Il processo è in atto ormai da diversi anni e noi abbiamo anche cercato di argomentarlo in un contributo di VicenzaPiùViva e in un articolo su un protocollo tra ITIS Rossi e Caserma Ederle, ma oggi l’argomento torna di attualità a causa del raduno degli Alpini a Vicenza e di un protocollo siglato tra Ufficio scolastico territoriale e CoESPU.
La militarizzazione delle scuole e delle università, processo ideologico e retorico con il quale si tenta di rendere più familiare la guerra ai ragazzi e alle ragazze, è ormai inarrestabile e riguarda tutta l’Italia, soprattutto quei territori in cui la presenza e i presidi militari sono massicci e ben radicati.
L’occasione è stata quella dell’adunata degli Alpini, che quest’anno si svolgerà proprio a Vicenza, dal 10 al 12 maggio 2024. Essa ha generato nei e nelle docenti di Vicenza un moto spontaneo di reazione al dilagante processo di militarizzazione. Ciò che il personale scolastico non ha compreso, infatti, è stato il motivo per cui l’Ufficio Scolastico territoriale abbia disposto la chiusura delle scuole nei giorni di venerdì 10 e sabato 11 maggio.
Infatti, proprio mentre il Ministro Giuseppe Valditara è impegnato ad intervenire, dall’alto del suo potere, per dichiarare illegittima la decisione del Consiglio d’Istituto “Iqbal Masih” di Pioltello di sospendere le lezioni il 10 aprile per la festa di fine Ramadan (le scuole sono autonome nella predisposizione del calendario didattico), i/le docenti di Vicenza si chiedono il motivo di questa sospensione scolastica che lascia spazio all’invasione militaristica della città, durante la quale gli studenti e le studentesse sono state/i anche invitate/i ad esplorare, attraverso un corso guidato, le differenti armi e specialità in dotazione degli alpini: «Si ritiene forse davvero che la scuola venga in secondo piano, dopo le questioni logistiche e organizzative? Perché studenti e studentesse devono essere costretti a perdere una o due giornate di attività scolastica? In ragione di che tipo di evento di forza maggiore?».
A partire da queste perplessità, il personale scolastico vicentino, ha lanciato una petizione con raccolta firme, sotto il titolo LA SCUOLA VA ALLA GUERRA? NON A VICENZA, NON NEL NOSTRO NOME! (clicca qui per firmare), per opporsi alla deriva militaristica a Vicenza. I/Le docenti fanno notare che «Gli alpini sono attualmente presenti nel mondo in operazioni belliche, come ad esempio in Ucraina e in esercitazioni ed addestramenti in Nord Europa», per cui l’idea balenata in mente all’Assessorato all’istruzione della Regione Veneto di intitolare “Intrecci di pace” il progetto dedicato alla loro adunata non è che «uno spericolato funambolismo retorico», come ormai denuncia da anni l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
Ma non è finito qui, perché forse i/le docenti di Vicenza non si sono accorti, nel frattempo, che l’Ufficio scolastico territoriale, nella persona della dirigente Nicoletta Morbioli, ha firmato solo qualche giorno fa presso la caserma “Chinotto” con il responsabile, generale Giuseppe De Magistris, del CoESPU (Center of Excellence for Stability Police Units), un fantasmagorico centro di eccellenza per le unità di polizia di stabilità (sic!), un protocollo d’intesa che consente agli studenti e alle studentesse vicentine di svolgere PCTO con i militari per approfondire le lingue straniere, la cooperazione internazionale, la geopolitica e, soprattutto, la sicurezza del nostro Paese.
Basterebbe notare i toni e la sintassi con cui viene riportata la notizia del protocollo d’intesa sul sito del Ministero della Difesa per rendersi conto del livello di retorica nazionalista adottata, al punto che verrebbe da impostare la voce per accingersi a leggere un comunicato dell’Istituto Luce: «Il Direttore del CoESPU […] dopo aver rivolto un saluto di benvenuto a tutte le Autorità intervenute, ha ringraziato i quasi 200 giovani alunni della scuola secondaria di secondo grado, Istituto Tecnico Commerciale “Guido Piovene” e della scuola secondaria di primo grado, “Antonio Barolini” di Vicenza, che hanno partecipato con gioia ed entusiasmo, per poi soffermarsi sulle origini e sull’importanza della Bandiera della Repubblica Italiana, il nostro Tricolore, così come cristallizzata, all’articolo 12, tra i principi inviolabili della nostra Costituzione». E che dire, poi, delle foto ostentate sul medesimo sito del Ministero della Difesa che riproducono bambini e bambine vicentine sui mezzi dei militari?
Ancora una volta, dunque, assistiamo all’ennesimo protocollo con il quale i ragazzi e le ragazze italiane vengono condotti/e all’interno delle caserme per svolgere i PCTO, abbagliate/i da una retorica sensazionalistica e ammaliante, ma che è sostanzialmente legata alla guerra, narrata come fosse un gioco, quando invece porta morte e distruzione ovunque. Dovremmo mostrare, invece, più immagini del/delle loro coetanee/i palestinesi, che a causa dei bombardamenti israeliani, con la complicità dell’Occidente, non hanno più una scuola, non hanno più una casa, non hanno più ospedali in cui curarsi e non hanno più un futuro da vivere a causa della follia della guerra.
E, allora, vogliamo continuare a giocare alla guerra? Sarebbe il caso di dire, come i/le docenti vicentine/i, NON IN NOSTRO NOME!