di pochissimi giorni”. E allora, se è una consulenza, come dicevo prima, un sapere scientifico che entra all’interno del procedimento penale, il dato empirico doveva essere verificato perché, altrimenti, non è più un dato utilizzabile, perché non è scientifico nell’accezione più pura del termine. Abbiamo la fortuna di avere tra noi Difensori quello che è considerato, almeno da noi Avvocati, un maestro indiscusso della prova scientifica: il Professor Dominioni, che credo che sul punto potrà dire molto meglio di me. Non vado a citare i requisiti, tutti noti, sulla scientificità della prova, i requisiti, la Chiozzini, (inc.), eccetera. Però questo dato non è mai stato utilizzato. Ma vi ho dimostrato prima che, se quel dato noi lo allarghiamo, arriviamo addirittura a dimostrare che quei 4 mesi altri cinque Consiglieri di Amministrazione avevano fatto operazioni finalizzate all’acquisto di azioni, finanziamenti finalizzati all’acquisto di azioni. E ovviamente non può essere un dato ballerino a seconda di come la tiri. Oggi entro nella taglia 54, ahimè, domani sono 56, però se rinuncio alla pasta forse arrivo alla 50. Non è così: se è un dato scientifico, doveva essere, credo, valutato il vero tempo medio di evasione delle pratiche, e su quello costruire il database. E su questo punto io non ho trovato contestazione alcuna all’obiezione del professor Gualtieri, obiezione che viene confermata proprio da Manni, che dice: ho messo 3 mesi, ma neanche mi è servito arrivare ai 3 mesi.

