Profughi minori in affido a sacerdoti di Cassola e famiglia di Sarcedo con progetto Terreferme

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Progetto Terreferme, formazione

Due famiglie di Sarcedo e Monteforte d’Alpone e una piccola comunità di sacerdoti a Cassola: sono queste le prime tre realtà che, in Veneto, hanno deciso di aprirsi all’esperienza dell’affido di minori stranieri non accompagnati proposte dal progetto Terreferme, mentre una quarta esperienza partirà nelle prossime settimane a Montecchio Maggiore.

L’iniziativa, attivata da Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (CNCA) e Unicef, sarà una delle buone pratiche al centro del World Social Work Day – promuovere l’importanza dei rapporti umani, in programma martedì 19 marzo (ore 8.45 – 14.00) nell’Aula Magna dell’Università Ca’ Foscari a Venezia (ingresso gratuito, registrazione obbligatoria, info).

L’appuntamento con la Giornata Mondiale del Servizio Sociale, la cui “tappa” veneziana è promossa dall’Ordine degli Assistenti Sociali del Veneto – che invia questo comunicato –  è ogni anno una preziosa occasione di riflessione sugli scenari e i mutamenti che attraversano il lavoro dei professionisti del servizio sociale.

Al centro della giornata di quest’anno, il tema delle relazioni. «In un contesto in cui, specie nei centri urbani, la povertà relazionale sta crescendo in modo preoccupante come professionisti ci sentiamo profondamente interpellati da questo tema. La figura dell’assistente sociale è oggi chiamata a lavorare su progetti che favoriscano la creazione di reti di relazioni, come prevenzione e risposta alle situazioni di vulnerabilità con cui facciamo i conti», spiega Mirella Zambello, presidente dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Veneto.

L’esperienza di Terreferme è stata selezionata, assieme ad altre tre buone pratiche, perché fa leva sulla costruzione – talvolta faticosa – di una rete al contempo operativa e relazionale fra diversi soggetti che operano nel servizio sociale e fra famiglie che hanno scelto di aprirsi a una scelta “coraggiosa e sfidante” come quella dell’affido. Il progetto mette in connessione minori non accompagnati accolti nelle strutture di prima accoglienza in Sicilia con famiglie in Veneto e Lombardia. Dopo un lungo lavoro di progettazione, nel marzo del 2018 ha preso il via la formazione per gli operatori e per famiglie interessate a esplorare questa nuova possibilità, aperta con la legge Zampa del 2017 che prevede per i minori, sempre nell’ambito del sistema SPRAR, la via dell’affido come risposta alternativa alla seconda accoglienza in comunità. «La risposta che abbiamo raccolto in Veneto – spiega Mattia De Bei, coordinatore del progetto sul territorio regionale – è stata superiore alle aspettative. Ben 220 le persone che hanno aderito al nostro percorso, fra famiglie e operatori, in 15 alla fine hanno offerto l’immediata disponibilità. Fra loro famiglie, ma anche una piccola comunità di tre sacerdoti diocesani che hanno deciso di aprire le porte della loro canonica. I primi affidi sono partiti in ottobre». I quattro ragazzi accolti, di età compresa fra i 15 e i 18 anni, provengono da Egitto e Gambia e Costa d’Avorio. Sono stati inseriti a scuola, praticano il calcio, un ragazzo frequenta il gruppo scout locale e si stanno progressivamente integrando nella comunità locale.

IL FUNZIONAMENTO DEL PROGETTO

Un’equipe di Terreferme presente in Sicilia, operando in rete con i servizi sociali dei Comuni e le comunità di accoglienza locali, raccoglie le segnalazioni, incontra i minori e individua i soggetti idonei e disponibili a intraprendere questo percorso. In base alle caratteristiche di ogni ragazzo, le equipe presenti in Lombardia e Veneto, in stretta collaborazione con gli operatori dei servizi, propongono l’abbinamento con la famiglia. Inizia quindi una fase di conoscenza – graduale – a distanza, attraverso l’invio di foto e contributi video. Gli affidatari trascorrono poi un paio di giorni a Palermo prima di far ritorno a casa con il minore. A ogni famiglia viene abbinato un tutor reperibile 24 ore su 24, che segue passo passo l’evoluzione dell’affido e funge da figura di raccordo tra famiglia e servizi. Ai servizi sociali del comune di residenza della famiglia si affianca poi l’équipe multidisciplinare di Terreferme, composta dal tutor, da un mediatore culturale, da un assistente sociale esperto in materia di immigrazione, da uno psicologo. Un grande lavoro di rete che coinvolge anche le altre famiglie del CNCA che si sono aperte all’esperienza dell’affido: il progetto prevede momenti di confronto e di scambio fra i diversi nuclei, per creare ponti e costruire relazioni. Non solo: oltre alle famiglie “affidatarie” è previsto il coinvolgimento di famiglie “di appoggio” che pur non ospitando direttamente minori si rendono disponibili ad affiancare e supportare i ragazzi e gli affidatari.

Il progetto, che ha carattere sperimentale, è oggetto di un monitoraggio da parte di un tavolo di valutazione che coinvolge l’ANCI e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza: verranno valutati i risultati per poi studiare un’estensione su tutto il territorio nazionale.