Molti, moltissimi cittadini di Vicenza e del mondo ieri come oggi hanno varcato la soglia della Biblioteca Civica Bertoliana, da quando trecento anni fa essa aprì la sua Psyches iatreion (letteralmente «luogo di cura dell’anima»), la porta dello spirito. Nessuno di costoro è entrato in un luogo qualsiasi, ma nel luogo dove trae nutrimento e sostentamento proprio lo spirito. Per volere del giureconsulto Giovanni Maria Bertolo è nata la Biblioteca; il nobile cittadino volle lasciare i suoi libri in eredità alla città, consapevole certo che attraverso loro tutti potessero accedere alla formazione dello spirito.
Psyches iatreion è il motto che, scritto a lettere greche, adornò la facciata della prima sede della biblioteca, il Palazzo del Monte (con la facciata principale sulla centrale Piazza dei Signori e i due fianchi su contrà del Monte e contrà Manin), dove è ancor oggi leggibile, quando nel 1708 aprì, una delle prime biblioteche pubbliche del mondo.
Il motto fu poi posto anche all’ingresso dell’attuale sede in via Riale, ma non è visibile a causa dei lavori di sistemazione attuati nel secondo dopoguerra. L’espressione accompagna da sempre chi per studio, ricerca o semplice trascorrere intelligente del tempo utilizza il ricco patrimonio della Bertoliana, la cui base è stata appunto la donazione di Bertolo cui sono seguite nel corso del tempo molte altre, inoltre all’incremento del patrimonio librario stesso hanno contribuito e contribuiscono il Comune di Vicenza, la Regione veneto e la Provincia di Vicenza.
La Biblioteca civica Bertoliana è luogo dello spirito; così la si volle e questo è un luogo nel quale si forma il pensiero, la coscienza e soprattutto consente, attraverso la conoscenza, alla libertà dell’uomo quella possibilità di scegliere secondo verità, bene e giustizia, realizzando in tal modo la sua più autentica dignità, secondo le parole dei grandi umanisti Pico della Mirandola e Erasmo da Rotterdam.
Non abbiamo notizie su chi volle l’espressione ad indicare il valore della biblioteca, ma essa non compare per la prima volta a Vicenza; era, infatti, incisa sul portale della hierà Bibliotheke, la biblioteca sacra, che si trovava all’interno della grandiosa tomba di un antico faraone d’Egitto, Osymandyas, che altri non è che Ramsete II come riporta Diodoro Siculo, Biblioteca, I, 49, 3, che a sua volta si rifaceva a Ecateo di Mileto. Di certo questa biblioteca sacra conteneva testi magici e religiosi, testi di devozione, preghiere, inni ecc., e il motto quindi rinvia alla qualità propriamente medica che i libri hanno per l’anima di un uomo che doveva continuare a vivere anche al di là della contingenza terrena, curandone le colpe e le macchie in vista del giudizio finale. La filosofia e i suoi libri sono anche la medicina dell’anima, così Cicerone “traduce” l’espressione nelle Tusculanae disputationes, III 6 1 con “Est profecto animi medicina, philosophia“. Con il cristianesimo, la nuova religione che ha al suo fondamento la preghiera e in particolare quella del Signore (il Pater noster), l’espressione trova nel trattato Sulla preghiera, attribuito a S. Giovanni Crisostomo, ma ritenuto in genere spurio, un collegamento; il padre della chiesa chiama appunto preghiera Psyches iatreion (De oratione, 63, 737.59).
Pare inoltre che l’iscrizione fosse stata posta anche all’ingresso della Biblioteca di Alessandria distrutta col fuoco dell’insipienza da parte di Omar. Ciò qualificherebbe ancora più l’intelligenza di chi o di coloro che vollero a motto della Bertoliana proprio quella, quasi una continuità con il mondo classico. Vicenza ha, infatti, uno storico e significativo rapporto con l’antichità classica, che fu sempre studiata e amata e ha nell’architettura di Andrea Palladio un suo vertice mondiale e nel locale Ginnasio-Liceo classico “A. Pigafetta” la continuità della tradizione.
L”iscrizione si trova anche all’ingresso di diverse biblioteca, tra cui quella dell’Abbazia di San Gallo in Svizzera, del Collegio Romano e dell’Università di Rhodes Island; tutte accomunate da un preciso e importante compito, quello appunto espresso nel motto.