È arrivato il momento di parlare dell’ispezione del 2012 perché per la mia posizione è sicuramente l’elemento più decisivo caratterizzante. Con scelta molto persuasiva, intelligentemente persuasiva, la scelta di campo dell’Accusa in questo caso è stata quella di screditare quello che dicono Marin e Ambrosini, non tanto sulla scorta dei documenti o di questo, ma con valutazione ex post di quello che hanno detto o non hanno detto, o durante l’ispezione, o durante questo, o durante quello. Come dire: non posso contare molto su quello che ho come Testi diretti, però tu non sei credibile perché tre anni dopo non hai fatto questo, non hai detto quello. E lo ammettono, e lo sanno perché onestamente viene detto: beh, sì, Sansone non è stato proprio coerente; gli ho fatto anche due contestazioni, come dire, il mio lavoro, il minimo sindacale l’ho fatto perché due contestazioni gliele ho fatte, non l’ho trattato coi guanti. Io ho contato 12, forse sono di più, contestazioni che abbiamo fatto noi della Difesa. E, se devo valutare il rigore filologico col quale dalla Procura è stato affrontato l’esame del dottor Sansone col rigore filologico che è stato usato per certe contestazioni, mi sembra che il metro sia sensibilmente diverso. Ricordo una contestazione a Sergio Romano, perché aveva detto: Zigliotto mi ha detto che aveva dato una mano. No, lei in indagini preliminari mi ha detto che aveva fatto un favore. La differenza ontologica fra “dare una mano” e “fare un favore” è veramente abissale. Il metro invece usato per trattare con il dottor Sansone è un metro diverso e meno attento alla fedeltà dei termini usati. Ripeto, a fronte di 2 contestazioni, legittimamente fatte dal Pubblico Ministero che porta la sua tesi, ce ne sono almeno altre 12. Credo che sia stato il Testimone più “contestato”, oggetto di contestazioni, di tutto questo processo, e ne abbiamo sentiti, Presidente, Testimoni, a quanto siamo? A 120, 130, non ho il dato preciso. Lui si è aggiudicato sicuramente il premio del Testimone più contestato. Allora, in maniera intelligente dico, noi non possiamo andare nel dettaglio di quello che ha detto Sansone, perché evidentemente, l’ha già detto, è un Teste che non è stato molto coerente. Allora faccio un passo di lato, scelgo un approccio, una visione laterale al problema e vado a valutare se quello che mi dicono gli altri è coerente con quello che hanno detto poi dopo in altri contesti; commettendo, però, a mio modesto parere, un errore semantico: confondono il “significato” dal “significante”. Perché: quello che attiene al vero portato della conversazione non è il modo in cui lo dico, il significante, ma il contenuto dell’informazione che io do, il significato. Perché dico questo? Perché, per esempio, quando hanno fatto tutta quella digressione sulle telefonate intercorse tra Marin e Gronchi, dice, si parla, però non dice: ho fatto il colloquio con Tizio e con Caio; così pure, quando parlano di quello che ha detto Ambrosini ai colleghi in relazione al 2012, non ha detto questo e questo, per cui non è vero che dice questo. Ma il significato della comunicazione, quello che loro riferiscono ai colleghi in quel momento, qual è l’importanza per i loro colleghi? Sapere se di quell’argomento, perché anche Sandro Re ci dice che Ambrosini aveva detto: beh, abbiamo l’ispezione, stavolta ci leviamo il dubbio, e sapere questo argomento delle correlate, 2358, è stato affrontato o non è stato affrontato con gli Ispettori? E la risposta è univoca, tutti, Re, Repetto, Massimo De Bortoli, ci confermano che durante l’ispezione questa è l’informazione. A loro interessa sapere in quel momento se è stato Scardone, piuttosto che Sansone, a dirlo o interessa sapere per la loro operatività che il problema è stato sollevato, è stato discusso e ha avuto un esito favorevole? Massimo De Bortoli, che è sfuggito nelle citazioni del Pubblico Ministero, all’udienza del 19 dicembre, pagina 60, dice: “La tematica era stata oggetto di confronto con gli Ispettori, con la documentazione che gli era stata data e con le interlocuzioni”. Dopo, perché gli viene contestato: ma quando gli era stato detto; dice: “Io adesso non posso ricordare se è stato il giorno dopo, il giorno stesso, o la settimana o il mese successivo, certo è che ricordo che ne abbiamo parlato”. Per quello, dico, è il contenuto della comunicazione che rileva, non i dettagli, perché a loro interessa sapere: di questa tematica ne hai parlato? Sì. Con chi? Mi è indifferente perché un ispettore è un ispettore, Banca d’Italia parla attraverso gli Ispettori, sapere se ha parlato per bocca di Sansone o di Scardone è indifferente. Anche perché abbiamo visto come nascevano quelle interlocuzioni durante il periodo dell’ispezione, ce l’hanno detto: erano colloqui informali, al volo, davanti a un caffè, andiamo a mangiare, parliamo. E aggiungo, non è che il tema del capitale finanziato fosse la principale o unica preoccupazione-occupazione della Divisione Crediti, aveva tutti gli altri temi sul tappeto e oggetto di discussione. E dico tutte le e-mail che vi ho prodotto dimostrano la vastità del sapere che veniva richiesto, e la vastità di tutti i vari colloqui, questo era uno dei tanti. A me interessava sapere se il tema era stato affrontato e ottengo risposta positiva, e ottengo, facevo riferimento prima alla lettura “diversamente orientata” (usiamo il termine così) che fanno i Pubblici Ministeri dell’intercettazione tra Marin e Gronchi. Io ho letto e riletto quello che hanno detto, effettivamente la loro ricostruzione avrebbe avuto un certo qual senso, una certa coloritura di apparenza logica solo se fosse stato esatto il riferimento che loro fanno; perché loro impropriamente dicono: chiama Gronchi quando gli arrivano le contestazioni da Banca d’Italia; e allora forse in quel tipo di conversazione avrebbe avuto magari senso dire: ma tu con chi hai parlato di Banca d’Italia? In realtà, Marin chiama Gronchi – lo sappiamo, basta leggere la telefonata – quando riceve la lettera di contestazione del Consiglio di Amministrazione, non di Banca d’Italia, come impropriamente è stato detto. E allora quello che lui dice è: mi contestano il merito di credito, ma scusa, le hanno viste anche durante l’ispezione, capite bene che è ben diverso il contenuto dell’informazione, perché è diverso il contesto in cui parlo. Io vi sto facendo vedere quello che mi hanno contestato e vi sto dicendo come intendo difendermi. Non c’entra nulla Banca d’Italia come interlocutore, è un elemento in più per dire: guardate che io ho lavorato bene. Stesso discorso, a mio avviso, di travisamento viene fatto, quando loro fanno riferimento al povero Ambrosini, che se Sansone è stato il più “contestato” (passatemi il termine), Ambrosini è stato il più “maltrattato”, è stato maltrattato anche, credo, quando è stato sentito dai Pubblici Ministeri, perché io non ho memoria di uno che va e viene accompagnato dal Carabiniere, dal Maresciallo in auto finché va a ritirare la documentazione. Di cosa avevate paura che facesse? Ma è stato un atto che non ho capito, avrete avuto le vostre legittime motivazioni, io non l’ho compreso, ma non mi è sembrato un bel comportamento. Anche perché io non posso stupirmi di questo che mi porta le e-mail, mi dovrei stupire casomai del perché la Guardia di Finanza non le ha trovate, visto che avevano sequestrato tutto, e c’erano nei server, perché anche questo è stato, è lui che mi viene con le e-mail. Ambrosini l’abbiamo visto, è così: è un soldatino quadrato, che per risponderti deve sempre farsi la sua scaletta mnemonica, il “pao” ci ha detto Giustini, perché guarda, si guarda in giro e dopo comincia e ha bisogno dei suoi tempi. E lui è così, metodico, per cui viaggia con la sua valigetta, viene sentito dalla Procura e arriva con tutte le sue rube, perché dice: se mi chiamano, mi chiamano per cosa, per il capitale finanziato? E sul capitale finanziato questo è. E allora dicono: ma se tu nel 2012, Ambrosini, fosse vero che tu avevi parlato con Sansone di questo, perché nel 2015 nel vai a dire a Manni ‘Guarda che io ho parlato con Sansone nel 2012’? Perché questa è l’obiezione di fondo che viene fatta: perché non dici ‘Ma come? Queste sono operazioni che hanno già visto nel 2012 e adesso voi me le venite a contestare’? Ambrosini è un soldatino che esegue gli ordini che chi sta sopra di lui nella catena gerarchica gli dà. Balboni gli dice: hanno trovato questo capitale finanziato, per cui sono già operazioni definite ex sé, perché ce lo dice Balboni, che glielo dice Bozeglav, operazioni finanziate, tu fammi il merito di credito. Io non riesco a capire perché lui avrebbe dovuto alzarsi dalla scrivania, non fare quello che gli ha detto il superiore gerarchico, andare da Manni, che non era un suo interlocutore, col quale non aveva rapporti, bussare e dire: dottor Manni, guardi che di queste posizioni qualcuna ne avevamo vista. Io qua non vedo logica, perché lui fa quello che gli viene ordinato. Ed è pacifico che lui fa il merito di credito, perché il suo superiore gerarchico gli dice di fare quello. E allora non è una giustificazione: perché non l’hai detto? Quando tu mi dai un ordine diverso. Abbiamo parlato di Manni. Manni viene poi citato per dire, per rafforzare la tesi dell’Accusa, dicendo: guardate, comunque, nel 2012 neanche volendo le avrebbero potute vedere. E utilizzano ovviamente le dichiarazioni di Manni soltanto nella parte che loro legittimamente reputano di valorizzare. Però, a un certo momento, Manni forse non si è reso conto, perché non conosceva nel dettaglio ovviamente l’ispezione del 2012, e ha fatto un’affermazione, che secondo me è un “autogol alla Niccolai” (Comunardo Niccolai, grandissimo stopper del Cagliari, campione d’Italia, però è rimasto alle cronache per alcuni leggendari autogol). Perché dico questo? Perché Manni, a un certo momento, ci viene a dire: “Difficile che io – a pagina 38 lo trovate – in un’ispezione sul credito prenda, faccio qualche nome, un Ravazzolo o un Morato”. Come dire: se faccio il credito, faccio solo il credito a rischio, non guardo i crediti in bonis, perché lui, dice, ragiona secondo le categorie. “Sono sincero, Gianluca Manni in un’ispezione sul credito non avrebbe potuto intercettare il fenomeno, anche perché per farlo devi fare un’operazione chirurgica”. Allora adesso io faccio una domanda a voi, Signori del Tribunale: ma Sansone cos’ha fatto di diverso da Manni nel 2012? Ha guardato esattamente quelle posizioni che Manni dice: io non avrei guardato, perché abbiamo l’elenco e c’è il dato documentale, e almeno su quello mi riconoscerete che l’hanno prese in mano. Ha, e lo dice lui, le ultime due pef e l’accesso ai conti correnti. In più, come farà Manni, anche lui chiede e ottiene gli ordini di acquisto delle azioni. E allora ditemi che strumenti chirurgici di più e diversi e migliori ha Manni rispetto a quelli che ha avuto Sansone? Sansone ha fatto esattamente l’operazione chirurgica che Manni dice di aver fatto nel 2015. E allora hanno usato questa immagine suggestiva, che Manni vede il fenomeno del capitale finanziato, se non ricordo male, “dal buco della serratura”. Bene, se Manni l’ha visto dal buco della serratura, Sansone l’ha visto dal palco reale della Scala, perché aveva in mano anche i fascicoli e anche le spiegazioni che Marin gli ha dato sul punto. Poi, lasciatemi essere un po’ polemico, chiedo scusa prima, perché per dimostrare che loro non hanno avuto riguardi nei confronti di Sansone dicono: abbiamo intercettato anche il nostro Consulente. Scusate, sappiamo bene che il Consulente non è stato intercettato, era intercettato Sansone, che ha chiamato il Consulente. Quando noi Difensori, com’è avvenuto anche in questo processo, e parlo per me, parlo per l’Avvocato Ambrosetti, siamo stati intercettati, giustamente la Procura dice: stavamo intercettando il tuo cliente, che casualmente parla con te. Dico un particolare di colore. C’è la telefonata in cui Paolo Marin parla con la moglie, e dice: “Adesso chiamo il mio Avvocato”. La telefonata successiva al mio numero diventa improvvisamente: “Chiama Lino”. Questa è la Guardia di Finanza. Chiusa parentesi. Era solo per dire: non venite a dire che avete intercettato il vostro Consulente, tra le varie cose Sansone ha parlato anche col Consulente. Chiusa la parentesi. Per demolire un po’ la figura di Claudio Ambrosini poi è stato detto: Ambrosini, se lo sentiamo la prossima volta, chissà cosa ci verrebbe a dire, perché ogni volta che lo sentiamo aggiunge particolari. A parte che è un meccanismo tipico di elaborazione del ricordo, perché più io mi concentro a ricordare un argomento, un fatto, più è facile che qualcosa mi torni alla mente, per cui è un’operazione legittima, studiata nella psicologia e nota; per cui, non è che io mi debba stupire perché uno, più parliamo di una cosa, gli vengono in mente più particolari. Però, allora, battuta per battuta, se dovessimo risentire probabilmente Gennaro Sansone, io non so se questo confermerebbe di essere Gennaro Sansone e di essere stato lui a essere quello che era andato dai Pubblici Ministeri a rendere delle dichiarazioni. Perché, dicevo prima, io ho contato almeno 12 contestazioni, e non riesco a capire come un alto funzionario della Banca d’Italia, Istituto di eccellenza, da tutti stimata per l’autorevolezza dei suoi esponenti, una persona che ci ha detto che ha fatto oltre quaranta ispezioni, era reduce della devastante ispezione sul Monte dei Paschi, infatti in Banca erano terrorizzati perché è la stessa squadra che è andata a fare le pulci in Monte dei Paschi, con gli esiti che abbiamo letto sui giornali, per cui è una persona che sa il suo lavoro; che ha ripetuti contatti con l’Autorità Giudiziaria, perché credo e non penso di poter essere smentito che non sia stata la prima volta che sia stato convocato dai Pubblici Ministeri o sia venuto in Tribunale, rende una dichiarazione in cui ritira tutto quello che aveva detto. Passi, può succedere che uno dica: guarda, quel giorno ero là, ero stato minacciato, vessato, ho detto il falso, adesso dico il vero. No, Sansone nemmeno questo. Lui dice che non sa darsi una spiegazione del perché in allora abbia detto certe cose. Letteralmente: “Non sono in grado di dire il motivo per il quale non mi riconosco in quello che ho detto”. Cioè, tu sei un Ispettore di Banca d’Italia, davanti ai Pubblici Ministeri hai fatto quelle affermazioni che voi vedete, poi qualcuna magari ve la dirò, e poi mi dici che quando dici che ti eri espresso male nel eri lucido, non eri preparato, non sai dire perché avevi detto quelle cose. Ma, Signori del Tribunale, parliamo di un Ispettore di Banca d’Italia, non del vigile urbano di Lastebasse, uno che di queste cose ne mastica da anni. Perché poi, tra le altre cose che aveva detto durante, che può anche spiegare il perché poi, in una certa chiave di pensiero, perché poi ne ho anche un’altra che poi vi dirò, perché poi al dibattimento sia venuto a fare retromarcia; a un certo momento, voi la contestazione la vedete a foglio 121 del suo verbale, se ne esce con una frase che poi qui non è riuscito a spiegare, e dice: “In conclusione, preciso che per la conoscenza e l’esperienza che avevo all’epoca il tema del capitale finanziato nelle popolari non era considerato un aspetto problematico per la Vigilanza”. Parla per loro, per la Vigilanza. Poi qua dice: no, io per Gennaro Sansone intendevo. Ma il dato letterale per com’è stato verbalizzato è, a mio avviso, inequivocabile: non era un tema sensibile per la Vigilanza, non era un aspetto per noi che costituiva un problema. E qua, se volete, voi trovate una certa forma di conferma in quello che dice Cauduro a un certo momento del suo interrogatorio, nell’ispezione 2015: “Quando viene fuori il tema del capitale finanziato non preoccupa, perché, vabbè, siamo una Popolare, se c’è il finanziato, vabbè, ci daranno delle sanzioni amministrative; quello che fa cambiare tutto il panorama e il tono dell’ispezione – ce lo dice Cauduro – è quando vengono fuori le lettere d’impegno al riacquisto”. È quello il discrimine dell’ispezione Gatti. E fa un po’ il paio con quello che ci dice Sansone in questa frase: “Non era un grande problema, al massimo ci davano una sanzione amministrativa”.

