La serie di arringhe contro gli imputati del processo BPVi si è conclusa con gli interventi delle due parti civili pubbliche, Consob, rappresentata dall’avv. Valerio Cioffi, e Banca d’Italia, con la sua top lawyer Stefania Ceci.
Se Cioffi ha confermato e rafforzato i passaggi dei pm che più toccavano il ruolo di Consob Stefania Ceci ha ricostruito le azioni di controllo e vigilanza dell’Istituto centrale a partire dalla fine della prima decade del 2000, azioni poi affievolitesi, a sua detta, per il manifesto “ostacolo alla vigilanza” non di un solo esponente dalla BPVi ma di tutti gli imputati, in primis il sempre presente e attivo (ha detto in sostanza) Gianni Zonin, che, questa è “la” notizia della sua arringa, per la prima volta viene lasciato al suo destino da Via Nazionale che in passato era stata una sua costante sostenitrice.
Le accuse di Ceci, però e tanto più che il reato su cui si è incentrata la richiesta di pene dell’accusa è stato quello del “falso in prospetto” e non dell’ostacolo alla vigilanza, hanno, per chi scrive, confermato le responsabilità dei vertici della banca locale ma non hanno assolto Bankitalia.
Significativo, a tal proposito, è l’esempio con cui Ceci ha voluto sminuire le responsabilità di Banca d’Italia mostrando l’elenco dei famosi trenta soci con copiosi affidamenti col “profumo” (malodore?) delle baciate fornito dal management di via Btg. Framarin agli ispettori romani che, però, ha sostenuto la legale banchitaliota, ben poco potevano dedurre da quel foglio…
Approfondire i dati chiedendo quello che Zonin & c. avrebbero dovuto fornire agli ispettori proprio no, eh, avvocatessa Ceci?
Qui vi proponiamo, un po’ sconsolati, tutto il suo intervento pieno dei controlli e delle osservazioni, lontane, sulle inadempienze vicentine ma preoccupante quando ufficializza che negli anni in cui matura il futuro crac della BPVi il fior fiore degli ispettori centrali sarebbe stato gabbato da cda e dirigenza a cui avrebbero dovuto dare lezioni…
Di ogni tipo.
