L’avvocato prof. Vittorio Manes ha presentato un articolato ricorso in Cassazione in favore di Massimiliano Pellegrini (leggi notizie e commenti su Ricorso in Cassazione processo BPVi e vedi in fondo*). Va ricordato per la miglior comprensione come il Pellegrini, responsabile della redazione dei conti complessivi della BPVI (bilancio e relazioni periodiche alla Banca d’Italia) sia stato assolto per insufficienza di prove dal Tribunale di Vicenza non pervenendo allo stesso il codice prodotto dalle varie sedi, cioè l’indicazione dei finanziamenti fatti per l’acquisto delle azioni, e ritenuti non sufficienti gli elementi indiziari. Su appello della Procura della Repubblica la Corte d’appello ha invece condannato il Pellegrini per il reato di ostacolo alle funzioni di vigilanza e per la parte non prescritta per il delitto di aggiotaggio.
Il ricorso si articola in sette motivi che possono comunque riassumersi nella violazione della legge processuale, nella carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Quale primo motivo lamenta il ricorso la violazione dell’art. 603 co 3 – bis c.p.p. per avere la Corte disposto la rinnovazione solo parziale dell’istruttoria relativa alla posizione del Pellegrini. Stante il ricorso la mancata audizione delle dichiarazioni di Amato, Balboni, Turco, Sommella e Bozeglav, che hanno determinato in primo grado l’esito assolutorio, ha violato la norma processuale e l’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.
Come secondo motivo lamenta il ricorrente una motivazione meramente apparente per avere la sentenza, nella parte in cui illustra gli elementi che assume essere a carico del Pellegrini, valutato selettivamente alcune prove ignorandone altre.
In sede di appello è stata rinnovata l’audizione di alcuni testi (Fagnani, Mossetti, Lio Antonini e Papacchini) nonchè anche quella di Triban. Le dichiarazioni dei testi hanno confermato quanto affermato in primo grado che ha portato all’assoluzione del Pellegrini. La Corte ha ritenuto tali testi inattendibili, malgrado fosse stata ritenuta la loro decisività. Frutto di presunzioni e salti logici e di travisamento sono i presupposti della sentenza, e, cioè, la conoscenza diffusa e capillare della baciate e la loro pianificazione e monitoraggio. Illogica ed irrazionale è la motivazione della sentenza che afferma che tutti sapessero del fenomeno dei finanziamenti correlati da cui si inferisce che anche il Pellegrini ne fosse a conoscenza. In tutte le dichiarazioni non viene mai citato il coinvolgimento della divisione bilancio. La consapevolezza delle baciate riguarda la rete e non la prima di cui Pellegrini era responsabile.
Illogica e carente di motivazione è la sentenza nella parte in cui afferma che nel comitato di direzione del novembre 2011 sarebbero state date indicazioni di procedere con finanziamento delle azioni alla presenza del Pellegrini e addirittura sotto la sua egida. Dall’appunto del teste Sommella relativo al Comitato non può trarsi la conclusione che in quella riunione il management avesse dato la direttiva di procedere alle operazioni baciate, alla loro pianificazione e monitoraggio. In nessun conto la sentenza tiene le argomentazioni della difesa.
Sono assenti prove dirette della presenza dell’imputato a specifiche riunioni nella quali venne esplicitamente affrontato il tema del capitale finanziario. Le affermazione della sentenza sono mere supposizioni.
Illogico è fondare la responsabilità del Pellegrini per non avere approfondito il tema degli storni su cui la ragioneria non aveva il compito di autorizzazione o di intervento di cui si parla nella conversazione tra Giustini e Piussi.
Tale operatività secondo Giustini era orchestrata da Sorato che dava ordini in comitato di direzione presenti tutti con Cauduro, Marin, Pellegrini ecc. Non credibile è il Giustini che nel corso della telefonata chiedeva alla sindaca Piussi di testimoniare in suo favore.
Carenza motivazionale è riscontrata, ancora, non essendo stati tenuti in conto i rilievi difensivi nella telefonata n. 259 del 28/08/2015 tra Marin e Bozeglav ritenuta prova della consapevolezza del Pellegrini delle operazioni baciate.
Mera asserzione è che tutto il gruppo dirigente de BPVI fosse coinvolto nella impresa criminosa dedotto da un messaggio di Piazzetta a Giustini.
Illogica ed apparente è la motivazione che dà presente il Pellegrini ad una riunione del febbraio 2015 la cui presenza è stata dichiarata dal testimone in termini di assoluta incertezza.
Illogica è ritenuta la motivazione con riferimento ad una lettera di Pellegrini relativa ai tassi di interesse.
Il lavoro sui tassi di interesse non ha nulla a che fare con le baciate.
Un riferimento fatto da Giustini a Pellegrini al comitato di direzione del 10/11/2014 sulla necessità di consultare Pellegrini, assente, costituisce una illogica motivazione per affermare la consapevolezza del Pellegrini delle baciate.
Mancanza e illogicità motivazionale vengono individuate nella affermazione della sentenza circa l’inattendibilità delle testimonianze di Fagnani, Triban, Mossetti e Lio.
Tali testimonianze per la sentenza di primo grado, costituivano elementi indicatori della mancanza di consapevolezza del Pellegrini del fenomeno del capitale finanziato.
Illogicamente la sentenza ritiene i testi non attendibili in quanto collaboratori degli imputati o in rapporti di colleganza.