Poi c’è un altro aspetto. La bravissima Avvocato Ceci ha lungamente dissertato sul fatto di dimostrare che quel famoso file, che Marin manda a Bozeglav su sua richiesta, dopo l’Audit di luglio 2015, quindi dice: guarda che queste posizioni sono state oggetto, non era completo e non aveva certe cose, e pertanto non ha nessuna valenza sul piano probatorio. Questo è un file che, fortunatamente o casualmente, lui aveva salvato nel suo computer. È già a Palermo, chiama la sua segretaria, e dice: Bozeglav, mandami quello che trovi. Però questo è il file che lui ha, e non è la directory nella quale la Banca carica, perché quando lui dice: okay, caricate tutto quello che hanno chiesto, che sono i famosi ordini di acquisto, ovviamente dove vanno caricati? Sul file della Banca, non sul file di Paolo Marin. E quello è il file che lui aveva delle cose che aveva guardato in quel momento, e si ferma a quella data, come e perché non lo so. Però è ovvio che vanno a caricare sul file dedicato. Poi io non ho capito sinceramente perché ci si pone il dubbio sul perché la Banca non abbia conservato la directory, mentre sul fatto che Banca d’Italia l’abbia distrutta è pacifico perché si fa così. Si fa così anche nella Banca per un motivo molto semplice: perché quando si chiude l’ispezione quello che fa testo – ce l’ha detto Scardone – è il verbale ispettivo. La Banca non potrà mai dire: quel documento c’era o non c’era, perché c’è nella directory: fa testo quello che scrivono gli Ispettori. E loro, com’è prassi, anche loro, così come Banca d’Italia, cancellano perché non avrà più nessun valore, nessun senso. Questo è il quadro generale. Però, proprio per le ragioni che vi dicevo, al di là di esaminare nel dettaglio, secondo me serve molto più di andare nello specifico e vedere esattamente quello che è stato consegnato, perché credo che solo le carte ci possano dare un panorama più fedele rispetto ai Testi. Chiedo un attimo per recuperare.

PRESIDENTE – Avvocato Roetta, possiamo approfittare per incastrare cinque minuti, mi scusi se la interrompo. Siccome abbiamo un problema di coordinamento col GUP, con la dottoressa Tognolo, per l’aula, secondo lei quanto tempo ancora? Le spiego: la dottoressa Tognolo mi ha detto che avrebbe degli abbreviati alle due e mezza. Lei si può prendere il tempo, è solo un’indicazione che devo dare alla collega. mezza…

PRESIDENTE – No, è solo un’indicazione che devo darle, se può o meno fruire di quest’aula per le due e mezza.
DIFESA, AVV. ROETTA – Sì, sì, ritengo proprio di sì.

PRESIDENTE – Allora cinque minuti che avvisiamo anche il GUP.

Il Presidente sospende l’udienza alle ore 13:15. Il Presidente riprende l’udienza alle ore 13:22.

PRESIDENTE – Prego, Avvocato Roetta.

DIFESA, AVV. ROETTA – Grazie, Presidente. Ho trovato il fascicoletto al quale facevo riferimento. Perché, dico, con un Testimone così sgusciante, come il dottor Gennaro Sansone, credo che fare riferimento sui dati obiettivi sia la cosa migliore. E i dati obiettivi sono le comunicazioni che sono intercorse, e che non mi pare siano state messe in dubbio da nessuno. La prima e-mail che noi esaminiamo è quella del 4 luglio 2012, ore 15:47. Ricordo, per quell’appunto spurio impuro che fa Marin, è datato 3 luglio. Ricordo solo che, fatalità, fra i vari argomenti di conversazione Sansone si ricorda di averli affrontati tutti con Marin, non ricorda solo Luisetto-Cattaneo, che è il punto numero 1. Altra annotazione che io aggiungo, per dire che forse quell’appunto un po’ di verità la contiene, è che come interlocutori Marin indica Sansone-Testa. Testa, quando l’abbiamo sentito, ha negato di aver mai partecipato, e Sansone invece ce lo dice che Testa era nella sua stessa stanza e molto spesso veniva e partecipava anche lui agli incontri; per cui, anche il fatto che Marin abbia indicato Testa secondo me dà una patente di credibilità ulteriore. Sul fatto che non sia stato trovato nella perquisizione, l’ho già detto prima, non hanno trovato anche tante altre cose, poi, guardi, se avete il verbale di perquisizione in atti, vedrete che io ho partecipato alla perquisizione a casa sua quel giorno, quella mattina, per cui potrei anche dire com’è stata fatta, come non è stata fatta, ma possiamo immaginare. Comunque, torniamo alle e-mail.

