Protezione civile Veneto, 31esimo anniversario: le voci dei protagonisti

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Protezione civile Veneto

E’ un esercito che fa del bene quello dei volontari della Protezione Civile Veneto che venerdì prossimo, 24 febbraio, festeggeranno 31 anni di operatività. In regione, questo esercito conta 26 mila persone, divisi tra uomini e donne.

Con la Legge 225 del 24 febbraio 1992, infatti, veniva istituito e regolamentato il Sistema di Protezione Civile che, in Veneto, in occasione dell’emergenza Vaia è stato riconosciuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella come un’eccellenza e un esempio da seguire a livello nazionale. 

Protezione civile Veneto

Seguono le voci dei protagonisti:

Massimo Maran, 65 anni, bancario in pensione e volontario della Protezione Civile dal 1978: “Sono 45 anni che faccio il volontario. Nel frattempo sono andato in pensione dal mio lavoro effettivo che era quello di bancario, ma non sono andato in pensione dal volontariato. Alcuni colleghi che già stavano vivendo questa esperienza mi hanno convinto di provarci e sono ancora qui. Maniche rimboccate sempre e pronto a intervenire quando serve. Oggi il mio ruolo è quello di rappresentante del volontariato della provincia di Padova. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando ho cominciato questa avventura impegnativa ma meravigliosa: ricordo che la mia prima esperienza l’ho vissuta a 23 anni col terremoto d’Irpinia nell’Ottanta. Quando sono arrivato sul posto insieme alla mia squadra, ricordo la nebbia causata dalla polvere dei crolli degli edifici, tanta polvere. Un’immagine e un ricordo che ancora ho vividi in testa”.

Elisabetta Di Prinzio, 60 anni, caposcalo di servizio per una linea aerea e volontaria della Protezione Civile dal 2016: “Questa esperienza nella Protezione Civile l’ho iniziata con il terremoto in Abruzzo. E’ stato allora che ho ricevuto la spinta per aiutare e devo dire che poi la sensazione che si riceve è bellissima. Oggi in questo sistema sono responsabile di Studi e di Prevenzione. Far parte della Protezione Civile significa davvero entrare nel profondo della comunità dove ognuno fa una parte e si mette a disposizione del prossimo e lo fa in un contesto per nulla semplice. Parliamo di emergenze in cui dobbiamo essere pronti a porgere la nostra mano, a intervenire per mettere in sicurezza le persone e i luoghi colpiti da calamità, e a regalare anche un sorriso, che è sempre prezioso per chi ha paura e sta male. Ricordo, in particolare il periodo buio del COVID-19: portavamo medicinali e la spesa alimentare a casa alle persone in quarantena o malate. Ricordo una signora che un giorno mi ha detto che noi siamo come gli angeli che portano conforto. Ho pianto per l’emozione e mi sono sentita più forte per quello che stavo facendo”. 

Francesco Falcieri, 41 anni, ricercatore del CNR, volontario della Protezione Civile dal 2019: “Ho cominciato come volontario della PC tre giorni prima dell’acqua “granda” a Venezia. Sembrava l’apocalisse, una situazione davvero surreale e spaventosa. Mi son subito rimboccato le maniche per dare una mano: era tutto sommerso e sembrava di vivere in mare aperto. Ho deciso di intraprendere questa avventura del volontariato all’interno della PC inizialmente perché avevo l’esigenza di sdebitarmi con la collettività, in qualche modo volevo restituire qualcosa, poi successivamente ne ho colto l’importanza e devo dire che è un lavoro entusiasmante e stimolante. Oggi ricopro il ruolo di caposquadra. Entrare in questo sistema significa imparare molto, perché si viene formati e ci si specializza e poi lo sguardo della gente quando arrivi ti ripaga di tutto. Non dimenticherò mai le lacrime delle vecchiette quando portavo loro la spesa a casa durante il COVID-19.