Processo Pfas, maresciallo Noe Manuel Tagliaferri che indagò per primo: “l’inquinamento non è dovuto agli scarichi, ma al sottosuolo”

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Processo Pfas (elaborazione foto d'archivio aula tribunale a Vicenza)
Processo Pfas (elaborazione foto d'archivio aula tribunale a Vicenza)

Processo Pfas, la parola agli investigatori  –  si legge nella nota del 28 aprile che pubblichiamo a firma di Roberta Polese per Acque Veronesi, Acque del Chiampo, Viacqua e Acquevenete (loro aggiornamenti sul processo Pfas su www.processopfas.itqui news sul processo Pfas su ViPiu.it, ndr). Oggi (ieri per chi legge, ndr) in aula davanti alla Corte d’Assise è comparso Manuel Tagliaferri, maresciallo del Noe di Treviso, il primo investigatore che indagò sulla causa dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche che ha colpito le province di Verona, Vicenza e Padova.

“La contaminazione da Pfas è partita dalla Miteni di Trissino, e non è legata agli scarichi ma al sottosuolo” ha detto il maresciallo. L’investigatore conferma così che  è dalla struttura impiantistica del sito industriale che sono fuoriuscite le sostanze perflouroalchiliche; fuoriuscita continuata anche dopo la chiusura dell’azienda.

Gli imputati sono 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.

Il maresciallo Tagliaferri ha ribadito quanto già emerso in fase di indagini, ossia che l’azienda era stata venduta a un euro, senza alcuna garanzia ambientale, e che Miteni già prima del 2013 aveva commissionato alcune consulenze ambientali a primarie Società le quali avevano comunicato della presenza nel suolo e sottosuolo degli inquinanti.

“La deposizione di Tagliaferri (seppur ancora all’inizio) è importante in quanto fa emergere, dalla documentazione acquisita in sede di indagini, la consapevolezza delle aziende coinvolte dei fenomeni di inquinamento preesistenti alla comunicazione inviata nel 2013. Solo il gestore dell’impianto era in grado di porre in essere le doverose azioni di precauzione e protezione previste dalla normativa contenuta nella Parte Sesta del d.lgs. 152/06. La mancata attuazione di tutto questo ha provocato un danno ambientale quasi impossibile da ripristinare in maniera primaria costringendo le società acquedottistiche ad effettuare ingenti investimenti per la tutela della salute pubblica – spiega l’avvocato Angelo Merlin , che con i colleghi Marco Tonellotto e Vittore d’Acquarone difendono Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, costituitesi parti civili.

In mattinata è stato sentito l’ex direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan. A lui è stato chiesto conto di uno studio epidemiologico sulla popolazione dei territori contaminati da Pfas. La Regione Veneto aveva chiesto questo approfondimento all’istituto superiore di Sanità nel 2016, ma finora non è mai stato realizzato.