Di Michele Lucivero e Nino Malerba. Oggi la Puglia, suscitando un indiscusso appeal, è fra le mete turistiche più ambite dell’Italia e del mondo. Ricordiamo tristemente che molti anni fa chi giungeva a Bari lo faceva unicamente per imbarcarsi per la Grecia, infatti la Puglia era sotto il profilo turistico, con unica eccezione del Gargano, «una espressione geografica».
Il turista che oggi raggiunge la nostra Regione, invece, è assetato di cultura, di tradizioni popolari (basti pensare che il solo concerto della Notte della Taranta ha portato a Melpignano fino a 200.000 persone nel 2019), ma anche di arte, per andare alla scoperta di bellezze architettoniche che variano dal barocco leccese al romanico del Duomo di Trani, per non parlare della miriade di castelli normanni, svevi, angioini e aragonesi che da Santa Maria di Leuca (LE) fino a Sant’Agata di Puglia (FG), passando, ovviamente, per Castel Del Monte, raccontano una storia densa di episodi, fatta di dominazioni, di soprusi, ma anche di rivolte e riscatti.
E, tuttavia, a proposito di riscatti, senza girarci troppo intorno, oggi chi viene in Puglia va alla ricerca del mare e non è un caso che nell’estate 2020, quando le uscite all’estero sono state fortemente scoraggiate dall’imperversare del coronavirus, la Puglia sia stata nominata «la regina del turismo in Italia», con ben 604.985 arrivi e oltre 2.225.337 presenze, incassando un successo anche tra francesi e tedeschi, che hanno apprezzato le bellezze naturali, le spiagge e i paesaggi che questa terra aveva loro da offrire tra Vieste e Otranto.
È chiaro che la gente che oggi viene in Puglia, all’interno di questa rivalutazione anche molto spettacolarizzata dell’arte culinaria, sia molto attratta dalla scoperta di percorsi enogastronomici, sui quali la nostra regione ha sempre goduto di ottima fama, grazie ad una storica tradizione di banqueting che ha reso anche proverbiale la convivialità e l’ospitalità pugliese.
È altrettanto chiaro, quindi, che un turista a tavola non vorrà mai stappare una bottiglia di Merlot o di Cabernet oppure un taglio bordolese, sul quale la competizione non può colmare anni e anni di lavoro, dedizione e fama internazionale dei grandi prodotti internazionali, ma gradirà degustare i peculiari vini autoctoni, recuperati sotto la guida di grandi enologi. Si tratta di vini che si sposano con i prodotti tipici di un territorio che si snoda lungo una striscia di terra di ben 400 chilometri e che attraversa condizioni pedoclimatiche differenti, passando dalla Capitanata alla Daunia, per finire al Salento e alla Valle D’Itria.
Da questo punto di vista, bisogna affettivamente registrare un salto di qualità nell’enogastronomia pugliese, e non solo per le certificazione dei dieci ristoranti stellati sparsi sul territorio e per le quattro DOCG, che vedono spiccare dal 2011 le eccellenze del rosato vinificato da Bombino Nero, del Nero di Troia, del Rosso Riserva, tutti e tre Castel del Monte, e del Primitivo di Manduria dolce naturale, ma è nel lavoro quotidiano di molti produttori e giovani imprenditori che credono nella valorizzazione sostenibile e responsabile del territorio che si gioca la partita più importante.
Non si può non segnalare in questo importante impegno per la valorizzazione del territorio un’azienda come Rivera, che, nonostante i contraccolpi dovuti a endemiche problematiche di legalità (solo a febbraio 2021 ha subito il furto di 35.000 piante) ha fatto conoscere le varietà autoctone di Nero di Troia e Bombino nero. Ma possiamo anche citare i Fratelli Carparelli e le famiglie Ventricelli e di Benedetto, che hanno fatto rinascere il Minutolo, ma anche Severino Garofano con il suo top wine a base di Negroamaro e, infine, l’Oltremé DOC di Tenute Rubino, grande esempio di Susumaniello.
Lungimiranti ed avvedute, da questo punto di vista, sono state aziende di famiglia come i toscani Antinori, per esempio, che hanno investito creando Tormaresca, che raggruppa due distinte tenute, una in Salento, l’altra in zona Castel del Monte, oppure la famiglia Zonin, che si è radicata sul territorio pugliese con il marchio Altemura, ma anche i veneziani Botter, che da 2017 hanno rilevato la Masseria Doppio Passo a Salice Salentino (LE).
Ecco, promettendo di tornare a parlarvi di altri produttori ed eccellenze che abbiamo qui colpevolmente omesso per questioni di spazio, il nostro impegno, da amanti e divulgatori della cultura del vino, è teso a sostenere e massimizzare quel processo ormai avviato di valorizzazione delle nostre produzioni vinicole, le cui indubbie potenzialità, qualora ce ne fosse stato bisogno, sono state testimoniate dai tanti imprenditori locali e non che hanno avviato massicci investimenti in Puglia.