Natale, Quirinale, Carnevale. Parole in rima che si intrecciano nel giro di poco più di un mese. Stiamo parlando della più alta carica dello Stato, che viene eletta dal parlamento, il quale viene eletto dagli italiani. I quali però pensano di dover eleggere il premier. Insomma c’è grossa crisi e per citare il grande e sempreverde Flaiano la situazione è grave ma non è seria. Dopo il porcellum non ci siamo più ripresi e il parlamento non è più riuscito a dare una legge elettorale decente agli italiani per cui nel 2013 e nel 2018 hanno vinto tutti e nessuno e abbiamo avuto i governi tecnici, gli inciuci, i contratti, i premier non eletti. Nel 2013 siccome non si riusciva a fare il governo, il presidente della Repubblica Napolitano ha accettato di rimanere in carica oltre il settennato dando poi l’incarico all’attuale segretario PD Letta che si portò al governo un pezzo di Forza Italia (Alfano e Lorenzin). In Germania ci hanno messo due mesi per trovare un governo dopo le elezioni, ma la politica teutonica è meno melodrammatica della nostra ed è abituata alle grosse Koalitionen. Nel 2022 scade il settennato di Mattarella e il sostituto ideale si chiama Mario Draghi. L’ex presidente della BCE piace a quasi tutti, in politica, nei media e in Europa. Inoltre, con Draghi al Quirinale la destra non potrebbe lamentarsi che i presidenti sono tutti di sinistra e l’attuale premier continuerebbe la tradizione di un altro presidente non di sinistra molto apprezzato, cioè Ciampi, che come Draghi fu presidente della Banca d’Italia e del Consiglio. Draghi non può rimanere in carica come premier oltre il 2023 perché scadrà la legislatura e lui non è il leader di nessun partito. Sarebbe cosa buona giusta se il prossimo governo fosse politico, con un presidente del consiglio candidato tale alle elezioni e se per i prossimi anni riuscissimo a non parlare più di governi tecnici, di inciuci o di premier non eletti (per questo sarebbe importante una nuova legge elettorale).
Ma i partiti che sostengono Draghi, fortemente voluto da Renzi e dai mercati per affrontare l’emergenza Covid, tranne Fratelli d’Italia, temono che se Draghi sale al Quirinale il governo cade e si torna alle urne con un anno di anticipo. Timore infondato e irrazionale se si pensa che il governo sta in piedi finché è sostenuto da una maggioranza parlamentare e che è proprio il capo dello Stato che ha facoltà di sciogliere o meno le Camere indicendo nuove elezioni o di nominare un altro capo del Governo. Ecco che allora i partiti potrebbero votare tranquillamente Draghi al Quirinale il quale poi affiderebbe il governo a un suo uomo o donna di fiducia, magari uno degli attuali ministri tecnici come Cartabia, Franco o Giovannini o il capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza Belloni. Un premier traghettatore non sarebbe una novità, come ci insegnano i governi balneari. Meno normale e logico è avere un capo dello Stato traghettatore. È successo con il primo presidente, De Nicola, ma solo perché la Repubblica era appena nata dopo il Ventennio fascista e la guerra, e poi con il già citato Napolitano per sciogliere l’impasse del governo. Ora si vorrebbe convincere Mattarella a rimanere per un altro anno per stare più tranquilli. Il suo rifiuto genera mostri, come l’ipotesi Amato, già chiamato in momenti di crisi politica nel ’92 e nel 2000 e che ha collaborato in passato con Draghi al ministero del Tesoro, ma che partirebbe male come indice di gradimento degli italiani per la sua pensione d’oro e per il prelievo forzoso dai conti corrente. Amato potrebbe anche accettare di fare da traghettatore dimettendosi dopo un anno per lasciare il posto a Draghi.
Altro nome horror è quello di Silvio Berlusconi, che secondo Salvini il leader della Lega, partito che dai tempi Bossi ha un rapporto di amore-odio con il Cavaliere e a fasi alterne gli rinfaccia i processi e i rapporti con la mafia salvo poi allearsi con lui, è un candidato serio nonché “regalo di Natale agli italiani”. Anche Berlusconi, pare, sarebbe disposto a dimettersi dopo un anno per far posto a Draghi. Ma se la Lega di Salvini ha votato finora tutte le misure di Draghi compreso il super green pass e la proroga dello Stato di emergenza, non si vede perché dovrebbe ribaltare il tavolo proprio ora per mandarci al voto quando la crisi Covid non è ancora superata favorendo la nemica-amica Meloni. E quindi alla fine Salvini, come sempre, avrà scherzato, e rientrerà nei ranghi votando Draghi al Quirinale e sostenendo come premier il suo successore appoggiato dallo stesso Draghi e stando quindi buono fino al 2023 quando la crisi Covid sarà superata e ci sarà una nuova campagna elettorale e gli italiani potranno tornare alle urne e scegliersi (si fa per dire) il premier.