La prima e-mail che dobbiamo esaminare è quella famosa che manda Gennaro Sansone a Claudio Ambrosini, 4 luglio 2012, ore 15:47: “Faccio riferimento alla verifica sugli azionisti BPVi, che allo stesso tempo sono affidati dalla Banca. Le chiedo cortesemente di verificare, per i motivi indicati in calce, analogamente a quanto effettuato per i signori Cattaneo e Luisetto, le date di acquisto delle azioni Popolare di Vicenza e il tipo di provvista utilizzata”. I nomi in calce sono: Elan, Tesoro Savino, Bragagnolo Furio. Allora, io non ho mai capito nulla di banca, e andare in banca per me è stato un problema, non ho mai capito cosa voleva dire “sbf”, e formule del genere; però, una fine di tutto questo periodo trascorso qui, credo di aver capito che nel linguaggio bancario, quando si parla di “provvista”, vuol dire i soldi. E allora, quando mi dice Sansone, mi scrive: “analogamente”, se l’italiano ha un senso, così come abbiamo fatto per Luisetto Cattaneo dimmi quando sono state acquistate le azioni e con che soldi sono stati acquistati. Ambrosini risponde, praticamente 39 minuti dopo: “Provvederò a evadere la richiesta quanto prima”. Dico i minuti perché poi torno a una contestazione che è stata sollevata. Il giorno successivo, alle 6:13, Gennaro Sansone dice: “Oltre Elan, Tesoro, Bragagnolo, mandami anche Torzilli e Bufacchi”. Sappiamo tutti, credo che non debba spendere nemmeno una parola, che sono 5 nominativi, 6 con Cattaneo, in cui è pacifico che si tratti di operazioni correlate nella sottospecie “big ticket baciate” (per usare la terminologia che qualcun altro ha coniato). E poi qua arriva la famosa e-mail, che ha destato la curiosità del Pubblico Ministero, in cui Marin informa Giustini e Turco, dicendo: guardate che delle e-mail, che delle posizioni dei primi 30 le richieste per ora di approfondimenti… Notazione curiosa: quando ho chiesto a Gennaro Sansone cosa aveva inteso approfondire, lui ha detto che non voleva approfondire nulla; cioè, chiedere in più documenti, secondo Gennaro Sansone, non è approfondire, va bene, tanto per dire lo “sgusciante” com’è. E dice: “Sono le tre sottoindicate, prepariamo la documentazione con l’ausilio del collega Filiberto Romio, già contattato da Ambrosini e al quale chiediamo celerità”. Il Pubblico Ministero legge questa e-mail, dicendo: eh, non ha nessun motivo di esistere, se non dire ai Mercati ‘Guardate che li stiamo depistando, per il momento state tranquilli’. No, questa e-mail ha un solo significato, che è quello letterale: io sto usando un tuo addetto per un lavoro mio, gli sto anche chiedendo di fare in fretta, tu che sei il suo superiore gerarchico, te lo dico in modo che tu lo sappia. È come se un Pubblico Ministero chiamasse l’assistenza di un altro collega per fargli fare un lavoro che gli serve in fretta, perché glielo ha chiesto il Procuratore Capo, piuttosto che l’Ispettore Ministeriale, e credo per dovuta cortesia e correttezza avverte il collega dicendo: guarda che al tuo uomo ho chiesto di fare questo perché me l’ha chiesto il Procuratore Capo. È lo stesso discorso. Io sto usando, e gli sto chiedendo fretta, mettendo fretta, uno che non dipende da me, che potrebbe anche dirmi: Paolo Marin, tu non sei il mio superiore gerarchico, se hai richieste da fare, falle a Giustini, che Giustini le farà a me. Però, siccome vogliono dare velocità, prontezza, saltano la catena, però informano il superiore gerarchico. Cioè, se avessimo dovuto rispettare, Romio avrebbe potuto benissimo dire ad Ambrosini: sai che c’è? Tu ti fai autorizzare da Giustini, se Giustini mi dice di farlo io lo faccio, altrimenti veditela. Questo è il senso, ma è l’unico senso che ha questa e-mail, non è tranquillizzante. Anche perché poi Romio, il 6 luglio, risponde ad Ambrosini, in conoscenza a Marin, in cui dice: mi avete chiesto gli ordini di acquisto, guardate che sono nel magazzino a Montecchio Maggiore, comunque ho trovato intanto Elan, Bragagnolo e Tesoro. Gli altri poi li manderà il 9 luglio. Dagli ordini di acquisto noi vedremo ovviamente qual è la data in cui è stato chiesto di acquistare le azioni, e abbiamo la famosa correlazione tra affidato, quand’è la data di delibera perché hanno le pef, adesso hanno acquisito anche le e-mail, hanno acquisito anche gli ordini di acquisto di azioni. Di queste, vi ho citato solo le più rilevanti, ma il dato è talmente evidente, io non dico che anche mio figlio, come dice Cauduro, avrebbe visto le baciate, perché poi Cauduro usa questa espressione molto colorita: “Anche mio figlio avrebbe visto le baciate nel 2012”. Io non so se mio figlio riesce, però io non credo che di fronte a questi dati un ispettore esperto, come Gennaro Sansone, non veda l’evidente correlazione. Supponiamo che sia vero, perché, sai, Marin è un “mentitore seriale”, Marin abbia sempre taciuto, ma di fronte all’evidenza cartacea: è per quello, Presidente, che io chiedevo durante il mio esame, non era che io volessi far diventare Sansone consulente, è che lui aveva detto che è rilevante il dato temporale, e io volevo capire quand’era rilevante per lui. Perché: il dato temporale nella pratica Savino Tesoro è giornaliero, l’abbiamo visto prima; il dato temporale nella pratica Luisetto-Cattaneo sono dieci giorni da quando acquistano, ma addirittura hanno chiesto una settimana prima, il 13, di chiedere i finanziamenti per diventare soci. Era questo il senso della domanda, non di farlo diventare consulente, ma semplicemente di dire: quand’è che diventa rilevante per te, se nemmeno lo stesso giorno è rilevante, o Luisetto-Cattaneo una settimana, dieci giorni non sono rilevanti. Perché la pratica Luisetto-Cattaneo, che è sintomatica per molto, quando lui la prende in mano, e sappiamo che la prende in mano perché lo dice lui che ha guardato Luisetto-Cattaneo, abbiamo un ordine di acquisto di azioni fatto da una persona che non è nemmeno cliente, non dico socio ma nemmeno cliente di Banca Popolare di Vicenza; il conto corrente viene aperto dopo, e l’ordine di acquisto è del 13 dicembre, il 20 dicembre viene deliberato un finanziamento da parte del Consiglio di Amministrazione di 21 milioni di euro, e il 30 dicembre, dieci giorni dopo, vengono acquistate azioni Popolare di Vicenza per un importo esattamente corrispondente. E infatti, cosa dici? Chiedi: fammi vedere quando sono diventati soci. Perché la domanda di acquisto azioni è questa, e chiede per gli altri. E di fronte a questa pratica noi dobbiamo pensare che lui non ne abbia parlato, perché dice che non se la ricorda, perché questo ha detto durante il suo esame: non mi ricordo di averne parlato. Che la ricostruzione dell’Ispettore in punto conoscenza o meno del fenomeno del capitale finanziato desti il fianco a qualche critica, credo di poterlo affermare, venga riconosciuta, tra l’atteggiamento, (inc.), anche dall’Accusa, perché a un certo momento si dice: sì, vabbè, comunque tu, quando – e lo vediamo riportato nel capo d’imputazione – quando hai parlato, comunque non gli hai detto che erano dei portage, operazioni a termine, non gli hai detto che c’erano lettere di acquisto, non gli hai detto che c’erano gli storni (li vedremo dopo). Per dire che io non ho detto che erano operazioni a termine l’unico elemento che mi viene portato, se mal non ho inteso, ho un ricordo, è la questione: l’operazione Solfin, perché dice a ispezione ancora calda Marin Parte, se ne va e va a fare questa cosa qua; ci viene detto in termini sostanzialmente coincidenti da Citton e da Pilan, per cui Marin, quando a luglio parla con Sansone, non gli dice che sono operazioni a termine. Se dovessi fare un rilievo puramente formalistico, ma che dal punto di vista della prova è irrisolvibile, l’operazione Solfin è a fine ottobre, il colloquio che io ho con gli Ispettori è del 3/4 luglio, 3 luglio secondo l’appunto di Marin, 4 luglio il colloquio che ha Ambrosini. Niente mi può escludere che io abbia saputo di questa particolare modalità operativa nell’intervallo tra luglio e agosto, e ottobre; o ancora più semplicemente che Pilan, perché Pilan, a differenza di Citton, dice: siamo andati assieme e Marin è venuto solo la prima volta; non è vero quello che dice Citton che è andato Marin da solo, che Pilan nulla esclude, lo abbia messo a parte di questa particolare modalità, finché si mettono d’accordo per andare assieme da Citton, ma siamo a fine ottobre. E allora dire: l’operazione che tu hai fatto a fine ottobre mi dimostra che tu a luglio sapevi di questo tipo di operatività, mi sembra che dal punto di vista logico qualche falla ci sia. Ma, aggiungo, noi non abbiamo, al di là di questo dato, nessun’altra dichiarazione, né di capi area, direttori regionali, tutti quelli che abbiamo sentito durante questo dibattimento, che durante i famosi Comitati Crediti, che era l’unico posto nel quale c’era un’interlocuzione in cui la rete poteva mettere a conoscenza i Crediti che l’operazione poteva comportare anche l’acquisto di un capitale finanziato, di azioni finanziate, o che durante le telefonate che potevano intervenire con gli analisti: nessuno ha mai detto che è stato affrontato il problema che erano operazioni a termine. Nessuno. Nessuno ha mai detto: sì, durante il Comitato Crediti dicevamo anche che era per un anno, per sei mesi, per due anni. Nessuno. Viene recuperata la conoscenza solo da questa operazione. Poi, sulla modalità, non è vero, come si sostiene, che Pilan e Citton ricostruiscono in termini sostanzialmente coincidenti l’episodio, ne danno due versioni che differiscono non di poco: perché Citton dice che è Marin che va da solo e gli propone; Pilan dice: sono andato con Marin e con lui abbiamo condiviso di. Primo punto. Secondo: non è Marin che parte e se ne va, va a offrire, ma sappiamo, perché ce lo dice Pilan, che è Citton che chiama Marin perché ha bisogno di un’operazione di finanziamento in relazione ad altra società, e così vanno, per cui non è che lui parta e vada a fare campagna sul territorio. Un particolare di contorno, ha poca rilevanza ma è solo per riportare fedelmente i fatti. Però Pilan, se lo guardiamo bene, lui dice anche un’altra cosa, che lui ha sempre fatto così, ha sempre usato lo stesso modus operandi: un primo incontro in cui si discute in termini generali, si vede se c’è una generica disponibilità del cliente, poi, nei successivi incontri, andrà a delineare esattamente i termini della questione (tasso praticato, eventuale remunerazione e quant’altro). E guardate che questo in certo modo viene confermato anche da Citton, perché è proprio lui che ci dice che ha concordato successivamente con Pilan i dettagli tecnico-operativi, in particolare l’assenza di oneri per lui; per cui, se io devo applicare un criterio logico, tra i dettagli tecnici dell’operazione, è chiaro che rientra anche il fatto che l’operazione doveva essere a termine. E che sia Pilan il portatore di questa offerta lo ricevo da un’altra circostanza: quando, poi, l’operazione Citton non riesce a chiuderla e viene continuamente rinnovata – e apro la parentesi, io non