Proprio il carattere “pubblico” ha fatto sì che la biblioteca Bertoliana sia stato e sia a tutt’oggi un punto di riferimento preciso; la frequenza delle sue sale, la lettura, la consultazione del suo patrimonio è costantemente in aumento e sarebbe difficile anche fare un solo registro di quanti uomini illustri e non, l’abbiano frequentata, formando il proprio spirito e la capacità di operare. E’ significativo a tale proposito come diversi studiosi abbiano donato e donino le loro opere, accompagnandole da una dedica proprio alla “Bertoliana”, considerata come amica, non un istituto chiuso in se stesso, ma aperto, proprio perché essa forma lo spirito e lo spirito della cultura non resta dentro i libri, perché, se in essi rinveniamo la dottrina, la sapienza degli antichi e talora dei moderni, è poi nella vita che sappiamo tradurla in saggezza, in ciò che qualifica l’esistenza quotidiana. La Bertoliana ha da sempre una funzione importante, direi, senza problemi, educativa, perché essa non si limita a custodire libri sacri e profani, preziose documentazioni relative al territorio della città e della provincia di Vicenza, preziosi archivi delle famiglie vicentine e di altre istituzioni o organismi, ma perché si è sempre proposta come punto di riferimento per i cittadini e il vasto mondo della ricerca. Infatti, attraverso il suo patrimonio essa forma alla cultura, che, quando è frutto di genuina, onesta e non strumentale analisi, diviene sempre la più importante proposta per la vita sia privata sia pubblica.
Chi entra attraverso la porta dello spirito non può che arricchire il proprio animo, il valore della cultura e del dovere da compiere. Una funzione complessa, non sempre ben visibile, ma essenziale, perché non vi è autentica vita umana senza riflessione, senza ricerca di verità, che fonda il bene e il giusto. I libri sono i mezzi per quei fini che abbiamo additati, non semplici strumenti, per questo vanno amati, perché preziosi dato che esprimono culture, visioni del mondo, magari diverse dalle nostre, ma se autentiche sempre importanti. La Biblioteca è nutrimento per lo spirito capace di confrontarsi, di non aver paura di incontrare la differenza. Infatti, solo un intelletto incapace di vera vita spirituale, non si confronta, per lui la biblioteca è inutile e quando se ne serve, lo fa solo per confermare i suoi intellettualismi, perché per lui ha importanza solo il suo filosofumo, le sue opinioni, le sue posizioni, in realtà spesso solo le più immediate sensazioni, trasformate in rigido pensiero, privo di spirito. Ciò è stato ben evidenziato dalla storia del secolo scorso e talora anche da quella attuale, che ha prodotto la negazione della dignità dell’uomo: quella libertà senza la quale non è neppure concepibile l’uomo. Risuonano a proposito le parole della grande Margherite Yourcenar: “l’anima abbandonata all’imprevisto delle sensazioni, smette persino di coordinarle, lo spirito, alla ricerca disperata di un’etica, non arriva che all’igiene sportiva. In entrambi i casi, il corpo, per reazione trionfa. Tutti, ognuno a suo tempo, ricorrono agli anestetici mistici. […] frutto di una morale che s’improvvisa.”
Abbandonare lo spirito e la porta che lo arricchisce porta alle conseguenze più gravi, cioè: “l’abbandono dello spirito della ragione” per l’utilitarismo, il vantaggio del quotidiano, che invecchia nel momento stesso in cui lo si insegue. Così la nostra civiltà oscilla tra “il materialismo greve della maggioranza contrapposto al folle idealismo della minoranza, l’umanitarismo delle crisi cruente, e le raffinatezze che sono gli abbellimenti dell’usura – tutto il patetico dell’irreparabile.“.
Tutto ciò condito dalle riflessioni di impiegati dell’amletismo di maniera, intellettuali pronti ad essere al servizio del primo ufficiale pagatore, dove il sant’oro è divenuto il certo vantaggio da non dichiarare, soprattutto all’Ufficio delle imposte, ma che spinge ogni cosa. Così l’arte “una volta lenta elaboratrice, si specializza nell’istantaneo. Si può dire che lo spirito europeo acquisisca, negli ultimi anni del secolo XIX, la sensibilità di una pellicola cinematografica.” Una nevrosi che denuncia l’indebolimento della ragione e delle sue radici, quelle radici classiche che sono linfa vitale della nostra storia, del cristianesimo e anche delle sue negazioni. A tutto questo, come sostiene la Yourcenar, nella Nota aggiunta al testo nel 1982 “la tragedia ecologica, i crimini politici mostruosi, i genocidi compiuti da ogni paese; il naufragio delle culture considerate come centrali; la spaventosa ondata di in cultura causata dai media e rafforzata da un senso di inutilità e di “a che pro”?“
Queste affermazioni, che denunciano la mancanza di spirito e di alimento dello spirito, cioè quella incapacità di entrare attraverso la porta dello spirito è anche ben denunciata dal croato Miroslav Krle?a (1893-1981) con il suo scritto Europa del 1935, che così si esprime: “Terra fantastica e inverosimile, piena di gioiellerie, di lusso e di mendicanti […] L’Europa è oggi ambiente raffinato di divertimenti notturni, dove in luminosi acquari nuotano pesci argentei per il ventre dei buongustai europei e in piscine di marmo nuotano donne nude dai capelli dorati per le alcove degli amanti europei. Pesci e donne, libri e musica, religioni e leggi, opinioni di vita e poesia, tutto si vende in Europa per denaro, e anzi che l’uomo, l’unica unità di misura, è oggi il denaro. Unica bilancia, unico attestato delle qualità umane. […] L’Europa è oggi incitrullita come una vecchia zitella sdentata o un’ausiliaria dell’Esercito della Salvezza; ascolta alla radio le trasmissioni delle partite di calcio e mentre le macchine producono un’infinità di cose, i disoccupati patiscono la fame. Col caffè si alimenta il fuoco delle macchine a vapore, si spreca il latte, si bruciano le messi perché c’è troppo caffè, troppo latte, troppo grano. Le macchine lavorano pazzamente e si impongono nei listini di borsa […] l’Europa si carica di merci e di miseria con un’irresponsabilità sempre maggiore, e questo moltiplicarsi di records, di successi olimpionici, di libri, di tristezze, di fame, di morte e di benessere, questo moltiplicarsi di contrasti fra piaceri e sofferenze e sciagure sempre più gravi, questa pazza corsa senza rotta nel tempo e nello spazio dell’Europa di oggi si svolge all’insegna di un problema che di giorno in giorno diventa sempre più fatale.”
