La Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario riassume nella relazione finale (presentata a firma del relatore Pierantonio Zanettin, Forza Italia, l’unico membro vicentino, qui il testo approvato, ndr) anche le recenti vicende della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca presieduta la prima per 20 anni da Gianni Zonin, la seconda gestita sostanzialmente dall’Amministratore Delegato e Direttore Generale Vincenzo Consoli.
Rileva la Commissione (presieduta da Carla Ruocco, M5S, ndr) che le stesse non erano quotate. In tal modo mentre dal 2008 con il crac di Lheman Brothers i mercati finanziari di tutto il mondo sono crollati e le azioni di tutte le banche quotate sono precipitate, il valore delle azioni delle stesse non ha avuto eguale sorte.
Si è creata così un’erronea valutazione del valore delle azioni, nonostante diversi addetti al settore fossero consapevoli che il valore delle azioni delle due banche fosse sopravvalutato.
La Commissione rileva la prassi di diverse operazioni di collocamento di azioni in contesti di operazioni di affidamento (finanziamenti cosiddetti baciati).
Le stesse vengono indicate come finalizzate a recuperare liquidità sul mercato retail e finalizzate tra l’altro alla potenziale fusione di Banca Popolare di Vicenza con Veneto Banca.
Su tale secondo aspetto la Commissione non va oltre.
In realtà le vicende del progetto di fusione sarebbero state meritevole di ulteriori approfondimenti.
Vi è stato indubbiamente un interessamento della Banca d’Italia perché tale fusione si realizzasse. Un’indagine che sarebbe stata meritevole di approfondimento se non altro al fine di dissipare ogni dubbio su un atteggiamento benevolo di Bankitalia nei confronti di BPVI ed uno meno benevolo nei confronti di Veneto Banca.
Continua la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario che nonostante il significativo incremento degli N.P.L. (Non Performing Loans, crediti deteriorati, ndr) che avrebbe dovuto richiedere significative rettifiche di bilancio la banca vicentina ha continuato a realizzare operazioni baciate nei confronti della clientela bancaria con percezione e convinzione, da parte dei risparmiatori ed azionisti di BPVI, che le azioni della stessa banca fossero equiparabili ai libretti postali.
La Commissione non parla dell’ammontare delle baciate.
Il Tribunale di Vicenza ha in realtà valutato le stesse per un ammontare di quasi un miliardo di euro.
Si è così innalzato il patrimonio di vigilanza permettendo alla Banca attivi non realizzabili e prospettive di redditualità relative.
Osserva la Commissione che con l’istituzione del Meccanismo di Vigilanza Unico (SSMM) operativo pienamente dal primo novembre 2014 la Banca d’Italia e la BCE hanno avviato un processo di revisione delle qualità degli attivi dei principali gruppi bancari (incluse Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza), il cosiddetto Asset Quality Rewiev, nonché un esercizio di stress test funzionale a valutare l’eventuale carenza di patrimonio in scenari avversi (il Comprehensive Assessment) con superamento “faticoso” del test da parte delle due banche, con qualche difficoltà in più per quella vicentina.
In relazione a ciò le due banche hanno deliberato aumenti di capitali rispettivamente per circa 700 milioni di euro BPVI e per circa 500 milioni di euro Veneto Banca.
La relazione della commissione passa, poi, ad illustrare la vicenda dal 2016 con la trasformazione delle stesse Popolari in società per azioni, le delibere di aumento di capitale e la quotazione in borsa (con la “ricerca” di un miliardo di euro per Veneto Banca e di 1,5 milioni di euro per Banca Popolare di Vicenza).
Entrambe le operazioni sollecitate non si sono realizzate in relazione al ridotto numero di adesioni sicché il 23 giugno 2017 la Banca Centrale Europea ha dichiarato lo stato di dissesto o rischio di dissesto per Veneto Banca spa e Banca Popolare di Vicenza spa.
Mancano nelle relazioni della Commissione alcuni passaggi.
In particolare per quanto riguarda BPVI nel 2015 vi è stata l’ispezione della BCE.
Detta ispezione ha messo in luce la sussistenza e l’entità del fenomeno delle operazioni baciate.
Ciò ha comportato le “dimissioni” del Direttore Generale Sorato e successivamente quelle del presidente Zonin.
A questo punto la Banca ha subito una perdita reputazionale non indifferente. Analogo discorso vale per Veneto Banca.
Manca altresì la menzione dell’intervento del fondo Atlante.
Comunque nel 2017 in seguito alle dichiarazioni della BCE e del comitato di Revisione Unico (CRV) autorità europea per la gestione della crisi delle banche, il governo e la Banca d’Italia hanno deciso l’avvio della liquidazione coatta amministrativa prevista dal testo unico bancario e dal decreto legge 25 giugno 2017 n. 99.
E’ stata abbandonata l’ipotesi della ricapitalizzazione precauzionale.
Nelle conclusioni la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario osserva che nel giro di pochi anni, in seguito alla acquisizione di altre realtà bancarie in difficoltà, le due banche da banche territoriali sono divenute in realtà banche cosiddette sistemiche. La veste giuridica di società cooperative, rette dal voto capitario e non quotate, appariva del tutto inidonea per società nel frattempo cresciute a dismisura con decine di migliaia di soci sparsi in tutto il territorio nazionale.
In un processo di crescita impetuoso la Governance non si è adeguata. E’ stato dato uno spazio eccessivo ad incontrastate figure di “capi area” che anche a seguito del manifestarsi della crisi economica hanno commesso errori di gestione e posto in essere condotte dolose per le quali sono nati provvedimenti giudiziari.
Criptica la conclusione: si afferma che nella vicenda si sono registrati profili di criticità sul ruolo svolto dalle vigilanze bancarie. In materia di risparmio tradito, meritevole attenzione appare la possibilità di rafforzare, attraverso apposti interventi legislativi, l’operatività dell’ABF, Arbitro Bancario e Finanziario, e dall’ACF, Arbitro Controversie Finanziarie per la tutela effettiva del risparmio. Non è comprensibile tale conclusione atteso che i due organismi sono competenti in materia di controversie tra banche e clienti e non hanno compiti di controllo.
La funzione di controllo è principalmente della Banca d’Italia. Occorreva, quindi, piuttosto riflettere sull’adeguatezza dei suoi poteri di controllo. Va ancora riflettuto se sia adeguato l’assetto istituzionale della Banca d’ Italia organo controllore in realtà di proprietà di controllati.