
Il caso dei talenti ereditati da Giovanni Diamanti e Giacomo Possamai, i “figli di” Ilvo e Paolo. Ma, se non bastasse, Secondo Piovesan, ad della fu Banca Cattolica del Veneto, era bisnonno di Giacomo che vanta anche (lui nega) un padre politico, Achille Variati, ex dipendente di quella stessa banca, come Antonio Corazzin, uno dei primi maestri del padre di Giovanni, che ora presiede la Fondazione Monte di Pietà di Vicenza
Nel vasto universo della meritocrazia all’italiana, c’è un fenomeno affascinante che si ripete con inquietante regolarità: il talento genetico. Un mistero degno delle più ardite ricerche scientifiche, che porta sempre più figli di illustri personaggi a brillare nei medesimi campi di papà e mamma. Non parliamo solo di somiglianze caratteriali o anche di passioni condivise, ma di un successo quasi predestinato, come se il DNA fosse il vero curriculum da esibire.
Prendiamo il caso del politologo Ilvo Diamanti, figura autorevole nel panorama accademico e mediatico. I suoi studi, le sue analisi, i suoi sondaggi sono citati ovunque con la stessa deferenza riservata alle profezie di Nostradamus. Ma la scienza della previsione non si ferma alla politica: sembra aver previsto anche il brillante percorso del figlio, Giovanni Diamanti, esperto di comunicazione politica. Coincidenza? Fortuna? O l’ennesima dimostrazione che in Italia i figli delle stelle non sono necessariamente astronauti, ma ereditano direttamente le costellazioni di papà?
Si dirà: “Ma Giovanni Diamanti è bravo nel suo lavoro!”. Nessuno lo nega, anzi. Il problema è che la bravura, quando si nasce già sul podio, è talvolta un dettaglio secondario. Dopotutto, la fatica di costruirsi un nome è molto relativa quando il cognome è già un brand consolidato. È un po’ come partire in una corsa di 100 metri con 50 metri di vantaggio: certo, bisogna comunque correre, ma il traguardo è molto più vicino.
Sia chiaro, non è un caso isolato. L’Italia è piena di “figli di” che emergono con sorprendente rapidità, in qualsiasi settore: dal cinema alla politica, dall’arte alla scienza. Alcuni si affannano a dire che il loro successo è frutto di studio e sacrificio, mentre il cognome è solo un peso da portare. Eppure, chissà perché, i figli dei netturbini non diventano (quasi?) mai direttori di accademie d’arte, e quelli dei pescatori raramente siedono nei consigli di amministrazione.
Morale della favola? Il talento conta, ma il pedigree aiuta. E nel dubbio, meglio nascere nel posto giusto: si evitano tanti colloqui di lavoro inutili.
Giovanni Diamanti e Giacomo Possamai, amici accomunati anche dagli avi giusti
E se l’amicizia fosse anche una questione di DNA sociale? Giovanni Diamanti non è il solo a poter contare su un albero genealogico che assomiglia più a un curriculum perfettamente compilato. Il suo amico, nel bene e nel male, Giacomo Possamai non è da meno.

Giovane politico di talento, ex capogruppo del PD in Consiglio Regionale del Veneto e ora sindaco di Vicenza, Giacomo, o Giacomino, come lo chiamano molti vicentini, alcuni per affetto quasi filiale, altri meno, ha un background che sembra scritto da uno sceneggiatore con una passione per le coincidenze fortunate.
Suo padre, Paolo Possamai, è stato direttore di spicco nei quotidiani del Nord-Est per il gruppo Gedi, e oggi ricopre il ruolo di direttore editoriale degli stessi giornali, passati nel frattempo nelle mani di una cordata guidata dall’imprenditore Enrico Marchi. Il che non è esattamente un dettaglio irrilevante quando si tratta di costruire una carriera nella comunicazione e nella politica.

Ma non finisce qui: Giacomo Possamai è anche pronipote, per parte dell’amatissima nonna Maria Pia Piovesan in Stocchiero, che gli consegnò la fascia di sindaco, di Secondo Piovesan, arrivato a Vicenza da Alessandria (in Piemonte non d’Egitto…), un nome possente nella storia della finanza italiana, avendo avuto un ruolo di primo piano nella Banca Cattolica del Veneto, poi confluita, passando per l’Ambroveneto, il primo grande scippo di una banca vicentina e veneta, in Intesa Sanpaolo.