ho il dato testuale che è a termine perché a me sul tavolo arriva sempre per il rinnovo della linea di credito, per cui per me è un’operazione che come tante altre viene rinnovata, non ho nessun dato formale che mi dica che è a termine, a noi Crediti arriva solo la proposta di rinnovo, ma comunque – se fosse stato Marin quello che aveva promesso a Citton che l’operazione sarebbe stata a termine, scusate, nel momento in cui Citton non riesce a chiuderla, da chi andava a lamentarsi secondo voi? Sappiamo che quello che conosce meglio è Marin. Se fosse stato Marin che gli fa la proposta, la prima cosa che uno fa è dire: tu mi hai detto che sarebbe stata a termine, perché adesso non me la chiudi? Che è esattamente quello che ha fatto Bufacchi per la sua baciata: quando la rete non è riuscita a venire incontro alle sue richieste, cosa fa? Prende in mano il telefono e chiama Sorato, perché era Sorato quello che era stato il suo interlocutore. E se la logica ha un senso, se fosse stato Marin, e non Pilan, a offrire questo, logica ne vuole che il primo destinatario delle contumelie, delle lamentele di Citton sarebbe stato Paolo Marin. Che senso ha che vada a lamentarsi con Pilan, se è stato Marin, come lui dice, a fargli l’offerta? Questo è un ulteriore argomento logico che depotenzia l’argomento logico usato dal Pubblico Ministero. E aggiungo, questa operazione, che è l’unica al quale lui partecipa, pacificamente, nella veste che abbiamo detto, il guardiano delle regole, della formula, non usa nemmeno la formula. Perché voi andate a vedere nella scheda di sintesi di questa, per come viene riportata, mi consenta il Pubblico Ministero, e non è operazione finalizzata eccetera: pianificazione flussi finanziari sulle controllate. Cioè: tu, guardiano, sei talmente guardiano che in questa in cui in qualche modo partecipi nemmeno ti preoccupi di fare adottare la formula. Veramente un guardiano scadente. C’è un altro episodio, però, che secondo me doveva essere maggiormente esplorato perché ho già premesso prima come sia purtroppo accaduto che, essendo amico da tanti anni di Paolo Marin, magari questo processo mi ha colpito di più, però cerco sempre di essere, per quanto possibile, laico nell’approccio, anche perché se fossi stato convinto della sua colpevolezza gli avrei suggerito altre strategie processuali, perché è questo che deve fare un Avvocato. Però, se devo valutare in modo “laico” tutto quanto, c’è una questione che è venuta fuori e che nessuno ha approfondito, nemmeno durante l’indagine, nonostante Ambrosini l’avesse subito riferita. Scusatemi, il 3 luglio Paolo Marin ha l’incontro col dottor Gennaro Sansone e parla del capitale finanziato, Luisetto- Cattaneo, e gli dice che ce ne sono anche altre; il 4 luglio, alla mattina, Claudio Ambrosini viene convocato, manu militari, nell’ufficio di Sorato e riceve una lavata di capo. Abbiamo saputo – noi l’avevamo sospettato e non potevamo sapere se fosse Sommella o Lio perché e erano loro i due canali di “dialogo” con gli ispettori – che è Sommella che avverte Sorato perché c’è Giustini presente. Allora, scusatemi, se vogliamo dare un senso a questo episodio, questo dimostra alcune cose: uno, c’è un canale di dialogo diretto e aperto, alternativo all’ufficialità, tra gli Ispettori – io non so se sia stato Scardone o sia stato Sansone, non lo so chi abbia telefonato a Sommella – e Sorato, canale di dialogo “irrituale” lo vedete confermato anche da quei messaggi che abbiamo prodotto di Lio che manda a Sorato. Uno, per dire, del 30 maggio, prima di andare in Banca d’Italia, parla con Scardone; poi, del 25 luglio, Scardone insiste di andare a cena e vedete la settimana prossima eccetera. E questi canali di dialogo – ce lo dice proprio Sommella – sarebbero fuori dallo stile Banca d’Italia, perché è Sommella che ci dice che durante l’ispezione non ci devono essere cene, non ci devono essere incontri, interlocuzioni, ce l’ha detto Sommella o ho letto male io? Però questi ci sono, i messaggi ci sono, la convocazione di Sorato nella quale lui sa il contenuto del colloquio avuto da Ambrosini, l’ha saputo in tempo reale, e chi poteva averglielo detto a Sorato? E perché? La domanda è non solo chi, perché è irrilevante chi sia stato, è uno di Banca d’Italia, ma perché gliel’hanno detto? Questa era la domanda che doveva essere approfondita, questo era il tema di indagine. Vediamo se dopo io potrò offrire qualche elemento di lettura di questa circostanza. Perché se questo episodio, che avviene nel 2012, io lo leggo con l’atteggiamento che Sorato tiene durante l’ispezione 2015, mi pare di cogliere all’inizio lo stesso discorso, perché ce lo dice sempre Cauduro, quando gli dice che c’è il problema del capitale finanziato, e Sorato gli dice: me la vedo io con gli Ispettori, non preoccuparti. Poi dà un diverso ordine di scuderia: difendere, negare tutto. Quello che abbiamo verbalizzato, letto e riferito dai Testi. Forse era mutato qualcosa nei suoi rapporti con Banca d’Italia. Però l’ispezione 2012 determina un esito per Banca Popolare che i Crediti si sentano pienamente legittimati, proprio perché non hanno ricevuto contestazione alcuna, e guardate, c’è quel discorso di quei famosi 270 milioni, che noi abbiamo spiegato che corrispondono esattamente al quantitativo di azioni detenute, o direttamente o attraverso l’assistenza finanziaria fornita dalla Banca, per tutti i soci e gruppi di rischio esaminati. Io non ho sentito una ricostruzione alternativa su quei 270 milioni, perché se noi andiamo a vedere i primi 100 clienti affidati, così come dicono loro, vedrete che la cifra è ben diversa. I 270 milioni trovano giustificazione solo con riferimento a quello, ed è un dato, è una coincidenza forse, io non credo, però non mi è stata fornita una diversa modalità di quantificazione di quel dato. Però l’effetto che determina questa ispezione è che i Crediti si sentano assolutamente nella piena legalità; Sorato, invece, proprio anche perché non sono usciti i rilievi, si senta autorizzato a forzare, perché tutti quanti ci dicono che dopo l’ispezione è aumentata la pressione di Sorato sui Mercati per aumentare il fenomeno del capitale finanziato. E poi dicevo, la domanda è: perché nel 2015 cambia qualcosa? Una conferma indiretta io credo di intravederla proprio nella decisione, che avevano assunto i Pubblici Ministeri, di sottoporre a intercettazioni Sansone, dopo che era stato in costanza di interrogatorio. Perché ricordiamo tutti quello che ha detto il maresciallo Basile, quando è stato sentito, quando fanno il rapporto di febbraio, dicono: non abbiamo trovato elementi per sostenere che Ambrosini non ci ha detto il vero, e dobbiamo capire perché Sansone ha nascosto quello che era accaduto. E propongono come ulteriori elementi d’indagine l’assunzione come Testimone ancora di Sansone, che viene fatto, di Testa, che viene fatto, e di Paolo Marin, sempre come Testimone perché, ricordo, non è ancora indagato. E poi di sottoporre a intercettazioni telefoniche. È chiaro, però, che dire: in quelle telefonate non abbiamo trovato niente, ergo, non ha fatto nulla; è zoppo come ragionamento perché pensare, a cinque anni di distanza, di trovare elementi di prova in ordine a un supposto reato, perché capiamo tutti che se è stato fatto questo è perché i Pubblici Ministeri pensavano di poter trovare elementi per dimostrare un comportamento un po’ più che negligente tenuto dagli Ispettori, per vedere perché certe cose erano state dette e scritte e che non erano state evidenziate. Altre spiegazioni non ce ne sono. Che ipotizzassero una corruzione con la cena non lo so, che ipotizzassero altro non lo so, ma è certo che pensare di trovare la prova di un reato intercettando uno cinque anni dopo occorre tanta, tanta, tanta fortuna. E questo prova, e questo me ne assumo la paternità, la scelta necessitata a cui la Procura è stata costretta: non riuscivo a dimostrare che in qualche modo uno o più degli Ispettori non si era comportato bene durante l’ispezione, per cui avevo trovato il vulnus, ma se, viceversa, non riesco a dare la prova, ne consegue che l’ispezione è stata carente, è stata negligente, e per definizione Banca d’Italia non è mai negligente, Banca d’Italia è sempre brava, puntuale, interviene sempre a proposito. La peggiore pena o sanzione, che non pensavo mai di meritare, che invece mi è stata data in questo processo, sapete qual è? È che io devo dare ragione a Renzi, che è una cosa che veramente mi urta i nervi! Perché, quando Renzi ha detto che in Italia si può criticare tutto e tutti, ma non Banca d’Italia, ne ho avuto conferma anche in questo processo: Banca d’Italia è intoccabile. E dover dare ragione a Renzi è una pena che non mi riconosco di dover sopportare, perché sapete bene come la penso. Perché evidentemente il tema del capitale finanziato in quel momento non era un problema per Banca d’Italia, perché era un problema che nelle banche popolari veniva risolto e gestito in modi diversi, e che non era meritevole di segnalazione, non era meritevole. Poi, nel 2015, cambia il mondo, perché cambiano i controllori, e cambia Sorato perché prima dice: me la vedo io con gli Ispettori; i suoi canali, le sue antenne evidentemente funzionano male, e allora dà un altro ordine di scuderia. Io non vedo altra interpretazione logica a tutto quello che accade: perché mi devono spiegare perché Sorato è stato avvertito, quale fosse il fine; mi devono spiegare come, a fronte di questa palese ostensione dei documenti, dov’è inequivocabile che il fenomeno ci sia, tanto che gli approfondimenti che chiedono sul gruppo dei 30 sono tutti relativi a persone che hanno capitale finanziato. E chi poteva avergli dato quell’informazione? Evidentemente o Ambrosini o Marin durante i colloqui, perché chiedono miratamente tutte operazioni pacificamente finanziate, aggiungo, sotto genere big ticket, proprio per la rotondità e l’entità degli importi. Magari c’è un’altra spiegazione, c’è stata, io non l’ho colta, non l’ho vista, non l’ho sentita, magari mi è sfuggito, vi chiedo scusa. Anche perché mi viene da dire se nella ricostruzione dell’Accusa l’episodio Solfin è quello che mi dice che comunque tu hai fatto l’ostacolo perché nel hai detto; Citton è stato sentito il 24 ottobre 2016, vado a memoria, non credo di sbagliare, e non è stato sentito da un maresciallo della Stazione in Val Senales, che si è dimenticato il verbale nel cassetto per cui ai Pubblici Ministeri è stato recapitato con colpevole ritardo, è stato sentito dal Tenente Colonnello Summa il 24 ottobre. Se era così devastante l’impatto di quella vicenda, se lui era il guardiano della formula, mi spiegate perché lo iscrivete l’11 aprile 2017, quando non c’è più nessun atto d’indagine, dopo l’interrogatorio di Gennaro Sansone e le intercettazioni? Ecco, io questo non l’ho capito. Ripeto, miopia mia, ottusità, non ci arrivo a capirlo, sono duro di comprendonio, la ragione è evidente e tutti l’hanno colta, ma io no, e allora se è così chiedo scusa. Però questo è il dato formale.