Illogica e contradditoria è la motivazione nella parte in cui esclude la rilevanza difensiva della richiesta di disclosure proveniente dalla struttura di Pellegrini sui fondi Athena ed Optimum.
Mera supposizione è la rilevanza della reazione controllata dal Pellegrini in relazione ad un incontro tra Sorato, Pellegrini, Piazzetta e l’avvocata Papacchini nel corso della quale Piazzetta avrebbe risposto alla stessa che era matta e che, si fosse fatto una audit, sarebbero tutti andati a casa.
Illogica contraddittoria e travisante la prova è la motivazione secondo la quale l’intervento di Pellegrini al c.d.a. del 10/4/2014 sarebbe una prova contro lo stesso.
Al contrario la sentenza di primo grado aveva apprezzato l’intervento di Pellegrini indice della sua buona fede.
Il Pellegrini era intervenuto al c.d.a. avvertendo i consiglieri di essere cauti nel recepire la scelta dell’esperto dr. Bini di assegnare prevalenza al criterio reddituale dell’income approach attraverso il quale era possibile mantenere inalterato il valore dell’azione senza doverlo rettificare al ribasso.
Un motivo ulteriore di carenza e illogicità della motivazione e in violazione dell’art. 192 co. 3° c.p.p. è il rilievo dato alle dichiarazioni di Giustini.
Nel corso del processo d’appello Giustini ha presentato un documento e reso dichiarazioni auto ed etero accusatorie coinvolgendo il Pellegrini.
Per il ricorrente Giustini non doveva essere considerato credibile in quanto le sue dichiarazioni erano dirette a lucrare dei benefici in tema di pena.
Le stesse poi non sarebbero provviste di riscontri.
Nessun valore di riscontro può essere dato dai documenti prodotti da Giustini. Nemmeno a riscontro possono essere considerate le prove a carico nel giudizio di primo grado tanto convincenti da portare all’assoluzione.
Il ricorso prosegue considerando l’erronea affermazione della sussistenza del dolo con riferimento ai reati contestati.
Ai fini del dolo occorre la piena rappresentazione che l’acquisto dei titoli di BPVi attraverso la concessione del credito avrebbe alterato il valore del titolo e dissimulato all’esterno la reale situazione della banca.
Non sono sufficienti a provare il dolo indici di sospetto o segnali d’allarme.
Il dolo non va confuso con la colpa.
Neppure la conoscenza di qualche operazione avrebbe potuto affermare la sussistenza del dolo.
Per la sussistenza del dolo occorre la rappresentazione del consueto ricorso al finanziamento per l’acquisto delle azioni tale da alterare i dati patrimoniali della banca. Occorre ai fini del dolo l’effettiva conoscenza dei fatti pregiudizievoli o, quanto meno, segnali d’allarme inequivocabili dai quali desumere l’accettazione del rischio del verificarsi dell’evento illecito, della volontà nella forma del dolo indiretto di non attivarsi per scongiurare tale reato.
La conoscenza non equivale a conoscibilità.
Osserva il ricorrente la contraddittorietà della motivazione con quella utilizzata per escludere il dolo del consigliere Zigliotto.
Lo stesso ha operato in modo che lo stesso avesse contezza della prassi più o meno diffusa circa la concessione da parte dell’istituto di credito vicentino di finanziamenti destinati, in tutto o in parte, all’acquisto delle azioni della banca, ma ciò non consente di concludere che lo Zigliotto fosse consapevole dell’entità del fenomeno del capitale finanziato neppure in termini di grandezza approssimativamente.
Illogico è un cenno della responsabilità omissiva del Pellegrini per non avere ideato procedure che potessero regolare il tracciamento di operazioni di capitale finanziato.
Ciò e compito di altre funzioni quali l’Audit.
Ricorda il ricorso che né la Banca d’Italia né la BCE hanno rimproverato alcunché a Pellegrini.
Denuncia il ricorso, ancora, come la sentenza d’appello non abbia provveduto ad una motivazione rafforzata per ribaltare l’esito della sentenza di primo grado. La stessa si è limitata ad una costruzione alternativa.
In subordine il ricorso lamenta ed eccepisce l’erronea applicazione delle circostanze generiche non riconosciute prevalenti e il differente trattamento sanzionatorio quanto agli aumenti per la continuazione rispetto al coimputato Giustini.
Conclusione è l’annullamento della sentenza.
Il ricorso appare estremamente analitico e per alcuni aspetti convincente.
Resta il fatto che le dichiarazioni di Giustini pesano, comunque, ad avviso dello scrivente come un macigno.
Qui è possibile scaricare ii dispositivo sintetico della sentenza del Processo d’appello BPVi, qui è pubblicato il primo commento dell’avv. prof. Rodolfo Bettiol, sulla sentenza con motivazioni, mentre è pubblicato su Bankinveneto.it il suo testo completo nella sezione Premium, dove a breve renderemo disponibile anche il ricorso della Procura generale di Venezia.
Qui sono state resocontate tutte le udienze di appello su ViPiu.it, mentre al nostro libro “Banca Popolare di Vicenza. La cronaca del processo” seguirà a breve il libro/documento sul secondo grado del Processo BPVi, sulla storia sintetica del fallimento delle due banche popolari venete, su quella degli indennizzi ancora non completati sia pure per il solo 30% di quanto perso e con un limite di 100.000 euro e su documenti delicati ma mai utilizzati dalle autorità competenti.