“Il redditometro riparte puntando dritto sui grandi evasori, ma alza subito un polverone politico spaccando la maggioranza”. Iniziano così Marco Mobili e Giovanni Parente un loro articolo sul tema nel pezzo di apertura dell’edizione odierna de Il Sole 24 Ore.
Nel bene o nel male fa discutere il ritorno dello strumento per la lotta al sommerso che consente al fisco di risalire al reddito realmente percepito alla luce delle manifestazioni di capacità contributiva poste in essere dal contribuente. Ieri, martedì 21 maggio 2024, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del 7 maggio firmato del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, di Fratelli d’Italia, che venerdì relazionerà in Consiglio dei ministri. Il provvedimento sul redditometro ha però fatto registrare la contrarietà degli alleati di governo, Lega e Forza Italia.
“Il ritorno a sorpresa dello strumento antievasione – si legge su Il Sole -, arrivato in piena campagna elettorale per le europee, era comunque un passaggio obbligato. Lo strumento dell’accertamento dei redditi non dichiarati attraverso la ricostruzione sintetica del tenore di vita (spese e investimenti) non è mai stato abolito, tanto che la Corte dei conti aveva chiesto spiegazioni sul suo mancato utilizzo in quanto andava a limitare i poteri di accertamento del Fisco. Nel 2018 il decreto Dignità (Governo Conte 1 sostenuto da M5S e Lega) aveva, infatti, cancellato il vecchio decreto del redditometro, rivisto e corretto dal Governo Renzi nel 2015, lasciando invece in vita l’accertamento sintetico e soprattutto prevedendo un nuovo provvedimento attuativo con l’indicazione puntuale delle voci di spesa (e dei dati considerati) per definire la reale capacità contributiva dei cittadini. Inoltre, il nuovo decreto già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, prima di entrare in vigore, ha ottenuto – in linea con quanto previsto – il parere favorevole di Istat, associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative e anche del Garante della Privacy“.
La nuova versione del redditometro appare “arricchita” – prosegue l’analisi -, con 56 voci di spesa censite, dagli alimentari ai mutui e fino alle spese per il tempo libero, e 9 voci di investimento, dagli acquisti di case ai costi manuntenzioni straordinarie. Le carenze di dati nell’Anagrafe tributaria vengono colmate da quelli Istat (valori medi).
“L’utilizzo di dati puntuali – come spiega il viceministro dell’Economia Maurzio Leo – rappresenta un elemento di garanzia per i contribuenti perché definisce una serie di paletti per la contestazioni di un maggior reddito rispetto all’accertamento sintetico, che anche senza il decreto poteva essere messo in campo senza l’utilizzo di parametri definiti. Tra l’altro va ricordato che l’allarme rosso del Fisco scatta quando il reddito accertato superi di almeno il 20% quello dichiarato (tanto per fare un esempio: 120mila euro rispetto a un valore indicato in dichiarazione di 100mila euro). L’obiettivo però è andare a colpire i grandi e grandissimi evasori per cui lo scarto tra accertato e dichiarato è molto più ampio e che non possono giustificare il tenore di vita ben lontano a quanto dichiarato al Fisco. L’altra tutela per i contribuenti – ricorda ancora Leo – è la garanzia del doppio contraddittorio.
Questo – prosegue l’articolo – scatta sia nella fase istruttoria prima dell’emissione dell’accertamento sia nella fase dell’accertamento con adesione. Anche per questo il Fisco chiederà un ausilio alle banche dati e alla loro interoperabilità che la riforma voluta da Leo punta proprio a potenziare, in modo da individuare i soggetti più a rischio”.
Fonte: Il Sole 24 Ore