Vado a chiudere, Presidente, e credo di riuscire a rispettare, perché l’ultimo punto che mi resta da affrontare è qualche piccola chiosa in ordine al capo d’imputazione, perché qualche analisi va fatta. Mettiamo dal capo A.1, perché poi viene ripetuto in tutti gli altri capi. La prima contestazione, che viene fatta a tutti ma io parlo per me in particolare: “avendo avallato la prassi aziendale della concessione di finanziamenti finalizzati all’acquisto e/o sottoscrizione di azioni proprie di seguito descritte”. Tu avalli una prassi, credo sarebbe stato compito-onere esclusivo dell’Accusa dimostrare che io sapevo che questa prassi io ho avallato era una prassi illecita; mi pare che questa prova non sia stata data. Sono già state esposte le ragioni per le quali, quando viene posto il problema, noi lo affrontiamo e lo giudichiamo in certo modo, giusto o sbagliato che sia, ma è un giudizio che esula completamente dalla volontà colpevole, dal dolo. Ma andiamo con riferimento alla posizione di Paolo Marin, perché la contestazione che viene fatta è molto precisa: “avendo cooperato concretamente, nell’attuazione della predetta prassi, anche per il tramite delle strutture aziendali alle proprie dipendenze, particolarmente nella fase di istruttoria e deliberazione degli affidamenti”. Questo capo d’imputazione avrebbe avuto un senso, un suo essere, solo se ci fosse stata, come non era, un’impostazione rigidamente gerarchica all’interno del processo del credito; perché, se fosse stato vero che tutti i Crediti dipendevano in via gerarchica da Marin, che l’ultima parola su tutte le pratiche di credito era sua o dei suoi componenti della sua struttura, questo capo d’imputazione sta in piedi. Ma nel momento in cui dal 7 febbraio c’è la delibera del CdA 2012, entra in funzione aprile 2012, vi ho già detto che ci sono dei centri deliberativi autonomi, indipendenti dalla Divisione Crediti, sui quali io non ho nessun tipo di controllo o rendiconto. E allora, per quello ho detto che io da stupido, ignorante, ottuso pensavo che quando è stato fatto fare quell’approfondimento per stabilire i vari livelli decisionali fosse stato finalizzato anche per una modifica, in modo che ognuno rispondesse di quello che aveva fatto. E allora io avrei risposto per me e per le strutture alle mie dipendenze di quelle che ho deliberato e istruito, altri avrebbero risposto per quello che era nelle loro competenze di quello che avevano deliberato e istruito. E tutti questi fanno parte della schiera dei salvati di questo processo, che abbiamo sentito tutti come Testimoni, per scelta specifica dell’Ufficio inquirente. E guardate che questo dato era nel patrimonio conoscitivo di chi ha fatto le indagini quantomeno da settembre 2016, quando sono stati sentiti Re e Repetto, che avevano spiegato com’era organizzato il processo del credito e l’assoluta indipendenza gerarchica di tutte le aree direzioni regionali da loro in tema di concessione del credito. Dicevo prima che di tutto questo lavoro l’unico dato che è stato valorizzato e utilizzato durante la requisitoria è per dire: sì, Marin viene qua a mentire… No, Ambrosini viene qua a mentire perché, guardate, lo dico così, se noi guardiamo bene, ha deliberato circa il 10% del capitale finanziato. Ma sapete, i dati bisogna leggerli tutti nella loro integrità, perché è ovvio che se io sono ai Crediti ho molte più delibere di chi è in area, forse sarebbe stato più interessante tarare quello che ho deliberato relativo al capitale finanziato, come risulta dalla consulenza, o faccio altri conti, in base a quello che ho deliberato nel complesso. Perché, vedete, Signori del Tribunale, sapete qual era l’importo totale delle delibere che venivano assunte in Popolare di Vicenza negli anni contestati? Quasi 78 miliardi di euro. Voi questo dato, non dovete affidarvi a quello che io vi dico, voi lo trovate perché in tutti gli allegati al Consiglio di Amministrazione, trimestralmente, ma potrei sbagliare, magari era semestralmente, comunque periodicamente, veniva inviato un riassunto di tutti gli impieghi sostenuti dal Gruppo. E allora, se noi andiamo a vedere quanti di questi impieghi sono stati deliberati, per esempio, il Consiglio di Amministrazione 2012-2013 ha deliberato impieghi per 19,7 miliardi, il capitale finanziato è l’1,60; Marin ha deliberato impieghi per 8,4 miliardi, per cui il capitale finanziato diventa 0,60. Sto parlando di dati 2012-2013. Ambrosini, il suo 10%, se noi lo guardiamo in rapporto a quello che ha deliberato complessivamente, diventa lo 0,62. Vi do l’ultimo dato e poi mi fermo. Sapete quanto hanno deliberato, invece, in base a quello che avevano complessivamente fatto le Direzioni Regionali? Il 4,60% di finanziato. A fronte dello 0,60 dei crediti, questi hanno fatto il 4,60, se vogliamo dare un senso e una logica ai numeri. E questo mi apre, questo rilievo, anche un’altra questione: per quelle che sono a me direttamente attribuibili, secondo il capo d’imputazione che dice “strutture aziendali alle mie dipendenze”, quelle che io ho fatto erano “idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo” o “a incidere in modo significativo sull’affidamento rispetto al pubblico” eccetera eccetera? È una risposta che io non le so dare, ma credo nemmeno il Tribunale potrà dare, proprio perché non è stata compiuta quell’operazione che era necessaria ai fini di valutare se la mia opera, ammesso e accettando la ricostruzione della Procura, l’aveva fatta, se dobbiamo valutare in termini di idoneità a cambiare. Ma non sapendo esattamente quanto sia quello che io ho fatto, perché loro non me l’hanno scritto, voi come potrete superare questo gap? Perché la riformulazione del capo d’imputazione non è stata fatta. E ancora, leggendo il capo d’imputazione, mi si dice: si parte da 545 milioni circa nel 2012, però non è quello che è stato fatto nel 2012, era quello ancora in corso nel 2012; e allora io avrei diritto di capire, di questi 545 milioni, quante sono state fatte nel 2012 e quante erano già in piedi prima, perché evidentemente non sono roba mia. E di questi 545 milioni, quanti ne ho fatti io, quanti ne hanno fatti gli altri. Così pure, quando mi dicono, nel 2013, 155, 255 nel 2014, è la stessa considerazione: quanti sono dei Crediti, Divisione Crediti, e quanti sono dei Crediti regionali? E solo una volta che mi avrete indicato precisamente questo, potremo andare a fare tutte le valutazioni, se i parametri delle richieste normativamente e della sensibile alterazione del prezzo siano stati rispettati o non siano stati rispettati. Però c’è un’altra roba che vi devo dire, perché anche questa io non l’ho capita. Mi dicono poi: 8 milioni nel 2015. Ma scusate, ormai lo sanno anche i sassi: io non sono più ai Crediti dal 31 dicembre 2014, e mi mettete in capo anche gli 8 milioni del 2015. Allora: o voi avete le prove che io mi portavo via la valigetta coi codici con la formula a Palermo e tornavo solo in occasione dei Comitati per mettere a disposizione degli altri, che ignoravano il contenuto di questa precisa formula; ma, se no, che senso ha, che logica, come potete pensare di contestarmi gli 8 milioni nel 2015, quando io non ci sono più a Vicenza? Capo B.1, vado proprio di volata, Presidente. Mi dice: “occultando con mezzi fraudolenti l’impegno assunto da Popolare di riacquistare” eccetera, ovviamente il presupposto è che mi venga data prova rigorosa che io ero assolutamente al corrente di questa pratica, è inutile che ripercorra, la prova non c’è stata. Ma c’è un’altra cosa che io vi voglio far rilevare, che siccome c’è al problema, che poi si vedrà anche nell’AQR, che non è che ogni volta che c’è un’ispezione sia una sorta di confessione che si fa da bravo cattolico a Natale o a Pasqua in cui confesso tutti i peccati che ho fatto; l’ispezione, per quello che ho capito io, funziona nel senso che io ti devo dare tutte le informazioni che tu mi chiedi e tutte quelle che sono inerenti e relative a quelle che tu mi chiedi. E allora, con riferimento al discorso di aver detto che erano operazioni a termine, e che comunque c’erano lettere di riacquisto – lascio stare, credo che sia ormai pacifico che delle lettere di acquisto io non ne sapevo nulla, parliamo del termine – Gennaro Sansone cosa ci dice? La domanda è, la sintetizzo: non ne abbiamo parlato, ma insomma, vi è stato parlato di impegni, lettere di riacquisto? Lui dice: no, non ne hanno parlato. Noi in quella ispezione lì le segnalazioni di vigilanza sul patrimonio di vigilanza, sulla composizione del patrimonio di vigilanza, non le abbiamo esaminate perché erano fuori perimetro, però se c’erano delle lettere di impegno la Banca, nell’ambito di quelle segnalazioni, non mi chieda, doveva segnalarle. Però, dice, erano fuori perimetro. Sull’impegno al riacquisto non dice nulla, perché non risponde proprio, dice: se ci fossero state, erano comunque fuori perimetro. A maggior ragione impegna, perché dice: il capitale di vigilanza era fuori dalla mia ispezione. Guardate che la giurisprudenza sul punto, proprio recependo quello che dico, che non è che sia un luogo in cui devo confessare tutto, anche quello che non mi viene chiesto, dice che la comunicazione deve essere funzionale all’interpello dell’Ente di Vigilanza; cioè, quello che io ti dico deve essere funzionale a quello che tu mi chiedi: se Sansone dice che era fuori dal perimetro, vuol dire che se anche io avessi saputo che erano operazioni a termine, e non te l’ho detto, comunque non rilevava per questo tipo di ispezione perché io non mi occupavo del capitale di vigilanza. Perché le ispezioni, come abbiamo imparato, sono ispezioni mirate, tant’è vero che – ce l’ha detto Cantarella – vedo che c’è un problema, me lo segno e ti dico poi andiamo a fare l’ispezione su quel punto lì. E aggiunge ancora la Cassazione: questo determina una valenza selettiva del dato da comunicare. La comunicazione doverosa, in altre parole, acquisisce tale natura non in ragione del suo contenuto intrinseco, bensì in ragione della correlazione con l’esercizio della funzione di vigilanza. Che è esattamente quello che ci dice Gennaro Sansone: era fuori dal perimetro, a me non interessava perché il capitale di vigilanza non… Sì, dovevano essere scomputate, però a me non interessava. E la stessa cosa, perché poi con riferimento al capo M.1, l’AQR, diventa, si veda, pari pari per l’AQR del 2014, che è quello che più mi riguarda. Perché nell’AQR non c’è nemmeno la fase dell’interlocuzione, è un semplice esercizio statistico: si studiano i flussi. Io ti do una griglia, un modello da compilare, tu mi carichi, mi dai le pef, e in base a quello che mi viene dato, con una semplice operazione, il responso è go or gone, c’è il flusso / non c’è il flusso. È un esercizio statistico. Tutti questi dati non sono rilevanti perché non vanno a inficiare il risultato dell’operazione. Tant’è vero – e qui lo uso come argomento – che quando mi si dice che queste erano operazioni insostenibili perché il realizzo poteva verificarsi solo con la vendita delle azioni, sulle 927 operazioni valutate durante l’AQR credo ci fossero 67 o 62 operazioni correlate: sono state tutte giudicate performing; cioè, tradotto: tutte avevano il sufficiente flusso di cassa per garantire il pagamento dell’esposizione, che è esattamente il contrario di quello che è stato sostenuto in quest’aula. Questo per dire sul merito di credito, vuol dire che era stata correttamente valutata. Ma, ripeto, è un’analisi che mi dice: col flusso di cassa che hai sei in grado di pagare o non pagare? È analisi statistica, manca la fase dell’interlocuzione, non c’è esibizione di fascicoli, c’è solo questa griglia da compilare, queste pratiche da fare, 40-42 al giorno, operazione matematica. Tutto quello che viene contestato è fuori nel perimetro di questo accertamento e non entra, perché lo faranno altri, se questa può essere considerata un’ispezione perché era un esercizio, non ci sarebbe stato rapporto, non ci sarebbero state sanzioni e quant’altro. Sto chiudendo.

