Quattro Dg Sanità Veneto con pensione e stipendio, la Regione vuole vederci chiaro

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Sulla possibilità che vengano dati incarichi a lavoratori in pensione e che pertanto percepiscano ancora lo stipendio dal Servizio sanitario regionale, è stata pubblicata anche su ViPiu.it la posizione della Regione del Veneto, consultabile qui.

In sostanza 4 Direttori Generali del Veneto, incaricati ma nel frattempo andati in pensione, si sono sospesi lo stipendio come ha detto il Dg Sanità Luciano Flor, spiegando che sarà avviato un confronto con i ministeri competenti, “alle cui risultanze si darà puntuale seguito. Gli stessi Dg hanno anticipato un parere legale pro veritate concernente approfondimenti in merito alla loro posizione”.

Insomma, c’è da confrontarsi a tutti i livelli, anche con i Ministeri competenti, e questa è anche la posizione della Regione Veneto, che, aggiungiamo a quanto scritto il 25 giugno, fa sapere quanto segue.

Con riguardo alla posizione dei Direttori Generali, che dopo il conferimento dell’incarico hanno avuto accesso al trattamento di quiescenza, la Direzione dell’Area Sanità della Regione del Veneto precisa alcuni dati.

Al fine di evitare il diffondersi di notizie che, muovendo da una ricostruzione parziale del quadro normativo di riferimento, rischiano di ingenerare convinzioni non corrette sono necessarie alcune puntualizzazioni. Va detto innanzitutto che le Aziende sanitarie interessate hanno svolto al riguardo importanti approfondimenti acquisendo un motivato parere pro veritate,  del prof. Carlo Cester e dell’avv. Maria Luisa Miazzi, che afferma la  coerenza, con le disposizioni di legge e con le prescrizioni amministrative, della attuale posizione dei direttori  per quanto attiene  la percezione del trattamento di quiescenza in pendenza del contratto di direzione generale dell’azienda sanitaria; posizione che secondo una certa interpretazione   sarebbe, invece,  in contrasto  con la previsione di cui l’art. 5, comma 9 del d.l. 6.7.2012, n. 95, convertito nella l. 7.8.2012, n. 135, (così come modificato dall’art. 6 del d.l. 24.6.2014, n. 90, convertito nella l. 11.8.2014, n. 114),  che pone un  divieto di conferimento di incarichi  retribuiti da parte di Pubbliche Amministrazioni  ai soggetti privati e pubblici che godano di trattamento pensionistico. 

Di tale argomentato parere pro-veritate, la Regione prende atto, così come non può non dare atto della lealtà istituzionale dei direttori che hanno deciso di proporre la sospensione dell’erogazione del compenso per l’incarico di direzione in attesa degli approfondimenti che la Regione aveva anticipato di voler comunque fare per evitare qualunque strumentalizzazione.   

La questione è, infatti, squisitamente tecnica, di interpretazione di una normativa complessa, con più disposizioni tra loro interferenti, alcune delle quali, molto significative, sono entrate in vigore nel periodo pandemico e sono, quindi, tutte successive ai pareri amministrativi che sono intervenuti in questa materia, di fatto superandoli. 

Come riportato nel suddetto parere va ricordato, che la materia degli incarichi ai direttori delle Aziende Sanitarie trova autonoma disciplina nelle disposizioni  della legge di riforma del Sistema Sanitario Nazionale (d.lgs n. 502 del 1992)  ed è interamente regolata,  quanto ai requisiti di accesso ed alle condizioni di esecuzione dell’incarico,  dal decreto legislativo  n. 171 del 2016:   normativa speciale, questa,  successiva all’entrata in vigore del divieto di cumulo,  introdotto con l’art. 5 comma 9 del 2012,  ed in quanto tale necessariamente derogatoria del divieto.  L’autonoma disciplina degli incarichi di direzione generale delle Aziende rende, quindi, del tutto estranea alla fattispecie l’esegesi del disposto di cui all’art. 5 comma 9 introduttivo del divieto di cumulo.

Non solo, va ricordato che la norma sul divieto di cumulo limita l’incompatibilità dello status di pensionato al momento del conferimento dell’incarico da parte della Pubblica Amministrazione e che nella prima Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della Funzione Pubblica n. 6/ 2014) era stato esplicitamente indicato che il divieto non si estendeva alla fase di esecuzione dell’incarico.  Il testo dell’art. 5 comma 9 del d.l. n. 95/2012   vieta, infatti, alla pubblica amministrazione il mero conferimento dell’incarico a soggetti già in pensione: pertanto l’affermazione della esistenza di un vincolo di non cumulabilità per tutta la durata dell’incarico opera un’inammissibile interpretazione estensiva della norma sul divieto di cumulo che è pacificamente norma speciale, di stretta interpretazione come ha ricordato lo stesso Consiglio di Stato. 

Ancora,  ed a prescindere da quanto sopra, va evidenziato come i contratti  dei direttori generali di cui si tratta sono stati tutti sottoscritti con medici  nella vigenza delle disposizioni speciali (introdotte nel periodo pandemico in ambito sanitario per rendere possibile il contenimento delle infezioni e la cura della malattia da coronavirus – COVID-19):  disposizioni che hanno sospeso fino al dicembre 2022 il divieto di cumulo  dei trattamenti economici per gli incarichi di lavoro autonomo in ambito sanitario ai titolari di pensione. Si tratta, come noto, in particolare dell’art. 2-bis, comma 5, del d.l. 17.3.2020, n.18, introdotto dalla legge di conversione 24.4.2020, n. 27, dell’art. 3-bis del d.l. 14.1.2021, n. 2, introdotto dalla legge di conversione 12.3.2021, n. 29, dell’art. 34, comma 9 del d.l. 25.5.2021, n. 73, convertito nella l. 23.7.2021, n. 106, dell’art. 10, co. 5-ter del d.l. 24.3.2022 n. 24, introdotto dalla legge di conversione n. 19.05.2022 n. 52.  

Tutto ciò premesso, la Direzione dell’Area Sanità della Regione non intende cercare alibi o scorciatoie e quindi non mancherà di curare anche la richiesta di un parere istituzionale per avere conferma di quanto riportato nel parere pro veritate succitato circa la correttezza dell’azione amministrativa: parere che sarà richiesto con specifico riferimento alla posizione dei direttori, esclusa ogni generalizzazione che può, in ipotesi come quella in esame, condurre a conclusioni errate“.