Un atipico professore contro l’Islam a Vicenza: ma a scuola entri Einstein e non la religione

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Professore anti Islam approvato da Paola Farina, nella foto con Albert Einstein
Professore anti Islam approvato da Paola Farina, nella foto con Albert Einstein

Il caso del liceo Fogazzaro, che vanta il primato (credo nazionale) di avere un professore contro l’Islam mi fa ritornare in mente molti episodi della mia infanzia e adolescenza, diretti o indiretti. Gli insegnanti che sono contro Israele e contro gli ebrei sono legittimati dal sistema poiché da un paio di migliaia di anni esercitano liberamente con poche obiezioni.

Mi spiace che questi due studenti di fede islamica si siano sentiti offesi dal professore contro l’Islam, ma penso alla mia generazione. Io sono del 1954, non mi era permesso sentirmi offesa dalle espressioni degli insegnanti (nemmeno dalle oppressioni), qualsiasi esse fossero state! Ricordo che frequentavo le elementari dalle suore e alla vigilia della Pasqua cristiana, Suor Giacinta (odiosa) spiegò che Gesù Cristo era stato crocefisso per colpa dell’ebreo Giuda Iscariota. Io mi alzai dalla sedia e dissi, con tono impositivo, che “Giuda Iscariota uccise Gesù Cristo perché Giuda era un uomo e non perché era un ebreo” (la Suora probabilmente ignorava l’ebraicità di Gesù Cristo)!

Fui cacciata immediatamente fuori dalla porta, con sofferta umiliazione. Mia madre fu convocata e messa sotto torchio affinché fosse reso noto l’altro 50% della mia “composizione” che pare non piacesse molto alla società civile degli anni sessanta.

Spesso, dove non c’erano le comunità ebraiche, i bambini frequentavano gli asili e le scuole pubbliche e nel pomeriggio l’oratorio, qualche volta era offerto loro dell’ottimo prosciutto e dell’ottimo salame, anche contro il parere dei genitori. Non mancavano frecciatine dirette e indirette su quanto fosse bello essere cattolici.

Ricordo bene un mio lontano cugino di Venezia che intorno ai quattordici anni, mentre eravamo seduti fuori dalla sinagoga spagnola al Ghetto mi disse “Paola, e se avessero ragione loro (si riferiva ai cattolici)?“. Per poi chiedermi se io preferivo il prosciutto cotto o crudo e pregandomi di conservare segreto il peccato. Date ora una fettina di prosciutto a un islamico e siete sulla gogna!

Sono perfettamente consapevole che non tutti gli islamici sono terroristi, mi confronto spesso ma non si possono chiudere gli occhi di fronte al fatto che, la maggior parte degli attentati degli ultimi anni sono stati fatti “nel nome di Allah” e non sempre le comunità islamiche si dissociano. Non è facendo come gli struzzi che si migliora la società.

Le guerre di religione non sono una novità, il periodo del medioevo cristiano ha disseminato guerre, una grande caccia alle streghe, roghi per gli eretici. Nella ora pro islamica Spagna l’Inquisizione ha bruciato 20.000 giudaizzanti, cioè ebrei sospettati di continuare a professare clandestinamente la loro fede. Non dimentichiamoci poi dei pogrom nel nome del cristianesimo ortodosso.

Sappiamo anche che molti bambini sono stati dati alla chiesa polacca “con dote”, per essere salvati dalla Shoà e dopo settant’anni la chiesa polacca nega ancora gli elenchi di questi bambini, si chiede l’elenco dei bambini, battezzati invitiis parentibus e non la dote…anche questa è guerra di religione!

Ora le chiese cristiane si sono ritirare “dalle guerre sante”, ma nel nome di Allah si continua ad uccidere e questo è un dato di fatto, va combattuto con ogni mezzo.

Se fossero scoppiati “casi” ogni volta che un insegnante fosse stato o se scoppiassero ogni volta che un insegnante fosse oggi contro Israele o l’Ebraismo (le due entità sono indissolubili) non ci sarebbe più “la scuola”.

Qualche migliaio di studenti ebrei sono cresciuti in Italia dal dopoguerra, anche a suon d’insulti, vittime di razzismo e di bullismo, casi mai denunciati “perché forse era meglio così” – si diceva nell’ambiente – eppure sono cresciuti e si sono integrati ugualmente bene nella società, senza che nessuno muovesse le chiappe in loro soccorso.

Ai miei tempi non c’erano i “comitati di pronto soccorso”, dovevamo crescere da soli… Ogniqualvolta mi lamentavo mia madre mi accompagnava a scuola, si confrontava ed ero categoricamente smentita dall’insegnante. Fu così che un giorno mangiai tutti i bottoni del grembiule, dicendo a mia mamma che la suora mi aveva obbligato a deglutirli per punizione…

La suora smentì l’episodio (e questa volta aveva ragione), ma poi io, grazie alla generosità della natura, fui in grado si smentire la suora e finalmente il mio desiderio di frequentare una scuola pubblica fu esaudito! Credevano le suore cattoliche di fare fessa una piccola mista, parente di un Vescovo (allora non era santo) e di un Rabbino!

La scuola dovrebbe mantenere sempre una misura di critica uguale per tutti e per tutto e non solo quando appare un professore contro l’Islam. Dovrebbe impegnarsi di più nell’insegnamento dell’educazione civica (quelle poche volte che salgo in autobus mi verrebbe voglia di prendere a calci in un culo tutti gli studenti, autoctoni e stranieri, per il loro lassismo e la loro maleducazione, biglietto di presentazione della famiglia e dell’istituto scolastico che frequentano).

Dovrebbe anche mettere da parte le questioni politiche e religiose, perché totalmente incapace di insegnarle con chiarezza ed equa indulgenza, si ha l’umana tendenza di portare in classe la propria fede e la propria ideologia politica e questo non dovrebbe essere permesso nella stessa misura in cui i politici (tutti) assegnano le poltrone ai propri amici!

Io non condanno, quindi, questo professore contro l’Islam, perché nessuno mai ha condannato tutti quegli insegnanti sinistri che inneggiano alla Palestina nella scuola pubblica, offendono ed umiliano gli Ebrei e Israele. Se il sistema ha sempre consentito quest’atteggiamento disgustoso ed ha tollerato certi insegnanti spesso appoggiandoli, anche il professore contro l’Islam va tollerato.

Da domani entri nel codice scolastico, anche per il professore contro l’Islam e per tutti quelli pro Islam, il pensiero di Albert Einstein (nella foto con Paola Farina, l’autrice di questo articolo, ndr), che amava dire: “la mia religiosità consiste in un’umile ammirazione dello spirito infinitamente superiore che rivela se stesso nei lievi dettagli che siamo in grado di percepire con le nostre fragili e deboli menti. Questa convinzione profondamente emozionante della presenza di un potere ragionante superiore, rilevato nell’universo incomprensibile, costituisce la mia idea di Dio”.

Questo in classe e deve valere per tutti, poi a casa propria ognuno fa quello che vuole senza importunare i vicini di casa.

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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.