Avete presente quel talloncino che compare nelle fotografie di attori, luoghi, eventi contemporanei che, da anni, fanno il giro del mondo? Sì, proprio le Getty Images.
Non tutti sanno che il proprietario dell’agenzia, Mark Getty, è il fratello di John Paul Getty III, rapito dalla ‘Ndrangheta negli anni ’70 nell’ambito della cosiddetta “industria dei sequestri” italiana. Una storia che è diventata recentemente ispirazione per una miniserie (“Trust“, 2018, di Danny Boyle) e un film (“Tutti i soldi del mondo“, 2017, di Ridley Scott) ma che per i giovanissimi potrebbe risultare difficile da inquadrare senza aver vissuto quel particolare momento storico.
L’industria dei sequestri – Quando si parla dell’Italia del tardo dopoguerra ci si riferisce spesso al boom economico e alla Ricostruzione che ha portato, nel ’46, alla proclamazione della Repubblica. Ma c’era un’altra “vita” che si svolgeva al di sotto di questo strato superficiale, fatta degli scontri tra gruppi neofascisti e “terroristi rossi” – in entrambi i casi, spesso ammanigliati con i servizi deviati dello Stato – che riuscivano a farsi largo verso l’esterno e a (cercare di) dominare le evoluzioni storiche del momento attraverso bombe e rapimenti. Era il periodo della strategia della tensione che si è intersecato e mescolato a quello dell’industria dei sequestri. Nel primo caso, una serie di atti terroristici (tra cui le stragi di Piazza Fontana e Bologna) che avevano lo scopo di ricreare, appunto, uno stato di tensione e di paura diffusa nella popolazione in modo da favorire una nuova “svolta autoritaria” (semplificando, perché le cose sono molto più complicate di così); nel secondo caso, sequestri “illustri” a scopo di estorsione per rimpinguare le casse di Cosa Nostra e ’Ndrangheta (ma c’è stata anche l’Anonima Sarda), prosciugate dalle detenzioni seguite alla prima guerra di mafia, e modificare gli equilibri interni di potere. Soldi facili, insomma, troppo, al punto che questo ventennio terribile (fatto di quasi 700 rapimenti “ufficiali”) si chiuse soltanto quando venne modificata la legge che regolamentava il sequestro di persona a scopo di rapina o estorsione inasprendo le pene e introducendo il blocco/congelamento dei beni dei parenti dell’ostaggio. Niente soldi, niente riscatto, niente più rapimenti.
Ma questo sarebbe avvenuto molti anni dopo quella famosa notte romana in cui John Paul Getty III venne rapito.
Chi era Paul Getty III? – Paul era il nipote del petroliere miliardario statunitense Jean Paul Getty e già questo inquadra perfettamente la situazione. Ma che ci faceva il 10 Luglio 1973, alle tre di notte, in giro per Roma?
La sua famiglia trascorse diversi anni nella capitale perché il padre, John Paul Getty Jr., guidava la divisione italiana della compagnia petrolifera di famiglia, la Getty Oil. La sua vita è stata sempre turbolenta. I genitori divorziarono ed il padre si risposò con una modella adottando uno stile di vita hippy e vivendo tra Gran Bretagna e Marocco. La matrigna morì per un’overdose di eroina e l’atmosfera che si era creata ormai intorno al piccolo Paul l’aveva profondamente segnato: a 15 anni faceva già uso di sostanze stupefacenti ed era stato espulso da diverse scuole. Dopo questa lunga fase, perciò, tornò a Roma per vivere insieme alla madre, Gail Harris, che abitava nel quartiere Parioli. Mantenne il suo carattere ribelle e fu protagonista di altri episodi burrascosi, portando avanti uno stile di vita profondamente libertino fatto di night club, proteste aperte e partecipazioni alle manifestazioni più “rosse” della città. Pare che avesse un talento artistico naturale e che si guadagnasse da vivere vendendo i suoi dipinti, realizzando gioielli e lavorando nel cinema come comparsa.
Nel 1973, la rivista erotica Playmen lo pagò ben 1000 dollari per uno scatto senza veli da copertina: inutile dire che fu pubblicato ugualmente dopo il suo rapimento; anzi, appena un mese dopo, cavalcando l’onda mediatica.
