Quarantanni fa la strage di Bologna. Ricordare è una necessità

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Il 2 agosto del 1980, alle 10 e 25, una bomba scoppiò alla stazione di Bologna. Ottantacinque morti. Uccisi dai fascisti e dalle manovre di forze definite oscure che tentavano di sovvertire l’ordine costituzionale.

Sono ormai quaranta gli anni che sono passati da quella che fu la strage terroristica più devastante della storia repubblicana. Quattro decenni che hanno visto la progressiva cancellazione dei diritti costituzionali, la crescita della destra più reazionaria, un revisionismo storico tendente ad accomunare carnefici e vittime per dimenticare e assolvere, di fatto, chi fu responsabile del terrorismo stragista in Italia.

È un dovere, soprattutto per chi ha vissuto quei momenti di rabbia e sgomento, ricordare e, magari, farlo semplicemente, con una poesia del poeta Roberto Roversi dal titolo “Mai più! Mai più! Mai più!”:

I treni partivano

i treni arrivavano

“al mare” dicevano i treni

“alla montagna” dicevano i treni.

I treni ridevano

cantavano

erano felici i treni.

(Mai più! Mai più! Mai più!)

Il cielo era con nuvole azzurre

all’improvviso

il cielo è diventato nero

il cielo è diventato fuoco

il treno non è più partito

il treno non è più arrivato

il treno si è fermato (è in ginocchio per terra).

(Mai più! Mai più! Mai più!)

A un tratto il cielo

il cielo è diventato di fuoco

i bambini piangevano

le mamme gridavano

stesi per terra in silenzio

uomini donne bambine

mentre il sangue cadeva dal cielo.

(Mai più! Mai più! Mai più!)

Le nubi non erano più bianche

erano rosse di sangue

erano nere di fumo.

Poi il tempo è passato

i morti sono ancora con noi

con noi in partenza col treno

al mare in montagna.

(Mai più! Mai più! Mai più!)

Ascolto

ascolto

ascolto

Quello che vola lassù:

ci porta in vacanza

al mare o in montagna

fra le nuvole bianche

(Mai più! Mai più! Mai più!)

Ascoltate guardate

guardate la grande nave

passare

le onde

le onde calde del mare

nuotare

andiamo al mare.

(Mai più! Mai più! Mai più!)

Ascoltate

ascoltate

guardate

il treno

che arriva a Bologna

noi nella stazione aspettare

allegri per correre al mare.

(Mai più! Mai più! Mai più!)

Penso che sia la maniera migliore per mantenere viva la memoria di quel giorno. Nonostante il degrado morale e politico nel quale è sprofondato il nostro paese da decenni, bisogna ostinarsi a ricordare con rabbia che quarantanni fa i cittadini italiani hanno difeso la democrazia scendendo in piazza in una mobilitazione promossa principalmente dal Partito Comunista Italiano.

Avere oggi memoria di quei giorni non è solo un dovere, è una necessità. È, di fatto, una risposta a chi vorrebbe negare le responsabilità della destra fascista e golpista, a chi vorrebbe una pacificazione impossibile, a chi pensa che la Storia si possa riscrivere cancellando il ruolo che fu delle forze democratiche e dei comunisti in particolare.

Avere memoria del significato i quei giorni in questo presente così pieno di indifferenza e oblio significa non adeguarsi, continuare la lotta. È comunque un buon segno.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.