Quindici province tirano l’Italia le altre si fanno mantenere, Libero: c’è Vicenza tra le prime

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A Bergamo, Bologna, Como, Milano, Parma, Piacenza, Varese, Vicenza e in altre sette citta volano Pil, export e occupazione: merito di imprenditori e lavoratori che sgobbano senza aiuti

Meccanica, metalli, gomma, materie plastiche. Ma anche tessile, apparecchi elettrici e farmaceutica. Nel mondo ci sono oltre 15 miliardi di euro di prodotti “made in Bergamo”. Un business che nel 2017 è cresciuto del 6,7% (in linea con la media nazionale del 7,4% e regionale del 7,5%) e che si è ripercosso positivamente su tutta l’economia della provincia orobica, che ha un pil pro capite più alto della media nazionale (24mila euro) di oltre mille euro e un tasso di occupazione al 65,3%, tre punti sopra quello italiano.


Che il Nord dell’Italia tenga a rimorchio il resto del Paese non è una novità. Quel lo che pochi sanno è che accanto ai grandi capoluoghi, Milano in testa, ma anche Torino, Bologna, Firenze, a trainare la crescita ci sono pure, e soprattutto, le piccole province.
Luoghi lontani anni luce dalle inutili e incomprensibili alchimie della politica, poco sensibili alle sirene dell’assistenzialismo che hanno portato vagonate di voti ai Cinquestelle, antropologicamente antitetici alle paccottiglie ideologiche della sinistra, buone solo a creare ostacoli a chi ha voglia di lavorare e vuole vivere senza il pericolo di essere aggredito, anche nella propria casa.
Mentre i partiti continuano a discutere su chi debba andare per primo al Colle per le consultazioni, su chi sia degno o no di entrare nella grande ammucchiata prodotta da una pessima legge elettorale che ha ingolfato per mesi l’attività del parlamento, su chi debba pulire i cessi o ritirarsi per sempre alle Bermuda o ad Antigua, nelle province del Nord c’è chi ogni giorno continua ad alzarsi per andare a lavorare. E alla politica pensa solo quando si tratta di svuotare le tasche per pagare le troppe tasse o di passare giornate in un ufficio per presentare un documento di cui la pubblica amministrazione è già in possesso.

OCCUPAZIONE

I risultati si vedono. L’Italia, ci ha spiegato l’Istat qual che giorni fa, ha un tasso di occupazione del 62,3%, la percentuale più bassa del Vecchio continente se si esclude la Grecia (57,8%). La media europea è del 72,2%, quasi dieci punti in più. Obiettivo impossibile? Ebbene, nella provincia di Bolzano gli occupati rappresentano il 72,9% della popolazione, in quella di Bol gna il 71,8%, a Milano il 69,5%, a Piacenza il 69,4% e a Parma il 69,3%. Per trova re la prima provincia del Mezzogiorno bisogna scendere di oltre 50 posizioni e, soprattutto, sotto la media italiana.
Per capire come accidenti sia possibile che in queste aree del Paese, la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Veneto, il Piemonte, ci siano più posti di lavoro a disposizione, basta guardare i dati sull’export, che rendono meglio di ogni altra cosa l’idea del tipo di benzina che c’è dentro i motori d’Italia.
In testa alla classifica c’è la provincia di Milano, che nel 2017, secondo i dati dell’Osservatorio del ministero dello Sviluppo, ha esportato 41 miliardi di euro di prodotti. Si tratta di poco meno del 10% dell’intero export nazionale, che nello stesso anno si è attestato a 448 miliardi di euro. Al secondo posto c’è Torino, con 22 miliardi di euro e il 5% del totale. A seguire la provincia di Vicenza, che ha registrato vendite all’estero per 17,7 miliardi di euro, il 4% del totale. Tornando in Lombardia, troviamo Brescia e Bergamo, entrambi con circa 15 miliardi di merci esportate e una quota del 3,5%.
Passando al valore aggiunto, ovvero la ricchezza che contribuisce alla crescita del prodotto interno lordo, la regina è ancora Milano, con una quota pro capite di 45mila euro, quasi il doppio della media nazionale di 24,4mila euro.

GLI STIPENDI

Ben sopra l’asticella italiana, secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, restano anche Bolzano, Bologna, Modena, Firenze, Parma e per sino Roma, che deve la sua posizione al forte contributo dei servizi alle imprese e alle famiglie. Anche per questo indicatore non troviamo alcuna provincia del Mezzogiorno al di sopra del 45 posto, dove si ferma la linea della media nazionale.
Export, pil e occupazione si trasformano, ovviamente, in stipendi da mettere in tasca alla fine del mese. In testa troviamo Bolzano, con 1.476 euro. Seguono Varese (1.471 euro), Monza e Brianza (1.456 euro) , Como (1.449 euro), Verbano Cusio Ossola (1.434 euro). La media nazionale è di 1.315 euro. La prima provincia non del Nord è L’Aquila: 55esima posizione.

di Sandro Iacometti, da Libero