La Banca fu fondata nel 1892 con il nome di “Banca Cattolica Vicentina” dalle forze produttive di area, appunto, cattolica presenti nella potente diocesi di Vicenza e, dopo Secondo Piovesan, ebbe come dirigente apicale anche Paolo Stocchiero, padre di Valeria (la “first mom” come alcuni simpaticamente e rispettosamente la chiamano per la sua vicinanza non solo affettiva al figlio sindaco) e, quindi, nonno di Giacomo.
Insomma, quando si dice partire con una buona rete di contatti…
Tanto per non farsi mancare nulla, ma Vicenza è una città piccola per distanze fisiche e familiari, Primo Piovesan, fratello maggiore di Secondo, fu giornalista sportivo al Giornale di Vicenza (ahi la stampa, ma allora erano altri tempi!) e grande drammaturgo (di certo il merito storicamente maggiore).
Naturalmente, anche in questo caso, nessuno mette in dubbio le capacità del giovane sindaco. Ma, come dire, certe porte si aprono con molta più facilità quando il cognome è la chiave giusta.
La morale?
La prima, che è una realtà: la meritocrazia esiste, certo. Ma di più per chi può permettersela.
La seconda, che è un auspicio: i “figli di” non si esibiscano troppo (giusto Giacomo?, che reciti da Rumor ma distribuisci, oltre a incarichi di peso da spoils system (meritocratico?), così tante mostrine per incarichi immaginifici che fra un po’ non ti basteranno i cittadini di Vicenza per esaurirne lo stock, e giusto Giovanni?, che hai fatto eleggere così tanti sindaci che è risorta l’Italia dei Comuni…) ma ricordino le origini degli avi e le fatiche da loro fatte per dare la scalata alla società. Loro non potevano andare con i propri soldi a Filadelfia a “volantinare” per Obama…
Se Ilvo Diamanti, infatti, lavorò duro con Bruno Oboe alla Cisl e col sindaco Antonio Corazzin a Vicenza prima di diventare un riferimento nelle analisi socio-politiche, Secondo Piovesan, come recita il suo curriculum sul sito di Intesa, “di modeste origini, non avendo la possibilità di continuare gli studi una volta terminate le scuole tecniche, a tredici anni fu assunto come impiegato all’Ufficio del Registro atti civili e successioni di Vicenza. Il 26 ottobre 1908 entrò, quindicenne, alla Banca Cattolica Vicentina come impiegato in prova. Un anno dopo fu confermato in pianta stabile in qualità di contabile di seconda classe…”.
E arrivò, passo dopo passo, dimostrando in questo caso che la meritocrazia non ha avi, ai massimi vertici dell’Istituto, nel 1930, anno in cui la Cattolica Vicentina cambiò nome, per suggellare la sua crescita, in Banca Cattolica del Veneto, come Direttore Generale e quale Amministratore Delegato dal 1947 fino al 1972, quando lasciò la direzione attiva con la qualifica di Presidente Onorario.
La battuta finale
Sono forti le origini, anche, “bancarie” di Giacomo: bisnonno Piovesan #1 della Cattolica, nonno il suo dirigente apicale Stocchiero, papà Paolo migrato da Gedi a Save e Banca Finint, entrambe di Marchi, prima di consolidarsi alla NEM, sempre dell’aspirante doge finanziario del Veneto, “padre politico” (ma lui lo nega anche se lo frequenta assiduamente insieme ad Angelo Guzzo) Achille Variati, che è stato e, lui spera, ancora sarà di tutto e di più, tra cui ex dipendente proprio della Banca Cattolica.
Si potrà, quindi, capire la felicità di Giovanni, quando, potendo vantare nel suo albero bancario-cratico solo la vicinanza di papà Ilvo ad Antonio Corazzin, altro sindaco di Vicenza proveniente dalla Banca Cattolica (ahi le banche e il potere a Vicenza!), è stato “elevato”, ovviamente dall’amico Giacomo, alla presidenza della Fondazione del Monte di Pietà di Vicenza, oggi non più una banca (e meno male, perché a Vicenza portano sfortuna) ma con lignaggio e frequentazioni con quel DNA.