Si sa, scrive sul caso Ramy de Il Fatto Quotidiano, che il capitano ha basato il suo successo anche sul piglio truce, a tratti bullesco, con cui tratta gli avversari politici. Ora scopriamo che Salvini fa il bullo anche con i ragazzini. L’ultima virulenta battaglia verbale l’ha ingaggiata con il temibile Ramy, il quattordicenne egiziano che ha avuto un ruolo decisivo nel salvare i compagni ed evitare la strage del bus di Milano.
Il ministro dell’Interno aveva provato a cavalcare la sua figura mediatica annunciando di volergli concedere la cittadinanza onoraria, ma Ramy l’ha preso in contropiede: “Diventare italiano è il mio sogno, ma allora dovrebbero darla anche a mio fratello e ai miei compagni di classe di origini straniere che vivono in Italia da tanto tempo e magari sono pure nati qui”.
In pratica, Ramy chiede lo ius soli. Com’è la replica del Capitano a un ragazzino appena sopravvissuto a una possibile mattanza? Geniale: “Ramy vorrebbe dare la cittadinanza ai suoi compagni? Questa è una scelta che potrà fare quando verrà eletto parlamentare, intanto la legge va bene così”.
Certo, come no: che ci vuole per un quattordicenne straniero a farsi eleggere in Parlamento e a scrivere una legge sullo ius soli? Salvini forse voleva scendere al livello – anagrafico – del suo interlocutore. Ma ha fatto la figura del bambino rosicone. Sarebbe stato più arguto se avesse detto solo “specchio riflesso”.