Nella notte fra il 9 e il 10 dicembre dell’anno scorso, Paolo Rossi se n’è andato dalla vita con una morte fulminea e spiazzante com’erano i suoi gol.
In questa occasione ha fatto piangere non solo il Brasile ma anche tutto il mondo del calcio e in particolare Vicenza, la città che lo ha accolto a nemmeno vent’anni, nella cui squadra è diventato in appena due stagioni un campione di rango internazionale e in cui ha messo le sue radici umane, familiari, lavorative.
Il suo addio a Vicenza, soprattutto quello nello scenario del suo stadio Menti, è stato uno dei momenti di più intensa identificazione cittadina e di partecipazione al cordoglio popolare che si ricordi.
Già nei giorni immediatamente successivi al funerale nasce spontaneamente un sentimento trasversale alla cittadinanza, che auspica la dedica di qualcosa a Vicenza al nome di Paolo Rossi.
Le proposte sono mille, ce ne sono di banali e ce ne sono di impossibili, ma tutte vanno nella stessa direzione: un posto, un edificio, una via intestati a lui.
Questo desiderio si manifesta soprattutto, con le modalità proprie dei nostri tempi, sui social. Prima indi-vidualmente, poi per il tramite di gruppi Facebook molto attivi e partecipati ma che non hanno nè giuridicamente nè economicamente veste per fare qualcosa di concreto. Negli ultimi tempi anche questi gruppi si sono indirizzati più a celebrare il ricordo che a pretendere una dedica.
Si sono quasi subito accodati alla domanda popolare i soggetti che, istituzionalmente e socialmente, sono tenuti a dare un riscontro concreto al progetto. Prima di tutti il Comune, in modo meno incisivo la società.
E qui, purtroppo, c’è stato il temuto break. Perché la dedica è diventata un impegno a lungo termine, senza una scadenza, senza spiegazioni soprattutto.
Lo Stadio? A quasi nessuno piace che sia defenestrato Romeo Menti, già maltrattato perché la sua intitola-zione dell’impianto era “sfuggita” per decenni all’attenzione dei reggitori della città.
Un settore dello Stadio? Troppo poco, è evidente, e, comunque non si è riusciti a farlo nemmeno per altri grandi del calcio biancorosso come Giulio Savoini, come Ezio Vendrame, come Ernesto Galli.
Il Museo? Ottima idea, ma per crearlo servono molti soldi e un progetto logistico, culturale ed economico. Avrebbe senso, poi, un Museo Paolo Rossi e un altro, distinto, del Lanerossi?
Una dedica nello stradario? Sembrerebbe la soluzione più facile da attuare ma ci sono idee molto diverse e non tutte praticabili.
Il sito o la via dovrebbero essere significativi, legati alla vita cittadina del dedicatario, certo non periferici né, tanto meno, alieni dal Paolo vicentino. Chi passerà da lì in futuro, infatti, dovrà sapere che quella strada, quella piazza o quel punto della città sono stati uno scenario della sua vita.
Aspettiamo da mesi le proposte in proposito della Commissione Toponomastica del Comune (che hanno valore puramente indicativo e consultivo, per altro). Ci vuole tanto per formularle e divulgarle?
Il “progetto dedica” sta prendendo l’andazzo consueto dei mille che Vicenza ha partorito in ogni settore (urbanistica, cultura, ambiente, ecc.) e sono rimasti irrealizzati.
I sintomi ci sono tutti: prendiamo tempo, studiamo, valutiamo, creiamo una commissione, sentiamo gli esperti, cerchiamo gli sponsor. La solita storia.
Intanto qualcuno più vivace e concreto si appropria dell’idea e la concretizza fuori Vicenza. Che intanto continua a meditare sul da farsi e rimanda, rimanda…