Alla fine si dice: sono responsabili tutto per tutti, perché strutturato in quel modo che ho spiegato il capitale finanziato era evidente, condiviso ab origine, che non poteva essere dedotto perché, altrimenti, ci saremmo ammazzati e non aveva senso farlo. C’è un problema di prova fattuale, perché mi devi dare una prova che quantomeno un’adesione a un proposito criminoso è stata fatta, e io non l’ho vista. Però c’era un’osservazione che ha fatto il Consulente del dottor Pellegrini, il dottor Parente, che voi vedete a pagina 68, e che pari pari, cambiando il nome, si adatta perfettamente anche per Marin, e dice: “Non può essere mossa alcuna responsabilità in ordine alla mancata deduzione del patrimonio di vigilanza di importi riferibili alle operazioni cosiddette baciate, ciò in assenza di chiare indicazioni normative circa la connotazione di tale fenomeno, nonché di procedure interne alla Banca Popolare circa la disciplina di tali aspetti”. Questa è la falla del sistema che è evidenziata e si adatta perfettamente anche a me. Aggiungo e chiudo: io potevo avere consapevolezza dell’omessa deduzione soltanto se fossero ricorse alcune circostanze, tipo c’è una sorta di conventio ad excludendum del Bilancio da queste riunioni, per cui io so che il Bilancio non ne saprà nulla, anzi, sono state emanate rigide direttive e ordini da Sorato di non dire nulla al Bilancio, e pertanto, sapendo che il Bilancio non è coinvolto, qualche problema me lo devo porre. Ma sappiamo che quelli del Bilancio c’erano. A me non interessa entrare se Mossetti e Fagnani hanno detto o non hanno detto a Pellegrini, è un problema che non mi tocca, però che Mossetti e Fagnani ci fossero, e che Mossetti e Fagnani sapessero – perché lo dicono loro – che esisteva il fenomeno è pacifico. E allora, se io so che il Bilancio è informato e conosce il fenomeno perché è venuto a qualche riunione in cui si è parlato che esiste il correlato, spiegatemi perché io dovrei a un certo momento sapere che il Bilancio non opera la deduzione. Non rientra tra miei compiti, non ho strumenti in merito, né capacità tecniche, perché ricordatevi che Tonato dice che l’operazione di deduzione dal capitale di vigilanza è un calcolo complesso e sofisticato che solo Pellegrini poteva fare in Banca. Addirittura, Fagnani dice che lui ha capito solo nel 2015 che andavano dedotte, a pagina 41 dell’udienza 10/12: “In precedenza, ero a conoscenza di operazioni comunque, chiamiamole così, di supporto finanziario all’acquisto di azioni, ma, non avendone contezza dei dettagli specifici, non sarei stato in grado di dire se andavano o non andavano dedotte dal patrimonio”. Ne ho avuto contezza soltanto nel 2015. Questo dice chi è al Bilancio. E aggiungo, se tutti siamo responsabili di tutto, evidentemente anche Fagnani era responsabile, perché era lui che veniva alle riunioni, e casomai è lui che non si è fatto parte diligente di portare; e allora, nella vostra ricostruzione dell’Accusa, io non riesco a capire come questi, se fosse vero, se fosse fondato, siano rimasti fuori, visto che erano parte, partecipi a tutte queste riunioni. Oppure un qualche profilo di responsabilità mi sarebbe potuto addebitare, perché? Perché vedo che nel bilancio non c’è nulla appostato come fondo di riserva indisponibile, allora è evidente: tu sai che queste sono operazioni che vanno dedotte dal capitale finanziato, vedi che non c’è nessuna deduzione, nessuna riserva indisponibile, come puoi dire che pensavi venissero dedotte? Però, se io vedo – e voi lo trovate nel bilancio, è un dato pubblico – che c’è una riserva indisponibile di 275 milioni, oltre a 717 milioni di utili non distribuiti, e guardate che il riferimento agli utili distribuiti voi lo trovate anche in Cacchi Pessani, quel parere che è stato depositato, che è stato fatto nel 2015, che dice che potevano essere fatte, nel fenomeno di assistenza finanziaria, soltanto nel limite degli utili accantonati non distribuiti. Per cui, io vedo che c’è questo importo di 275 milioni, più 717 milioni, 2 miliardi 750 più 717 milioni, siamo a circa 3 miliardi e 3, 3 miliardi e 4. Quella volta il mio assistito ha fatto un errore perché aveva sommato anche una posta che invece non fa parte del patrimonio indisponibile, per cui arrivava a 3 e 750. Il dato corretto è questo. Abbiamo dato largamente comprensivo di quello che è la percezione del fenomeno, per quella che è la mia conoscenza, perché abbiamo sentito: tutti i Crediti si sono stupiti sul credito, quando è venuto fuori dalle prime anticipazioni. Lo stesso Marin, 1 miliardo, ma dove l’hanno fatto, cosa è successo? Noi avevamo una visione diversa, eravamo sui 400 milioni, cifre che rientrano ampiamente in queste poste di bilancio che erano accantonate proprio come deduzione dal patrimonio di vigilanza.

