Processo d’appello BPVi 17 giugno, contro esame di Giustini: regola del silenzio e dirigenti “ribelli”. Due verità su baciate, un solo dramma… dei soci

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Processo appello BPVi: Giustini e Zonin (immagine di repertorio)
Processo d'appello BPVi: Giustini e Zonin (immagine di repertorio)

Oggi 17 giugno 2022 è ripreso il processo d’appello BPVi con un serrato, com’era prevedibile, contro esame delle difese durante il quale il fuoco di fila delle domande e contestazioni rivolte a Giustini non si è fatto attendere.

Il processo d’appello BPVi, lo ricordiamo, è a carico dei vertici della BpVi Zonin (condannato in I° grado a sei anni e sei mesi più sanzioni e confisca), Giustini (sei anni e tre mesi etc.), Marin (sei anni etc.), Piazzetta (sei anni etc.) oltre che a carico di Zigliotto e Pellegrini, assolti in primo grado ma la cui assoluzione è stata appellata dalla Procura di Vicenza  (qui tutte le udienze, “qui “Banca Popolare di Vicenza. La cronaca del processo”, il libro/documento sul primo grado da noi pubblicato, ndr).

In programma oggi l’ascolto di un file audio del presidente Zonin di cui gli avvocati Ambrosetti e Miucci depositano all’inizio dell’udienza una trascrizione al Collegio veneziano, composto dal presidente Francesco Giuliano e dai giudici Alberta Beccaro e David Calabria, mentre l’accusa è rappresentata dal sostituto Alessandro Severi, affiancato da Paola Cameran e col supporto dei pm del I° grado di Vicenza Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi.

Dal contro esame emergono aspetti interni alla banca, dinamiche di aperta conflittualità nel gruppo dirigente: da un lato il direttore generale Sorato, che Giustini indica essere uno dei principali fautori del fenomeno delle baciate, il cui operato secondo il suo ex vice era perfettamente allineato agli intendimenti del presidente Zonin, dall’altro lo stesso Giustini e Marin, quest’ultimo accusato da Sorato di aver disvelato agli ispettori di banca d’Italia l’esistenza delle operazioni correlate, al punto di entrare in aperto conflitto con il suo Direttore generale.

Lo stesso Marin, tuttavia, nella ricostruzione di Giustini, rassicurava la dirigenza sulla fattibilità delle baciate, una dirigenza a tratti incerta, sempre in cerca di rassicurazioni e così Marin riferiva a Giustini quello che, a suo dire, sostenevano gli ispettori di Banca d’Italia, cioè che certe operazioni si potevano fare se prima si fosse concessa la linea di credito al futuro socio azionista, che, solo dopo, l’avrebbe potuta utilizzare per sottoscrivere o acquistare azioni.

Ma lo scontro fra Marin e Sorato riguardava anche le cosiddette rettifiche su crediti. Giustini riferisce, infatti, che Sorato chiedeva di non rettificare i crediti bancari legati a finanziamenti connotati da scarsa esigibilità, perché in quel caso la banca avrebbe dovuto accantonare una somma, col relativo impatto sui conti. Sorato pretendeva che le strutture non effettuassero le rettifiche, che addirittura faceva lui di persona, per fare in modo che i conti tornassero, una modalità divenuta più critica con l’adozione dei meccanismi di rating .

Siccome sia Giustini che Marin contrastavano questo input venne a crearsi una situazione di aperto conflitto sfociata poi nel defenestramento di entrambi i dirigenti “ribelli”.

Nel suo contro esame Giustini riferisce di un rapporto torbido interno alla banca, connotato sì da conflittualità latenti e solo a volte apertamente dichiarate con Sorato, pur tuttavia mal sopite: in sostanza era quasi impossibile per la dirigenza contrastare apertamente gli input di Sorato a causa del suo perfetto allineamento con il presidente Zonin, così ci si nascondeva dietro a vuoti formalismi. Il “non formalizzato” equivaleva al non detto o non riferito e lì si nascondeva ciò che tutti sapevano, ossia l’esistenza delle operazioni correlate.

