Pene pesanti quelle inflitte oggi 25 marzo, che per uno strano scherzo del destino è il giorno dell’anniversario della fondazione di Venezia e festa del popolo veneto, dal collegio giudicante di Vicenza composto da Antonella Crea, Filippo Lagrasta e Veronica Salvadori agli esponenti del Comitato di Liberazione Nazionale Veneto accusati di associazione per delinquere finalizzata all’istigazione alla disobbedienza fiscale, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale e diffamazione. Queste le condanne in primo grado: quattro anni di reclusione per Maurizio Tregnago, tre anni e sei mesi per Orazio Scavezzon, 800 euro di multa per Matteo Ceola, 1000 euro per Franco Cozza, 1000 euro per Vincenza Bertolone, quattro anni e due mesi per Erica Scandian, tre anni e sette mesi per Maurizio Bedin, tre anni e nove mesi per Patrizia Badii, un anno e sei mesi per Enrico Carraro, tre anni e cinque mesi per Silvano Santini, un anno e tre mesi per Teresina Zorzi, un anno e tre mesi per Flavio Resentera, tre anni e 5 mesi per Marco Caltran, tre anni e cinque mesi per Costantino Neresini, tre anni e cinque mesi per Katia Sanson, un anno e cinque mesi per Loris Spezzapria, undici mesi e quindici giorni per Denis Spezzapria, un anno e due mesi per Silvia Spezzapria, undici mesi per Germano Addondi, sei mesi per Andrea Matteazzi, dieci mesi per Monica Pozzan, dieci mesi per Franco Finozzi, dieci mesi per Luca Gasparella, dieci mesi per Sabrina Pozzan, con tanto di pagamento spese processuali e risarcimento alle parti civili.
Commenti a caldo
“Le sentenze non si commentano, dico solo che abbiamo avuto la conferma che si tratta di un processo politico e che ricorreremo in appello” ha detto l’avvocato veneziano Renzo Fogliata. “Ci appelleremo – conferma Patrizia Badii, una dei venetisti condannati – . Aspetteremo le motivazioni e poi ci muoveremo anche a livello internazionale alla Corte penale dell’Aia. Una condanna così va a violare il diritto internazionale sull’autodeterminazione. L’associazione a delinquere di solito riguarda delitti malavitosi, il nostro invece è un comitato di liberazione che vuole informare il popolo veneto affinché possa rivendicare la sovranità della nazione veneta. Gli autodeterminati sono 10 mila, come può essere associazione a delinquere quella che si richiama a una legge dello Stato, il quale avrebbe l’obbligo di informare che esiste il diritto di autodeterminazione. Allora la nostra colpa sarebbe questa, di aver informato il popolo. Ma i più colpevoli sono quelli che non hanno mai informato su questa possibilità e che oggi con questa sentenza hanno violato le stesse leggi dello Stato. Comunque siamo sereni, anzi – scherza un altro membro del C.L.N.V. – serenissimi“.
La cronaca
L’udienza è iniziata con la discussione dell’ avvocato Cesare Tapparo per la difesa, che ha parlato della legge del ’47, la cui violazione è stata appunto contestata agli indipendentisti veneti. Secondo Tapparo è un processo politico, perché nelle leggi relative all’ordine pubblico non c’è la disobbedienza, articolo 415. Secondo l’avvocato la legge aveva senso nel secondo dopoguerra, quando la democrazia era appena nata, ma non nel 2019. La norma introduce un reato di pericolo, ma nel corso degli incontri del C.L.N.V. si parlava di storia e diritto internazionale e autodeterminazione. Secondo Tapparo la polizia giudiziaria ha confermato che nessuno veniva istigato a sottrarre risorse finanziarie allo Stato. L’avvocato ha poi citato una sentenza del ’97 dove un esponente della Lega diceva che non bisognava pagare il canone Rai ed era stato assolto per libera espressione di idee. Il concetto di decolonizzazione non è violento, ma c’è nel diritto internazionale, ha detto ancora Tapparo, chiedendosi come mai non venga riconosciuto l’articolo 210 sull’autodeterminazione e citando anche un documento del Mef che riconosce le istanze a cui fanno riferimento gli imputati, ma che rimanda la questione agli enti territoriali, enti ai quali gli imputati raccontano di essersi rivolti senza risposta; in pratica esisterebbe un vulnus mai colmato dal legislatore.
La replica del pm Blattner: il processo non è alle idee ma a fatti concreti; il C.L.N.V. non c’entra con il process. I problemi di oggi con il Covid sono simili a quelli del ’47, la norma non è mai stata cambiata per un motivo. Secondo Blattner il popolo veneto non c’è, e non c’è nemmeno il territorio, perché il territorio è quello italiano; i venetisti rappresenterebbero solo una minima parte del popolo veneto. Blattner scherza sui Visigoti, poi dice che i venetisti non si presentano al voto, non sono stati eletti come gli indipendentisti catalani e che si facevano promotori di iniziative concrete, con un tariffario, si proponevano come soggetti che davano strumenti per eludere le cartelle esattoriali con istanze di rigetto che hanno ritardato il pagamento delle tasse. Queste secondo Blattner sono condotte materiali. Il pm ha anche parlato di comportamento tirannico di chi ha impedito agli esattori di svolgere il loro compito, tanto che sono dovute intervenire le forze dell’ordine.
La controreplica dell’avvocato Fogliata che difende, tra gli altri, la “leonessa” del C.L.N.V. veronese Patrizia Badii: nel ’47 non c’era ancora stato il disarmo totale, non esiste il popolo veneto? Allora nel 1859 non esisteva nemmeno il popolo italiano, il popolo veneto c’è nell’articolo 2 dello statuto della regione Veneto dove si parla di civiltà veneta e autogoverno. Fogliata ha citato anche il referendum del 2017 sull’autonomia: non importa se sono rappresentati da poche persone, il popolo veneto esiste da prima di quello italiano, è uno dei pochi popoli europei che sta sullo stesso territorio da così tanto tempo, anche i catalani erano pochi all’inizio e parlavano di autonomia. Se qualcuno ha evaso è un’altra legge, 74, del 2000, confusione giuridica, Fogliata contesta il 415 bis associazione delinquere resistenza pubblico ufficiale interruzione pubblico servizio e cita Zonin a cui sono stati inflitti 6 anni e sei mesi, qui vengono chiesti 4 anni. “Anche le leggi razziali erano leggi dello Stato” aggiunge ancora l’avvocato veneziano, “la corte costituzionale ha avuto un presidente che era stato presidente del tribunale della razza, i catalani sono democraticamente eletti, e sono in carcere, questo dobbiamo evitare“.
Dopo una camera di consiglio più lunga del previsto (doveva finire alle 15 e invece il collegio è rientrato in aula alle 16:50), è arrivata la sentenza di cui sopra.
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Grazie, Giovanni Coviello