Udienza molto lunga oggi nel processo sul crac di Veneto Banca che vede come imputato unico l’ex dg e ad Vincenzo Consoli difeso dall’avvocato Ermenegildo Costabile di Milano. Sono stati sentiti dal pm De Bortoli davanti al collegio giudicante presieduto da Umberto Donà Marcello Condemi, ex presidente del collegio sindacale, Alesssandro Vardanega, ex vicepresidente nella gestione Favotto, uscito nel novembre 2015 (Consoli nel luglio dello stesso anno), Flavio Marcolin, ex responsabile degli affari legali, che riportava a Consoli dall’aprile 2014, prima riportava a Stefano Bertolo, ex responsabile della Direzione Centrale Amministrazione e, dopo il 2014, Dirigente Preposto alla redazione dei libri contabili societari. E infine l’ex presidente, per 17 anni, Flavio Trinca.
Trinca ha sostanzialmente ribadito quello che aveva detto nella fase delle indagini, dove era emerso che nonostante il suo lauto stipendio da 350 mila euro l’anno e il lungo periodo di presidenza, 17 anni, non poteva fare niente perché Consoli lo estrometteva. Oggi ha confermato che le decisioni importanti non passavano dal cda e che, nella sua versione, decideva tutto Consoli. Allo stesso tempo però ha contraddetto l’immagine di Consoli ‘uomo solo al comando’ delineata dall’accusa: “durante i consigli di amministrazione erano i diversi dirigenti di settore della banca a informare sugli argomenti dei temi trattati in consiglio d’amministrazione”.Secondo Trinca l’ex capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia Carmelo Barbagallo ha fatto pressioni in quattro incontri, due con Consoli e due senza, per la fusione con la Popolare di Vicenza “ma noi – ha detto – non potevamo aggregarci con chi stava peggio“.
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