Faceva parte di questi meccanismi anche il continuo chiedere rassicurazioni sul fenomeno, cosa che Giustini riferisce di aver fatto non solo con Marin ma direttamente con Sorato, che di rimando garantiva pure la copertura della Presidenza. C’era, insomma, un coacervo di relazioni complesse all’interno delle quali ciascuno cercava di ritagliarsi una nicchia a garanzia del proprio operato e della propria posizione.

Tuttavia, la coperta era oramai divenuta così corta, riferisce sempre Giustini, che, se si doveva deliberare una baciata, non si usava mai quel termine, ma si parlava di operazioni immobiliari, anche se, poi, nel conclave del C.d.a. a Sorato qualche volta sfuggiva la frase “azioni appiccicate ai finanziamenti”.

Lo scivolone di Sorato in deroga alla regola del silenzio appare come il sintomo di un cedimento, come a dire che il fenomeno cominciava a diffondersi ed era noto. Ad esempio l’area di Padova segnalava ormai che più clienti lamentavano la prassi di chiedere l’acquisto di azioni in cambio di finanziamenti.

Pur tuttavia gli argomenti di Giustini non convincono del tutto le difese degli imputati: perché chiedere continue rassicurazioni se il fenomeno era arcinoto?

Ad esempio, nel finanziamento concesso a Zigliotto, partito da una richiesta di 2.500.000 euro ed arrivato ad oltre 10 mln che bisogno c’era che venisse chiesto a Zonin un apposito benestare alla supposta baciata?

A dire di Giustini, Zigliotto era anch’egli in contrasto con Zonin e soprattutto ambiva alla presidenza della Banca.

Preciso come sempre, l’Avv. Ambrosetti, difensore di Zonin, ricostruisce, quindi, analiticamente la posizione del suo assistito partendo dalla partecipazione dell’ex Presidente ai vari comitati di direzione, che, all’esito delle domande poste, risulta inesistente con solo sporadiche partecipazioni legate a saluti.

Nei suoi affondi Ambrosetti ricostruisce la presunta ingerenza di Zonin nella vita della banca, chiedendo nel dettaglio lumi su note dell’ex presidente a margine di una lettera a firma Sorato sulla negoziazione delle azioni: da Giustini non sembrano emergere elementi decisivi o probanti una responsabilità del suo assistito.

Sulle operazioni immobiliari, da intendersi come baciate per Giustini, l’esame rivela che il patrimonio immobiliare della banca era un tema di interesse di Zonin.

Mail al Presidente sulla riorganizzazione della banca giunte poche ore prima del Cda e lettere di reclamo dei soci a Zonin che documentano la sola sofferenza del mercato secondario, cioè di acquisto e vendita delle azioni, fanno vacillare la ricostruzione di Giustini: nulla di rilevante appare al fine di provare l’ingerenza e una conoscenza di Zonin del fenomeno delle baciate.

Il file audio ascoltato in aula rivela solo la necessità di trovare una soluzione allo squilibrio fra vendita e acquisto dei titoli, ossia il mercato secondario.

Due verità a confronto, ecco, quindi, il quadro dell’udienza odierna del processo d’appello BPVi. in accusa e difesa si misurano con fatti e dinamiche dai contorni incerti, ma che hanno generato il dramma di migliaia di risparmiatori spiazzati da politiche del credito traballanti, misure legislative draconiane, indennizzi promessi in campagna elettorale al 100% poi ridotti al 30%.

Aver salvato dipendenti e correntisti non basta.

Ma questa è un’altra storia, di un altro processo, quello della storia.


L’articolo è a firma dell’avv. Fulvio Cavallari, che, con l’avv. Marilena Bertocco, segue per noi le udienze.

Entrambi sono esponenti di Adusbef Veneto e rappresentanti di parti civili ma la massima loro attenzione deontologica ai fatti rappresentati nelle udienze del processo d’appello BPVi e la loro specifica competenza legale sono le ragione per cui abbiamo affidato a loro e non a colleghi giornalisti la cronaca delle udienze, pur se con la dovuta supervisione del direttore responsabile di ViPiu.it, che è sempre disponibile a raccogliere e rendere note eventuali osservazioni di ogni tipo di tutte le parti interessate.

Il direttore