Ultimo argomento. Per corroborare il tutto, l’Accusa ha posto come alpha e omega delle due situazioni i due Comitati di Direzione, quello del novembre 2011 e quello del novembre 2014, dicendo: al di là di tutto, abbiamo il Comitato del 2011 e il Comitato del 2014 in cui si dicono certe cose, si fanno certi discorsi, per cui apre e chiude tutto. E parlo per Paolo Marin: io nel novembre 2011 non ci sono, non partecipo al Comitato. Non l’hanno detto i Pubblici Ministeri, ve lo ricordo io. E dove lo trovate? Lo trovate in quello che dice Sommella, perché Sommella dice: chi partecipa è quello che vedete indicato. Marin non c’era nel 2011. C’è Seretti, c’è Maiolini, ci sono altre persone, ma io no. Poi c’è il Comitato del novembre 2014. In epoca non sospetta vi avevamo già chiesto, non per criticare l’ordinanza del Tribunale ma solo per spiegare, che non era strumentale, ma da subito avevamo detto: ci sono delle parti della trascrizione che non mi tornano, chiedevamo una perizia. Poi Marin ha integrato durante il suo esame. Conoscendovi, so che voi avrete verificato che quello che vi ha detto, con le cuffie, mettendo al massimo, troverete perfetta rispondenza in quello che lui vi ha detto e vi ha spiegato con la traccia audio che avete in atti, per cui non è che per me sia l’elemento così dirimente, come dice il Pubblico Ministero; perché io ve l’ho spiegato quello che so, quello che capisco, quello che dico, e vi ho anche detto che io a quel Comitato lì, un’immagine pratica, partecipo con le valigie in mano, perché da giugno Sorato mi ha già detto che la mia avventura in Popolare si è chiusa, i lidi accoglienti palermitani mi attendono perché non sono più funzionale alla sua politica del credito, perché gli sto bloccando troppe pratiche e perché faccio troppi accantonamenti, troppe revisioni. Apro la parentesi: l’unico dato, l’unica interlocuzione che io ho col Bilancio sono solo i dati sulla revisione del credito. Basta. Non mi viene chiesto nulla e null’altro do, questo è l’unico dato. Comunque, dico, questa è la spiegazione, se voi leggete quel Comitato, quell’integrazione che vi ha dato Marin, vedete che la lettura è diversa rispetto a quella che vi è stata offerta dal Pubblico Ministero. Però c’è un profilo che non è sta affrontato che deve essere affrontato in questa sede. Questo Comitato di Direzione del 2014 è stato abusivamente registrato da persona ignota, e pertanto è del tutto inutilizzabile. Spiego, andiamo nei fatti. “Decido di registrare, dice Sommella, di mia iniziativa, senza ovviamente avvertire e chiedere a nessuno” – pagina 25, udienza 29/10/2019 – per cui non è una decisione condivisa con gli astanti, nessuno sa di essere intercettato, o meglio, poi vedremo se è intercettazione o registrazione, ma comunque certamente nessuno sa di essere registrato. Lo decide Sommella di iniziativa sua, e non lo dice a nessuno. Materialmente la registrazione – perché sul punto non vi farei nemmeno perdere tempo – sarebbe pacificamente utilizzabile se fosse stata fatta da Sommella, perché era presente e la fa lui, il problema è che non la fa lui, e ce lo dice lui, perché ci dice, a pagina 36: “L’impianto di registrazione – che si trova fuori da dove si trovano – veniva attivato da due colleghi”, non sa chi siano, poi corregge un po’, su domanda del Pubblico Ministero, a pagina 46, dice: “Ah, era un tecnico informatico”, per cui noi abbiamo solo questa definizione. O “due colleghi”, non altrimenti identificati, o “un tecnico informatico”, che non sono presenti perché sono fuori, attivano un impianto. Se fosse un captatore nascosto, potremmo dire che è un’intercettazione, ma comunque anche questo tipo di registrazione è una registrazione fatta tecnicamente da ignoti. E se è così, è stata una vicenda che ha avuto enorme risalto sulle cronache, visti i soggetti coinvolti, e che ha visto il pronunciamento prima del Tribunale del Riesame di Milano, e poi della Cassazione, che era proprio relativa a un’intercettazione fatta, in quel caso certamente da un presente, però fa delle considerazioni che a mio giudizio si adattano in parte qua anche al nostro caso, ed era quella di quella famosa riunione nell’hotel russo in cui si parlava del gas, delle tangenti. Salta fuori la registrazione e sulla base di quella registrazione vengono operati alcuni sequestri, confermati dal Tribunale di Milano che dice è un documento e pertanto è utilizzabile; viene fatto un ricorso per Cassazione, la Cassazione si è pronunciata con una sentenza, che è quella del 13 febbraio 2020, VI Sezione, numero 5782. E dice delle cose che sintetizzo, anche perché poi la sentenza la leggerete e vedrete, che posso così sintetizzare: un conto è che quello sia un documento assolutamente utilizzabile in sede d’indagine e per le indagini – perché la Difesa diceva è come una denuncia anonima perché non si sa chi l’abbia fatta perché il giornalista non voleva rivelare la fonte da cui aveva avuto la registrazione – un conto è che sia un documento pacificamente utilizzabile per l’indagine, altro è che sia inutilizzabile come prova. Perché? Le leggo il punto: “Il soggetto captante è estraneo al colloquio, ne determina pertanto che è un’inutilizzabilità, che opera però ovviamente non in sede d’indagini ma in sede di valutazione della prova”. Perché, nel momento in cui è ignoto l’autore della registrazione, questo diventa un documento inutilizzabile in sede valutativa. Io ho detto, potremmo anche dire che si tratta di un’intercettazione perché il soggetto captante agisce da remoto, perché è fuori, con uno strumento non a conoscenza di chi è dentro, per cui il profilo di inutilizzabilità sarebbe ancora più ampio; perché sarebbe pacificamente inutilizzabile se fosse un’intercettazione, e per taluni versi da un punto di vista fattuale lo è, perché abbiamo un “soggetto captante” – così lo definisce la Cassazione – ignoto, con strumenti non conosciuti perché nessuno sa che mi stanno registrando. Ma se anche la vogliamo definire una registrazione, non è utilizzabile come documento perché è una registrazione che avviene tra noi che parliamo e io registro, e sappiamo tutti cosa dice la Cassazione sul punto. Il soggetto qua è un soggetto ignoto ed esterno, che non partecipa, per cui sotto questo profilo sarebbe un elemento inutilizzabile ai fini del giudizio.

Ho terminato. Ho terminato e credo di aver spiegato perché Paolo Marin non poteva non essere indagato e non poteva non essere rinviato a giudizio, perché se noi non ipotizziamo che qualcosa che lui abbia ostacolato in qualche modo l’ispezione 2012 buona parte delle contestazioni che fa la Procura non avrebbero avuto senso, per cui è una sorta di vittima designata di questa inchiesta; altrimenti, lo dico, e qui chiudo, io non capisco il senso della sua iscrizione nel 2017. Ed è ovvio, per tutto quello che vi ho detto, che non faccia nessun tipo di richiesta subordinata che non sia la semplice assoluzione. Grazie.

PRESIDENTE – Grazie, Avvocato Roetta. Per oggi abbiamo terminato e ci aggiorniamo al prossimo martedì, il 19 di gennaio, con l’Avvocato Bertolini Clerici. L’ora è quella consueta delle 9:45, martedì 19. Buon pomeriggio a tutti, grazie.


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Grazie, Giovanni Coviello