
Le richieste di Viacqua nel processo Miteni saranno al centro della prossima udienza, poiché la battaglia legale per il disastro ambientale provocato dai Pfas non si chiuderà con l’attuale procedimento. Viacqua, la società di servizio idrico integrato di Vicenza, è pronta a portare all’attenzione della Procura un tema cruciale: dopo il 2013 nessun intervento di ripristino ambientale è stato effettuato, e i responsabili devono essere perseguiti.
Giovedì, nell’udienza presso il Tribunale di Vicenza, Viacqua avanzerà le proprie richieste attraverso l’avvocato Angelo Merlin. La linea difensiva segue quanto già sostenuto da Marco Tonellotto, che ha evidenziato come dopo il 2013 si siano registrate gravi omissioni. “È emersa non solo la permanenza dell’evento lesivo, ma tutta una serie di omissioni: la mancata adozione di misure di interdizione, l’omessa bonifica – perché si sta facendo una Miso, cioè una messa in sicurezza, che dal 2018 non è più neppure possibile dopo il fallimento di Miteni – e l’omesso ripristino della risorsa idrica”.
La mancata bonifica e il ruolo dei colossi industriali
Viacqua si batte per una sostenibilità concreta e non di facciata, chiamando in causa le responsabilità di due grandi gruppi industriali: Mitsubishi Corporation e ICIG. Secondo la società idrica, nonostante Mitsubishi si presenti come “campione della sostenibilità globale, della tutela delle acque, della prevenzione dell’inquinamento”, nei fatti non ha mai cercato un dialogo con i gestori del servizio idrico per riparare il danno causato.
L’avvocato Tonellotto ha sottolineato come nessuno degli imputati abbia mai preso in considerazione l’idea di ripristinare la risorsa idrica: “I responsabili – quelli fino al 2013 e quelli dopo il 2013 – ci hanno lasciato soli, nessuno è venuto a ripristinare l’acqua che noi – come Gestori – trattiamo, puliamo, ripristiniamo”. Secondo Tonellotto, la motivazione è chiara: “Per Mitsubishi, il ragionamento era cinico: si trattava di liberarsi di un problema che i suoi tecnici avevano stimato in almeno 18 milioni di euro“.
Il nodo centrale: il ripristino ambientale
L’accusa mossa dagli avvocati di Viacqua è chiara: il disastro ambientale non si è fermato nel 2013, ma è proseguito fino a oggi senza che i veri responsabili abbiano preso in carico la bonifica. “Gli imputati hanno fatto una scelta: hanno deciso che il denaro veniva prima della sicurezza, prima della vita delle persone, prima della legalità“, ha affermato Tonellotto.
Ora, Viacqua chiede che la Procura intervenga affinché venga garantito il ripristino totale della risorsa idrica. La questione ambientale legata ai Pfas resta una ferita aperta per il territorio vicentino, e la battaglia per la giustizia non può fermarsi qui.
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