Non dobbiamo però nemmeno dimenticare quanto affermò Mario Dal Pra, un “amante” della Bertoliana, che in anni difficili (1943-1944) affermò sempre il valore spirituale della cultura e della ricerca. Varie le espressioni culturali, che erano presenti nella biblioteca, anche in quegli anni, tra queste quella di A. Giuriolo che scelse la Bertoliana come la sede “della sua scuola” e dei suoi allievi, tra cui ricordiamo Luigi Meneghello, recentemente scomparso.
Ecco perché la Bertoliana può aiutare a raggiungere una visione diversa, un autentico regno dello spirito verso il quale indirizzare i giovani, che, ben lo sappiamo, fruiscono della Bertoliana come una “seconda casa” e talora, attraverso questa, ne costruiscono addirittura “una terza”.
L’importanza della Biblioteca Civica Bertoliana è rinchiusa proprio nel suo motto; che dovremo tener sempre presente, proprio per l’importanza stessa che la biblioteca ha rivestito e rivestirà per la città di Vicenza, capace di aprirsi ai risultati maggiori dello spirito di ogni luogo della terra attraverso quanto di più significativo è stato prodotto e trascritto nei libri, anche nelle forme più contemporanee.
Così la Biblioteca Civica Bertoliana è un monumento perenne alla ricerca del sapere, che va conservato, attualizzato e progettato per il futuro. A questo compito ha da trecento anni risposto facendo entrare nel mondo dello spirito chiunque abbia quella autentica curiosità di sapere, che è la caratteristica fondamentale, come già sosteneva Aristotele nella sua Metafisica, dell’uomo, l’autentico protagonista della Bertoliana, e speriamo che sempre il libro consenta di varcare la sua Psyches iatreion per ricordare:
¿Qué es el libro?
El libro es lumbre del corazón;
espejo del cuerpo;
confusión de vicios;
corona de prudentes;
diadema de sabios;
honra de doctores;
vaso lleno de sabiduría;
compañero de viaje;
criado fiel;
huerto lleno de frutos;
revelador de arcanos;
aclarador de oscuridades.
Preguntado responde,
y mandado anda deprisa,
llamado acude presto,
y obedece con facilidad.
(Testo medioevale da un Codice della Bibbia di Toledo)
Il libro è luce del cuore:/ specchio del corpo;/ confusione dei vizi;/corona dei prudenti; /diadema dei saggi; / onore dei dottori;/ bicchiere pieno di saggezza; / compagno di viaggio;/ servo fedele;/ orto pieno di frutti; _rivelatore d’arcani;/ chiarificatore di oscurità; / Se richiesto [se gli si fanno domande] risponde,/ed inviato va di fretta,/ chiamato viene presto/ e obbedisce con facilità. (Tr. it. di Nazzareno Fioraso)
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[1] Ricordiamo che nella città di Vicenza questa espressione non è l?unica scritta su una facciata in caratteri greci, ma vi è quella di Palazzo Valmarana Braga in Corso Fogazzaro. Il Palazzo del conte Leonardo Valmarana, opera di Andrea Palladio, ha una facciata bellissima, con opere a punta di diamante presso la base e con molte graziose scene scolpite in pietra attorno alla cima. Sotto una di esse sono incise queste due parole greche: callistos fonon con le quali si vuole dire che la caccia è lo svago più generose e nobile di tutti, cfr. Th. Coryat, Crudezze. Viaggio in Francia e in Italia 1608, a cura di F. Marenco e A. Meo.