Quinio: «Risorse spirituali e culturali per costruire la Polis europea»

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Dominique Quinio, responsabile della Settimane sociali di Francia, venerdì 24 maggio interviene nella chiesa di Santa Corona, alle 18, sul tema “La Polis europea. Esiste? Lo spazio, la patria, la comunità”. Con lei ci sono Enrico Letta e il giornalista Francesco Costa. L’abbiamo intervistata. 

Signora Quinio, come è vista l’Unione europea dai francesi e in particolare dai cristiani francesi?

«I francesi considerano l’Europa non molto trasparente, poco democratica, non sufficientemente protettiva, in particolare sulle questioni dell’immigrazione, dell’ecologia e della disoccupazione. Ma, paradossalmente, pochissimi di loro e pochissimi partiti politici voglio uscire l’Ue; anche le Rassemblement national (ex Front nazional) ha cambiato la sua posizione. I francesi sembrano essere consapevoli del fatto che per affrontare una serie di gravi sfide attuali, il livello nazionale non è più rilevante: L’Europa deve agire. Purtroppo, però, la maggioranza dei francesi farà delle prossime elezioni europee un test nazionale contro il presidente Macron. I cristiani sono molto legati all’idea dell’Unione europea, il che non significa che non vogliono che si evolva. Hanno lavorato sui testi di papa Francesco e ascoltato il suo messaggio. Noi delle Settimane Sociali abbiamo organizzato un grande raduno nel novembre del 2017 dal titolo: “Che Europa vogliamo?”. Hanno partecipato 1.700 persone. Le proposte sono state sviluppate in modo partecipativo e presentate in un Manifesto che è stato inviato ai politici. I cristiani francesi non hanno tutti la stessa visione dell’Europa. Alcuni insistono maggiormente sull’identità dell’Europa e sulle sue radici; altri sono dalla parte dell’ospitalità, specialmente per quanto riguarda i rifugiati e i migranti. “Un’Europa unita, sostenibile, ospitale”, per esempio, è il sogno del presidente di Caritas France».

Una “polis” europea è possibile? A quali condizioni?

«Henryk Wozniakowski saggista ed editore polacco non è sicuro che ci sia una “polis” francese perché la nostra società è fratturata. “L’archipel francais”, libro scritto da Jerome Fourquet, descrive bene il fenomeno, spiegandolo con il crollo della matrice cattolica del paese. Si ignorano o si scontrano le élite e il “popolo”, le comunità etniche e religiose, le città e le aree rurali, centri urbani e periferie… questa frammentazione non tocca tutte le nostre società europee? Come possiamo allora immaginare che possa esserci una comunità di cittadini europei? Come possiamo usare la parola “comunità” su cui papa Francesco ha insistito, affidando la missione ai cristiani per dare un senso all’Unione europea? Le basi per costruire questa “polis” sono le risorse spirituali e culturali molto profonde e una serie di valori condivisi: rispetto della dignità umana, difesa della democrazia, rifiuto della pena di morte, l’uguaglianza tra uomini e donne, la libertà religiosa di credere o non credere. Anche se l’Europa ha difficoltà a essere un potere unico, è uno spazio unico al mondo. I leader hanno una grande responsabilità. L’Europa non deve essere ridotta  ad uno spazio economico liberale, ma deve avere un progetto, un’ambizione da condividere».

Le vostre banlieu (periferie) sono uno dei simboli della fatica delle città di dare l’opportunità ad ognuno di non sentirsi emarginato. Questo è anche uno dei problemi dell’Europa. È possibile costruire un’Europa in cui ogni Paese è considerato importante come gli altri? Come dovremmo fare?

«Questa è una domanda importante. Il numero di abitanti o l’anzianità nella costruzione dell’Europa, non dovrebbero rendere alcuni Paesi più importanti (ad esempio la coppia franco-tedesca) rispetto ad altri. Le Settimane Sociali hanno condotto un esperimento con un numero di partner europei appartenenti alla rete Ixe, i cristiani per l’Europa. Tra questi c’è il potente tedesco Zdk, ma anche polacchi, sloveni, croati, spagnoli, inglesi (non italiani!). Hanno lavorato insieme ad un appello prima delle elezioni europee: ogni voce ha scritto un testo con le proprie sensibilità. L’esercizio non è stato facile, ma l’hanno fatto. Viceversa, potrebbe essere necessario che a volte ci siano Paesi che facciano avanzare un particolare progetto, variando le geometrie ma non lasciando nessuno al margine».

In che modo la dottrina sociale cattolica può aiutare a trovare le risposte? 

«Il fondamento di questa Dottrina consiste nell’appoggiarsi su due pilastri: la dignità della persona e il bene comune e può essere sicuramente un asse per ridare dinamismo all’Europa. Un altro concetto importante per l’Unione è la sussidarietà: dobbiamo agire al livello più vicino alla gente (vicinato, regione, associazione, paese) in modo che tutti siano responsabilizzati. Michel Barnier, negoziatore della Brexit, durante il nostro incontro nel novembre 2017, ha concluso la sua dichiarazione citando una frase di Benedetto XVI: “Ogni uomo è necessario”. Aggiungendo: “Ogni cittadino è necessario; ogni territorio è necessario; ogni azienda è necessaria”».