Il rapimento – Quando Paul Getty venne rapito dalla ‘Ndrangheta aveva solo sedici anni. Venne prelevato da Piazza Farnese, bendato e portato in una cantina nei pressi della stazione di Sicignano degli Alburni, in provincia di Salerno, che sarebbe diventata la sua prigione per oltre 5 mesi. Le cose si fecero complicate da subito: venne richiesto un riscatto di ben 17 milioni di dollari (che, quando in Italia c’era ancora la lira, era una cifra ben più importante di quanto non lo sarebbe oggi) ma non c’era prova del fatto che il ragazzo fosse ancora in vita. Per questo, i malavitosi fecero consegnare alla madre una lettera disperata, successivamente telefonandola e assicurandole che le avrebbero mandato le prove cercate: un pezzo di orecchio del figlio.
Nessuno si fidava. Le forze dell’ordine pensavano ad una truffa; il nonno, Jean Paul Getty – spesso dipinto come un avaro e freddo calcolatore – si disse contrario al pagamento della somma che avrebbe potuto finire per diventare uno stimolo per ulteriori richieste o rapimenti di altri nipoti; il padre, Paul Getty Jr., si proclamò impossibilitato ad un esborso del genere.
E fu così che, tre mesi dopo, l’orecchio destro e una ciocca di capelli di Paul vennero recapitati alla redazione romana de Il Messaggero, mentre alcune fotografie ed una lettera del ragazzo vennero lasciate in un barattolo sull’autostrada Roma-Napoli.
Alla fine, il patto: la famiglia riuscì a trattare con i rapitori e a ridurre il riscatto a 3 milioni di dollari, che vennero pagati in parte dal padre e in parte dal nonno; ma vale la pena soffermarsi sui particolari. Jean Paul Getty pagò soltanto la cifra massima deducibile dalle tasse, 2,2 milioni di dollari, obbligando il figlio ad impegnarsi a restituire un interesse del 4% annuo sulla somma sborsata. I soldi arrivarono dove e come dovevano e Paul Getty III fu finalmente liberato. Era il 15 dicembre 1973 quando venne ritrovato sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria da un camionista. Lo stesso giorno in cui Jean Paul Getty compiva 81 anni.
Dopo il rapimento – L’anno dopo, a soli 18 anni, Paul Getty III aveva già lasciato l’Italia, era sposato con una ragazza che aspettava un figlio da lui (il futuro attore e musicista Paul Balthazar Getty) ed era andato a vivere a New York. La coppia avrebbe divorziato molti anni dopo, nel ’93. L’indole artistica non lasciò mai la sua vita, tanto che Paul, ancora giovane, frequentò il gruppo di Andy Warhol e, nel 1980, partecipò ad un film di Wim Wenders, che lo avrebbe voluto anche in altre pellicole successive; purtroppo, pochissimo tempo dopo, un ferocissimo ictus – provocato dall’assunzione di una miscela a base di metadone, alcol e valium – lo lasciò cieco e paralizzato su una sedia a rotelle. Morì giovanissimo, nel 2011, all’età di 54 anni.
Era un ragazzo tormentato anche prima del rapimento, ma poi non riuscì più a riprendersi.
Umberto Pizzi
Ma cos’era successo, nel frattempo, ai suoi sequestratori?
Furono ben nove le persone arrestate per il suo rapimento ma soltanto due, alla fine, vennero condannate; parliamo anche di nomi “grossi” della ‘Ndrangheta del tempo (tra cui i capibastone Girolamo Piromalli e Saverio Mammoliti) che, in ogni caso, vennero comunque incriminati negli anni a venire per altri reati.
A parte qualche banconota, il denaro del riscatto non fu mai rintracciato.
Insomma, a voler trarre una morale da tutta questa storia si potrebbe dire che non sempre “nascere con la camicia” rappresenta un’opportunità, una sicurezza: perché non tutti sono disposti a condividere i propri successi e le proprie ricchezze e, oltretutto, c’è sempre chi è pronto ad approfittarne. Costi quel che costi.